Le strategie per dimenticare l'ex? Ecco un metodo provato per voi.

Io e Filippo ci conosciamo dalle elementari, siamo sempre stati buoni amici. Le nostre storie sono finite la stessa settimana, la mia di mercoledì, la sua domenica. Da quel momento ci siamo scritti in chat, per parlare degli ex, dell’amore, di noi. È uscito fuori che siamo una generazione incastrata a metà. Siamo nati in un momento storico in cui quando ti lasciavi c’era un po’ di sollievo dell’oblio: non vedevi più il tuo ex, né sapevi niente di lui, a meno di non fare appostamenti o interrogatori agli amici. Non funziona più così. Siamo millennials: quando finisce una storia c’è internet. Non possiamo più rompere sul serio. C’è Fb, ci sono gli amici di amici, c’è Instagram. Possiamo sapere tutto, travisare tutto, fare stalking senza essere visti, con armi improprie che ci hanno regalato Mark Zuckerberg e altri imprenditori dei fatti altrui. Nel romanzo Agosto

GIORNO 1
Due relazioni e un funerale
S Come succede? Da un giorno all’altro uno che ami smette di essere un’abitudine? Gli devo fare il funerale? Non è morto.
F Non c’è, quindi è come se fosse morto. È peggio. Non vuole sentirti.

GIORNO 3
L’ora del dolore
S Al mattino mi sveglio e piango nel letto. Apro la finestra, rifaccio il letto, e piango nel letto rifatto.
F Io non faccio nemmeno il letto.
S Che bella che era la vita quando ascoltavamo i Nirvana chiusi in camera tutto il pomeriggio e ci tagliavamo le vene ma non soffrivamo veramente.
F Oh, darei qualsiasi cosa per tornare indietro e soffrire per finta a quel modo.

GIORNO 5
Resistere, resistere, resistere
S Scusa, pensavo, ma se tra 40 giorni poi ci andiamo a vedere i post passati il lavoro di non guardare vale lo stesso?
F In teoria dopo questi 40 giorni dovremmo essere più forti e riuscire a non farlo. Ora capisci però che in tutto questo vuoto che abbiamo creato per 40 giorni se lei poi cambiasse foto profilo mi basterebbe per scrivere un’analisi iconografica di 30 cartelle.
S Ok, niente social. E se invece andassimo sotto casa a vedere cosa fanno?
F Non ti rispondo neanche.

GIORNO 7
Leonard Cohen, Skype e lo Zoloft
F Oggi non mi è costata fatica, anche se ho dovuto fare una chiamata su Skype per lavoro e ho dribblato “contatti” come la peste. La sua lunetta verde mi fa male. Comunque penso che il problema non siano le notifiche, è la copia cache nel cervello.
S La donna delle pulizie della mia vicina di casa stamattina stava cantando Hallelujah di Leonard Cohen. Volevo bussare alla porta e chiederle di dividerci uno Zoloft.

GIORNO 9
La sofferenza degli altri, se non sai, chiedi a Yahoo Answers
F Una delle cose più belle da fare in momenti come questi è vedere su Yahoo Answers la gente che sta come noi e chiede consigli, è molto consolatorio.
S Yahoo Answers è meglio del mio psichiatra. Io cerco anche possibili chiavi di ricerca su Google tipo:
“l’ho lasciata e sto bene”, “l’ho lasciata e sto male”, “non la amo più”, “non l’ho mai amata”, “mi ha lasciato e sto di merda”, lì dovrebbe intervenire Google in persona, invece dei risultati dovrebbe comparire una schermata intera con un grosso «MA DAI?».

GIORNO 11
Tutti i libri che ho letto non servivano a niente
S Un giorno questo dolore mi sarà utile, ma che giorno, di preciso?

GIORNO 15
La teoria del tutto (per tutto): cambiare foto profilo
S Senti, pensavo, sono stata brava per 15 giorni, adesso posso premiarmi. Posso cambiare foto profilo.
F Tu devi essere pazza. Non lo sai che cambiare foto profilo è segno di instabilità? Vuoi che la gente pensi che non stai bene?!
S Ma io non sto bene. Questo è evidente. E ti volevo anche dire un segreto: nemmeno tu stai bene.

GIORNO 19
Si stava meglio quando si stava meglio
F Tu pensi che questa cosa del no contact e di non vedere le notifiche ci renda forti e ci dia controllo, ma io mi sento uno sfigato per tutto il tempo. Oggi ho pianto davanti a un pacco di riso thailandese, l’avevamo comprato insieme all’Esselunga.
S Anch’io mi sento sfigata. Ho voglia di scrivergli, ho anche pensato di postare Missing dei Calexico per fargli capire «mi manchi», ma anche «mi è rimasto intatto il bagaglio culturale dei dischi che mi hai passato». Dobbiamo stare fermi.

