Andare in bagno al lavoro è un incubo. Soprattutto al rientro dalle vacanze, quando il pancino si è abituato a farla quando pare a lui, bagni della spiaggia compresi. Invece in ufficio, l'odore asettico del detergente, il candore maiolicato. Il fragore del mondo e le sue frenesie sono cose lontane. La tranquillità regna più che nelle spiagge di settembre, rotta solo dall'eco soffusa di clacson e motori, e da una goccia cadenzata. Il cervello vorrebbe rilassarsi, grato per la tregua di input. E invece vortica, spinto da massicce dosi di stress. Perché in quel momento vorresti nell'ordine: rubinetti che scrosciano come a Villa d'Este, colleghe in girotondo come baccanti fra i lavandini, i bidoni di Super Mario che rimbalzano, un quartetto di mariachi che riarrangiano Marilyn Manson, una lezione di spinning con vocalist nella stanza attigua, l'inaugurazione del Gay Village nel cortile sottostante, e la finale di Champions League in sala riunioni. Solo così riusciresti a ottenere l'adeguata copertura sonora. E farla in santa pace.

La toilette comune, la funzione più "impegnativa" che puoi svolgere lì dentro, e il resto del mondo sono tre fenomeni incompatibili. L'incubo di ogni donna non cresciuta nella giungla, l'ultimo tabù femminile su cui comincia a interrogarsi la stampa negli Usa. Il fattore scatenante è sempre la crisi che, causa traslochi in sedi ridimensionate, ha spinto volonterose megamanager in carriera a perdere il benefit della toilette privata, e a imparare a farla in compagnia forzata. Un dramma che oltreoceano si consuma quotidianamente, dove un negletto pezzettino di carta igienica infilzato nel tacco delle Louboutin è sufficiente a distruggere una reputazione professionale, figuriamoci un effetto sonoro molesto. «Da queste parti, il guaio è la feroce competitività americana», spiega Vanessa, italiana impiegata da cinque anni a New York in una famosa azienda di servizi di consulenza e revisione conti. «Le altre donne usano le tue défaillance per sparlare alle tue spalle con le persone giuste, e frenare la tua già faticosa scalata ai vertici. Meglio stare molto attente».

Eppure, le nonne dicevano che in bagno siamo tutti uguali: re, regine e papi. E star di Hollywood (oddio, non Charlize Theron!), delicate étoile de l'Opéra (no, non Natalie Portman, please!), modelle (risparmiate almeno Carmen Dell'Orefice, vi prego!). Eppure Carrie Bradshaw aveva cercato di sdoganare l'argomento, nel celebre episodio di Sex and the City in cui si rallegra con le amiche di averla fatta a casa di Mr Big, prova che il disagio sentimentale uomo-donna era trionfalmente giunto al livello in cui le probabilità di essere giudicata sono ridotte. Un evento televisivo di rottura che generò, fra le tante, la dettagliata guida wikiHow su come usare il bagno del moroso, con preziosi spunti quali: «Entra sempre dopo che sia appena uscito lui, così passerà più tempo prima che vi torni». «Spruzza il profumo prima di cominciare, non solo dopo». E anche: «Se copri i rumori aprendo la doccia, tieni conto che il vapore dell'acqua calda esalta gli aromi. Usa solo quella fredda». Ma conclude il tutto con un enunciato rassegnato, secondo cui «se il tuo uomo ti prende in giro solo perché hai svolto una normale funzione fisiologica, vuol dire che non è pronto per una relazione seria».

