Ex (piazione): apri la posta e trovi un messaggio: è lui, quello che ti ha spezzato il cuore. «Sono stato un bastardo, mi perdoni?». Torna da me!? «P.S. Domani mi sposo». È la mazzata fnale. Analisi del condono amoroso, la strategia di maschi in cerca di assoluzione per vivere felici e contenti. Con un’altra.

La mail che mai mi sarei aspettata di ricevere arriva un mercoledì sera tardi, confusa tra quelle di Groupon che promettono cerette illimitate, le mie preferite. La mail che mi fa gelare il sangue nelle vene è quella di un uomo che non vedo né sento da quattro anni e se non lo vedo né sento da quattro anni un motivo ci sarà, no? La mail che mi fa balzare il cuore in gola è quella dell’ex più sofferto, amato, odiato e forse mai dimenticato. Comunque di un uomo importante, così tanto da averlo bloccato tra gli amici di Facebook.

Sì, certo, per i primi sei mesi dopo la rottura era tutto un controllare la sua pagina più volte al giorno, monitorare i suoi spostamenti, sezionare i like che riceveva per vedere con chi stava flirtando, ma da lui mai niente, zero, neanche un pollice alzato su messenger, e allora perché scrivermi adesso? Subject: «Ciao». Vago. Magari è spam. Apro.

«Cara Simona». Uffa. È proprio lui. Quattro righe di convenevoli, notizie sul suo cane, aggiornamenti sul suo mal di schiena, accenni al lavoro. Banalità assortite, insomma. Fino all'ultimo paragrafo, quello che si apre con il solenne incipit: «Ti scrivo per dirti una cosa importante». Ipotesi che scattano automaticamente: 1) vuole tornare con me 2) non mi ha dimenticata 3) è malato gravemente 4) la combinazione delle tre sopra: è malato e grazie alla malattia ha capito che non mi ha mai dimenticata e vuole tornare con me.

Procediamo. «Volevo avvisarti perché a luglio mi sposo con Rachele». Seguono altri due paragrafi di scuse sentitissime, di pentimento su quanto è stato stronzo con me, su quanto sono stata adorabile io con lui, su quanto abbia imparato da me, su quanto sia stato male al pensiero di avermi fatto soffrire. Tutto un crescendo di espiazione, fino all'epilogo finale: «Ti chiedo scusa». Però intanto mi sposo un’altra. Devo rileggere il tutto quattro volte prima di poter formulare un qualche pensiero e quando finalmente lo faccio mi escono solo domande: ma perché dirmelo? Ma perché adesso? Ma che senso hanno le scuse tardive? Ma non sarebbe stato meglio comportarsi bene prima invece di scusarsi dopo? Ma soprattutto, chi cavolo è Rachele?

Questa dell’espiazione del maschio pentito (e quindi ex-piante) deve essere una specie di epidemia. Oltre che alla sottoscritta è successo anche ad altre amiche, al di qua e al di là dell’Oceano. E tutte con la stessa dinamica. Una storia che quando è in atto è tormentata, un lui che non si comporta esattamente come il più maturo dei fidanzati, crisi, incapacità di prendere impegni. Gran finale con la lei di turno che si stufa e lo molla. Finale alternativo con il lui di turno che scappa in qualche modo goffo o infantile. Titoli di coda e tutti a casa.

Di rimanere amici neanche a parlarne. Fino a quando lui improvvisamente ricompare. «A me ha mandato prima una mail per invitarmi a pranzo, dopo quasi due anni senza vederci né sentirci», mi racconta Ilaria. «Ho accettato, più che altro perché rifiutare sarebbe stato come ammettere che ancora ci soffrivo. Così sono andata, truccata e con i tacchi. E lui, tra il branzino e il sorbetto alla mela verde, butta la bomba: si sposa. Però prima mi chiede scusa. Io strabuzzo gli occhi e gli chiedo, ironica: “Stai chiedendo la mia benedizione?”. Risposta serissima: “Non voglio che il mio matrimonio inizi sotto un karma negativo".

