Un cervello in movimento, quasi impazzito. L'immagine di copertina è chiara tanto quanto il titolo: L'età dello tsunami. Come sopravvivere a un figlio pre-adolescente (DeAgostini). Un libro assolutamente da leggere se si è genitori con figli pre-adolescenti. O semplicemente genitori con figli. Perché loro gli autori, Alberto Pellai e Barbara Tamborini, coppia nel lavoro e nella vita, sono due grandi esperti di psicopedagogia dell'età evolutiva e genitori di quattro figli. E l'unione del rigore scientifico con un tono divulgativo frastagliato da esempi di vita vissuta rendono il testo quel terreno importante dove ciascun genitore catapultato in uno tsunami analogo vuole riconoscersi. Ritrovarsi e ritrovare terreno di scambio, conforto, relazione. Per capire se la strada intrapresa è quella giusta. O come dicono gli autori: «Per aiutarvi a sentirvi preparati e competenti di fronte alle molte sfide che un pre-adolescente lancia di continuo agli adulti di riferimento».

I consigli con un test di autovalutazione e un decalogo di cose da fare e non fare nella parte finale del libro sono poi quel fai-da-te ristretto in poche chiare parole, utile salva-vita. Ce lo spiega la stessa Barbara Tamborini che abbiamo intervistato.

Voi parlate di pre-adolescenza, ma l'età critica non era l'adolescenza...

No, la pre-adolescenza è peggio, forse pare un lusso moderno ma è la fase in cui iniziano tutti i cambiamenti. Noi l'abbiamo fissata con gli anni della scuola media, ovvero dagli 11 ai 14 anni. Ci sono però anche bambini precoci che già in quinta elementare danno segnali di preadolescenza e alcuni poi che si trascinano negli anni nelle scuole superiori.

Quali sono i segnali che fanno capire ai genitori che sono entrati in quella che voi definite l'età dello tsunami?

Il cambio è epocale: è impossibile non accorgersene perché mutano le regole del gioco, quelle che hanno abbiamo praticato e conosciuto fino ad ora con i nostri figli. Ci rendiamo conto che non dipende più tutto da noi; scopriamo il limite della genitorialità e, per quanto pianifichiamo con le migliori intenzioni, loro cominciano a diventare altro da noi. Una scoperta tragica che genera ansie terribili: è una storia che richiama il nostro passato ma che fatichiamo a tollerare. Il lei o lui, amorevole e innamorato come l'abbiamo sempre visto, scompare. Che sembra ovvio, ma ovvio non è: perché riconoscere che non si rappresenta più l'universo/mondo per i propri figli è difficile da accettare. E poi arrivano litigi, discussioni quotidiane su tutto, tensioni, notti insonni e una domanda ricorrente: ma quello è veramente mio figlio/ figlia?

Dunque genitori ansiosi e (im)potenti. E i figli?

Per i figli è forse ancora peggio. La rivoluzione è in parte visibile in parte no. Mutano il cervello e il corpo. Il cervello comincia a sentire pulsioni nuove, emozioni e sensazioni diverse e, ciò che prima scorreva lento, si trasforma in un fiume in piena. Cambia tanto anche il corpo. E soprattutto per le ragazze questo aspetto è molto forte. E si traduce con un'attenzione per la cura di se – per altro importante – che però spesso sconfina con ansia di apparire, di dover piacere e sedurre. Per i ragazzi, invece, è un po' più sano perché si traduce in tanto sport per avere un aspetto prestante.

Mamma e papà che possono fare… scomparire?

No, assolutamente no. Ma certo devono acquistare un ruolo diverso. I figli escono dal guscio e quindi dal ruolo protetto della famiglia e cominciano a voler prendere decisioni. Ma il confine tra il dentro e il fuori non è per niente nitido: escono dal nido, desiderano volare ma non sono adulti. E il terreno per definirsi è si quello esterno, ma ancora molto quello delle relazioni familiari.
Bisogna a tutti i costi rimanere sulla scena anche davanti a figli che (magari) ci guardano con aria di disgusto. Anche quando fanno apprezzamenti sul nostro modo di essere, vestirci, pettinarci. Smettiamola di sentirci offesi dal fatto che i figli hanno più piacere a uscire e a stare fuori: stanno semplicemente facendo il loro mestiere, il mestiere di figli.
Uso spesso l'espressione di tiro alla fune: se si litiga si discute si urla vuol dire che sia noi che loro stiamo facendo un buon lavoro. La puzza di bruciato c'è quando tutto funziona per il meglio, quando ci sembra di avere dei figli fantastici.