Il problema, invece, continua a persistere tenacemente. E secondo l'autorevole saggio di Brian Moylan How to Poop at Work genera ansia soprattutto nelle donne, ammesse più recentemente nella collettività lavorativa rispetto agli uomini, che sono passati invece dalle caverne agli uffici (passando per le camerate militari) senza soluzione di continuità. «Credo che c'entri anche una questione di accudimento», ipotizza Pia, impiegata in una multinazionale, che ha optato per l'astinenza totale in ufficio. «A noi donne insegnano da millenni che dobbiamo pensare prima al prossimo e poi a noi stesse, mentre gli uomini danno la precedenza alle proprie esigenze, e poi a tutto il resto. Nel mio caso, a bloccarmi è l'idea che qualcuno entri nel cubicolo dopo di me e debba subire le conseguenze olfattive del mio "download". Mi metto nei panni dell'altro e mi dispiace. Preferisco tenermela fino a casa, a costo di farmi venire i crampi. Anzi, se permettete, dovrei scappare». E in Italia ci va fin troppo di lusso. Mettiamoci ancora nei panni delle povere (si fa per dire) carrieriste che vivono negli Stati Uniti, dove spesso le porte dei gabinetti pubblici non toccano terra per motivi di sicurezza («così è più facile tirare fuori qualcuno che ha avuto un malore», spiega Bonnie, consulente finanziaria di Manhattan), lasciando intravedere i piedi dell'occupante in pieno svolgimento delle funzioni. Nel suo saggio, Moylan racconta di aver intervistato manager così intenzionate a non scalfire la propria immagine perfetta lasciando le Manolo Blahnik in vista, da salire in piedi sulla tazza, accucciarsi, e farla come contorsioniste del Cirque du Soleil. Un'esagerazione? Una tortura autoinflitta? Probabilmente sì, ma con un surreale fondo di verità.

Gli esperti spiegano infatti che è ancora molto diffusa nell'immaginario collettivo l'irrazionale idea che nel ventre di una donna debbano accadere solo miracoli, e nient'altro. Che a pensarlo fossero uomini poco inclini alla scoperta dell'anatomia femminile (quelli, per intenderci, che non trovano le zone erogene altrui nemmeno con il GPS) sarebbe accettabile. Il problema è che ad assimilare inconsciamente il concetto sono anche molte signore, che poi trovano difficile accettare le proprie funzioni naturali. E finisce che, in alternativa alle acrobazie, ci sono quelle che calcolano con precisione scientifica le necessità dei colleghi per non incrociarli in bagno, e non fornire l'occasione di una serie di ragionamenti in cui l'ultima immagine le rappresenti sedute e con le mutande alle caviglie. Oppure intraprendono lo studio delle strategie e dei duelli in cui una cerca di lasciare la precedenza all'altra, per sfruttarne lo scroscio dello sciacquone. E a proposito di scarichi d'acqua, in Oriente vanno - ahimè - come le cascate del Niagara.

Quanto imbarazzo sperimenta, infatti, una ragazza orientale, quintessenza della timidezza cosmica, quando si trova in una toilette pubblica? Il parossismo della buona educazione, e l'attenzione a non smentire l'immagine creata intorno alla propria delicata, leggendaria femminilità, ha costretto per decenni le giapponesi a premere a oltranza il pulsante dello sciacquone per tutto il tempo della seduta, provocando insensati sprechi nazionali delle risorse idriche. Poi sono arrivati il Toilet Flush Simulator e il Fake Shower, applicazioni per smartphone e tablet che imitano fragorosamente il rumore dello sciacquone e della doccia (e lo ripetono anche in loop), da avviare fino a funzione espletata. A usarli, è vero, ci si sente un po' ridicole. Ma col volume al massimo, la gratitudine è immensa. Sempre meglio del "metodo Marzia", studentessa che si paga gli studi con contrattini a termine. «Ho addestrato l'intestino. Lo tratto come un'entità a sé, a volte ci parlo», dice. «Gli ho insegnato che se non ne approfitta la mattina, mentre siamo a casa, non avrà altre possibilità fino a sera. Ora andiamo d'accordo, mi obbedisce».

Insomma, si tratta di una questione dura, durissima a morire. Forse non ci resta che seguire il consiglio del New York Magazine il quale, usando un gioco di parole intraducibile («nobody gives a shit about your shit»), invita a lasciarsi andare e infischiarsene, perché «siamo tutti troppo impegnati con la nostra, per preoccuparci della vostra». E se non basta, consoliamoci con una leggenda di quattro anni fa, secondo cui la divina Tyra Banks, impegnata ad assistere a una sfilata durante la Fashion Week di New York, avrebbe rimandato per imbarazzo la visitina alle toilette fino a combinare l'irreparabile sui pantaloni. Un capannello di angeli custodi l'ha subito celata mentre cambiava d'abito sul posto, ma il fatto, ammesso che sia vero, non ha scalfito la sua fama. Magari l'ha resa più vicina a noi comuni mortali. Ed è forse per questo che lei, brillante imprenditrice di se stessa, non ha mai confermato, ma nemmeno smentito.

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