Quanto sono belle, fragili, disperate e anticonvenzionali le donne di Madres paralelas, il nuovo, attesissimo film di Pedro Almodóvar che ha aperto oggi la 78esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, la seconda durante il Covid. “Sono donne e sono madri imperfette”, ci spiega il regista spagnolo che all’incontro arriva vestito Prada con camicia chiara e arabeschi, mascherina bianca e “necessari” – precisa lui - occhiali da sole neri.

Dopo aver presentato lo scorso anno il corto The Human voice con Tilda Swinton e dopo aver vinto il Leone d’Oro alla Carriera, ha deciso di portare qui al Lido la storia di Janis (Penélope Cruz) e Ana (Milena Smit), che si conoscono condividendo la stanza di ospedale dove stanno per partorire, intrecciando così le loro vite mentre sullo sfondo viene mostrata - e a suo modo contestata - una ferita ancora aperta della Storia Spagnola. “La memoria storica – precisa il regista – è una questione sospesa nella nostra società: abbiamo un debito morale enorme nei confronti dei desaparecidos con migliaia di persone gettate nelle fosse comuni, private di qualsiasi dignità. Federico García Lorca è il desaparecidos più conosciuto della Spagna e per me è sempre stato una fonte di ispirazione. È incredibile come la Spagna non si preoccupasse di cercare il suo corpo”. “Siamo arrivati alla generazione dei nipoti e pronipoti che chiedono di riesumare i corpi dei loro antenati. Sono state fatte molte indagini in questo senso, perché non si capiva come mai una generazione già nata in democrazia potesse trovarsi in questa situazione. La mia – aggiunge - è quella nata durante la dittatura ed è cresciuta nella paura. A casa mia non abbiamo mai parlato di guerra, è stato un trauma per tutta la società. Nel 1978 è stata sancita la democrazia in Spagna, ma la legge di amnistia è imperfetta non ci ha consentito di andare avanti. Dopo 85 anni, se non sarà fatta loro giustizia, non si potrà chiudere la nostra Storia più recente”.

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Pedro testimone e battagliero per una resistenza della memoria, dunque. Passata e presente. Quella giornaliera e civile è portata avanti nel film (uscirà in Italia il 28 ottobre per Warner Bros) dalle sue “guerriere”: donne che non si spaventano davanti a nulla e che – se questo accade – riescono bene a fingere, a celare e – perché no? - persino a cedere, ma sempre con stile e onore. “Sono cresciuto circondato da figure materne molto diverse da quelle che racconto in questo film e quello di Janis (un nome che è un omaggio voluto alla Joplin, ndr), è stato il personaggio più complesso da delineare, quello che più di tutti mi interessava, una vera sfida”. Lo affida alla Cruz che definisce questa ennesima esperienza “con Pedro”, “un viaggio intenso”, “il personaggio più difficile che ho interpretato fino ad ora”. “Pedro è la ragione per cui ho deciso di fare questo lavoro. Avevo 16 anni quando ho visto “Atame” (Legami in italiano, ndr) per la prima volta e decisi che avrei fatto di tutto per lavorare con lui. Due anni dopo, mi ha chiamata lui. È artigiano con tutti noi attori e il suo è un lavoro che richiede e concede del tempo secondo un’etica ben precisa, un lavoro pieno di dettagli”, aggiunge lei, in splendida forma, dopo un’estate passata a Capalbio con il marito Javier Bardem e i figli. Assieme a lei, le splendide Aitana Sánchez-Gijón, Rossy De Palma, Julieta Serrano, Adelfa Calvo, Daniela Santiago e un unico uomo: Israel Elejalde.

Ognuna conquista a suo modo, complici anche i dettagli che in “Madres paralelas” si notano e colpiscono. Sono tanti, tantissimi, in ogni campo, musiche comprese, con un splendida colonna sonora di Alberto Iglesias, che già ci fece innamorare in “Tutto su mia madre”. Del resto, come noto, nel mondo almodovariano, tutto o quasi è possibile e in due ore, un turbinio di colori variopinto come solo lui sa mischiare, avvengono scambi, fraintendimenti, scoperte, delusioni e amori di un passato che si confonde col presente fino ad inglobarlo, complici - a volte - pasticche di ogni tipo, droghe, violenze fatte o ricevute da Donne sull’orlo di una crisi di nervi – per citare uno dei suoi film più conosciuti – e parole non dette ad Amanti passeggeri; donne conquistate da una “Carne tremula”, tra Abbracci spezzati e Dolor y gloria in un Labirinto di passioni. Il “re” di tutto questo è lui e il suo è un omaggio alla Spagna, alle sue tradizioni, alle sue brutture come alle sue tante bellezze, ma è anche un omaggio alla moda made in Italy, autentica “regina” in questo film dove vediamo le protagoniste indossare felpe di Miu Miu e di Missoni, scarpe, borse ed altri accessori di Prada e l’iconica t-shirt bianca creata da Maria Grazia Chiuri per Dior con su scritto, in stampatello nero, “We should all be feminists”, citazione dell’omonimo libro della scrittrice, attivista e femminista nigeriana di etnia igbo Chimamanda Ngozi Adichie. Un invito, il suo, e quello di Almodóvar, a dimenticare – o meglio – a non farsi considerare dal genere maschile/femminile che ci inchioda, anche senza volerlo, a dei ruoli prefissati che spesso non ci rispecchiano, invitandoci a farci concentrare sulle capacità e sugli interessi che dimostrano che siamo tutti unici e profondamente umani.

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