Regole e paletti, funzionano ancora oppure no?

Le regole gli stanno strettissime. "Mamma sei una rompi, mi hai stufato con le tue regole. O peggio: papà ti odio". Refrain cui dobbiamo abituarci. Ma attenzione a continuare a sovrintendere lo spettacolo con poche regole chiare; noi comunque gli serviamo. Loro non lo sanno e forse non lo vogliono ma è un momento in cui hanno ancora più bisogno di noi. E di regole. Magari da spettatori o piloti a distanza: ma sempre presenti all'appello.

E con la tecnologia come la mettiamo. Il primo cellulare quando? Che fare: controllo o libertà sulla fiducia?

Anche qui la battaglia è quotidiana ma pare strano questo terreno di scontro è più semplice perché ci sono già le regole e basta utilizzare quelle. Mi spiego: vi chiedono di aprire un profilo Facebook rispondetegli che fino a 13 anni è vietato. Usano Whatsapp concedeteglielo ma abbiate il coraggio di dire ai nostri figli: te lo diamo ma noi dobbiamo poter accedere al telefono perché l'uso di questo social è consentito solo ai maggiori di 16 anni. Spesso dico ai miei figli: usi strumenti da grande ed è necessario che possa capire che non stai facendo pasticci. Quanto a tablet o computer, il consiglio è utilizzo solo negli spazi comuni. Facciamo lo stesso anche noi, l'esempio comunque è sempre di grande aiuto.

Dunque l'esempio di mamma e papà rimane importante. Ma se i genitori la pensano e fanno diversamente?

L'alleanza in tempo reale non è certo sempre facile. Ma il dialogo è fondamentale, soprattutto tra i separati. E bisogna saper giocare ruoli interscambiabili: i muscoli non sono sempre maschili. Così come la dolcezza non è sempre solo femminile. E alcune volte, quando non si sa proprio cosa fare, avere il coraggio di lasciare all'altro la decisione.

È il tempo del primo innamoramento?

Difficile dirlo, questo è molto vario. I maschi in generale ci arrivano più tardi. Passano prima attraverso gradi di amicizia. Le bambine sono più precoci. Ma per i maschi arriva il problema della pornografia che con l'uso della quotidiana tecnologia è un rischio. Ci accorgiamo girando nelle scuole quanto bisogno hanno di parlare di questo. Quanto sarebbe utile l'educazione sessuale nelle scuole. Parlartene con loro il più possibile.

Lo tsunami è esponenziale con fratelli o sorelle?

Sono stata una figlia unica totalmente digiuna di esperienze del genere. Ma da genitore oggi rispondo affermativamente. Qui le frasi refrain sono: ma non tocca me tocca a te; è colpa tua e non mia. Consiglio un bel cartello – sono una maniaca dei cartelli quando vedo che non riesco a farmi ascoltare comincio ad attaccare note in giro per la casa – con doveri equamente divisi. E presidiare la situazione con un principio di giustizia e di equità aiuta a mantenere le proporzioni. E loro se ne accorgono anche se magari non lo ammettono.

Tanta splendida teoria ma la pratica è altro... Tre consigli di sopravvivenza.

Far sentire sempre una sguardo positivo. Bello e curioso. Avere il coraggio di fare un passo indietro: le idee non sono più vostre sono loro. Ascoltate e accogliete con passione i loro racconti: cogliete ogni attimo vi viene regalato.
E come terzo sappiate fortificare le potenzialità reali che si stanno sviluppando in loro allenandoli, però, alla fatica. Rendeteli protagonisti affidandogli piccoli compiti: buttare la pattumiera, andare a prendere il fratello più piccolo, tornare a casa da solo dallo sport.
E siate sufficientemente buoni; accettate i vostri errori: nessuno nasce genitore. Il cammino è solo all'inizio. E per quanto fatichiamo a crederlo loro sono i protagonisti. Ma alla fine di quest'enorme fatica – già perché è un'enorme fatica – saremo persone migliori grazie a loro, ai loro stimoli, ai loro discorsi, ai loro amici e alle loro competenze.

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