GIORNO 22
Quello che i like (non) dicono
F Ho inavvertitamente visto che ha messo un like a un amico. Un amico comune che in questo momento mi sta molto vicino. Non è un caso: mi sta mandando un segnale trasversale. Capisci? Vuole dirmi qualcosa con quel like.
S Un like è solo un like. Non vuol dire quasi mai niente, spesso parte in automatico col touch screen, pensaci, e piantala. Non le manchi, se le mancassi ti chiamerebbe, non metterebbe un like “trasversale” a un tuo amico.
F Come sei severa. Severa ma giusta, come l’inverno in Russia.

GIORNO 23
Tinder e il Torschlusspanik
F Mi sono iscritto a Tinder, ma mi fa venire una gran tristezza. Ho paura che non mi innamorerò più.
S Se vuoi ti presento delle mie amiche con il Torschlusspanik. Ne ho tante che hanno superato i trenta e hanno una paura fottuta di morire scompagnate e nullipare. Anch’io mi sono iscritta a Tinder. Non mi piace nessuno, e io a quanto pare non piaccio a nessuno. Moriremo soli. Almeno con questi account.
F Possiamo provare con dei fake.

GIORNO 25
Controlli a tappeto
S Non ce l’ho fatta, non sgridarmi: ho controllato, non c’era niente da nessuna parte. Non ha più aggiornato lo status. Adesso penso: sta con un’altra e si è innamorato così tanto che non va nemmeno più su internet, starà sempre con lei a fare qualcosa di interessantissimo. Ho controllato i profili dei suoi amici e in un ultimo gesto disperato ho anche visitato casa sua su Google Earth.
F Ma che sgridarti, ho controllato anch’io. Lei ha aggiornato lo status invece, e si è fatta un profilo su Instagram. È andata avanti con la sua vita. Ha messo la foto di un posto dove siamo stati insieme. Cosa significa? Guarda tu se a trent’anni uno si deve mandare a dire le cose attraverso i post ultracriptici.
S Non significa niente. Per questo bisogna mettere in hide. Occhio non sovrainterpreta, cuore non duole.
F Ti giuro, dopo che ho controllato ero così nervoso che ero tentato di cambiare foto profilo.

GIORNO 29
Il lucchetto su Instagram
F Ha messo il lucchetto sul suo profilo Instagram. Perché ha messo un lucchetto sul suo profilo Instagram? Per me? Quando stavamo insieme non ce l’aveva nemmeno un profilo Instagram. E adesso non posso più vederlo?
S Vedi, queste sono le cose che mi fanno più male. Sentirsi esclusi dalla vita di qualcuno. Tu non ci sei più. E non puoi nemmeno più vedere che cosa mangia al ristorante.

GIORNO 33
Andare, camminare, lavorare
F Ma secondo te si «registrano» tutti come facciamo noi?
S No, la gente va a lavorare.

GIORNO 39
Humphrey Bogart non l’avrebbe mai fatto, noi clicchiamo “refresh”
F Non ce l’ho fatta, le ho scritto su Fb, e ho guardato due volte se ci fosse la notifica del messaggio visualizzato (che poi c’è stata dopo un’ora, e quindi subito a immaginarsi «cos’ha fatto in quel lasso di tempo, doccia? telefonata con amica? telefonata con AMICO?»)
S Eh, solo Humphrey Bogart non avrebbe guardato le visualizzazioni in un caso del genere, e noi non siamo Humphrey Bogart. Ma cosa le hai scritto?
F Cosa vuoi che le abbia scritto? Che mi manca. È incredibile, basta poco per stare così male: un messaggio non visualizzato. Non capisco il senso di mettere delle informazioni di questo tipo a disposizione della gente. Zuckerberg è maniaco?
S Zuckerberg non ha creato Facebook per far connettere tra loro gli studenti di Harvard. L’ha creato per vendicarsi della sua ex. Hai presente l’ultima scena di The Social Network? Lui che chiede l’amicizia a lei e poi continua a fare ininterrottamente refresh? Quelli siamo noi.

GIORNO 70
Finale aperto
F Una sera mi sono ubriacato e ho fissato i suoi online per più di due ore, poi l’ho tolta definitivamente dai contatti. Ho salvato il suo numero su un foglietto e l’ho chiamata per andare a riprendermi le mie cose nella casa dove vivevamo insieme. Non l’ho più vista, nemmeno su Instagram.
S Io non controllo più le notifiche, ho bruciato il suo accappatoio e i regali che mi aveva fatto in questi anni in un falò delle cose che potevano succedere e non sono successe, ed è stato meglio così. Ti ricordi quella canzone dei Blur che diceva “Love in the 90’s is paranoid”? Non avevano idea di cosa sarebbe successo dopo.

Illustrazione di Damien Florébert Cuypers.