Problema centrato in pieno: l’espiazione a tempo ritardato e sotto la spinta di un nuovo impegno sentimentale o, peggio, di un imminente matrimonio serve solo a chi la fa, non certo a chi la riceve. È un atto pieno di egoismo, serve a sciacquarsi la coscienza e niente di più. Se i pentimenti veri, le ammende a tutti quelli che abbiamo fatto soffrire genere Alcolisti Anonimi richiedono i famosi dodici steps, qui siamo a un passo e mezzo, neanche due. Troppo facile. «È una delle azioni più passivo aggressive che ci siano. La mail di scuse non richieste ributta la palla nel tuo campo, mettendo sulle tue spalle la responsabilità di una risposta che per forza di cose deve essere conciliante e positiva. Perché se rispondi male quella stronza diventi tu», si infervora Ilaria (per la cronaca: lei alla frase del karma ha mantenuto il sangue freddo, ha sorriso e ha chiesto il conto. E ovviamente ha fatto pagare lui).

Beati gli stranieri che hanno i riferimenti giusti. In Usa il mea culpa tour prende il nome da Adam Levine, cantante dei Maroon 5: pare che la scorsa estate, prima di sposarsi con la modella Behati Prinsloo, abbia fatto il giro del perdono di tutte le ex. E non erano poche. In Inghilterra, quando Carlo decise di sposare Camilla, fu costretto da un alto funzionario della chiesa protestante ad andare dal primo marito, il signor Parker Bowels, e chiedere scusa. «È una pessima idea, se i miei amici maschi mi chiedessero consiglio, direi loro di non farlo assolutamente», racconta Erica, stylist che vive a New York e di relazioni se ne intende. «E poi chiedere perdono per cosa? Perché si è pentiti sì, ma non abbastanza da tornare insieme? È come essere lasciata una seconda volta!».

Magari lei esagera, ma una cosa è sicura: per essere efficace, l’espiazione deve essere non solo sincera, ma anche disinteressata. «La mail era commovente, piena di frasi carine e di complimenti che sembravano sinceri», mi racconta Roberta, anche lei di recente alle prese con un ex-piante. «Peccato il tempismo: il giorno dopo la nascita del suo primo figlio. Ovviamente avuto da un’altra. Mi ha fatto sentire come se avesse paura che i miei risentimenti verso di lui potessero nuocere al bambino. Ma io non sono mica una strega. E poi ha avuto nove mesi per schiacciare invio, perché non l’ha fatto prima?». Domande a cui ha provato a dare risposta John Kador, autore di Effective Apology, un libro diventato negli anni un grande classico della scusa, completo di istruzioni su come procedere e di grandi massime del tipo: «La strategia vincente è di diventare una persona migliore e poi di agire di conseguenza», oppure «Scrivete una lettera di scuse, ma non speditela».

Oggi Kador sostiene che in realtà siamo noi donne quelle più portate all'ammenda, solo che lo facciamo con le amiche, dallo psicologo, mica prendiamo il telefono e chiamiamo l’ex. Se gli uomini lo fanno è perché nella maggioranza dei casi vogliono l’ultima parola, mentre la definizione stessa di “chiedere scusa” è proprio rinunciare a quel tipo di diritto. Poi ci sono quelle che invece le scuse le vogliono, ma non per loro stesse, per quella che è venuta prima. «Sono stata io a chiedergli di farlo, anzi diciamo che l’ho costretto», racconta Sara. Il soggetto è il fidanzato Marco. «Quando mi ha raccontato di come si era lasciato con la sua ex mi sono sentita male. Quell'uomo non corrispondeva all'immagine del mio fidanzato, era come se fossero due persone diverse. E poi mi è scattata la sorellanza: quella donna meritava delle scuse».

«È che guardiamo troppi film, siamo ossessionati dall'happy ending, tutto è bene quel che finisce bene e tutti alla fine devono essere felici, ma la vita non funziona co- sì, la vita è casini, rancori, cerchi non chiusi. E anche non parlarsi mai più. Pazienza», sostiene saggiamente Roberta. Quanto a Sara, alla domanda se abbia permesso al suo fidanzato di incontrarsi con la ex risponde: «Farli incontrare? Ma sei matta? Solo al telefono». Perché vanno bene le scuse e la sorellanza, ma certe paure ataviche, be’, quelle non passano mai.

Illustrazione di Damien Florébert Cuypers