L’alibi (ipocrita) del fattore L. Se lui è diventato “zerotico” e non ti cerca più, il troppo lavoro non è il vero colpevole.
Nicoletti, ho bisogno che tu sia spietato... Non con me, per carità. Con il mio uomo, che a dirla tutta ora proprio uomo non è. Né mentalmente, né sessualmente. La mia più cara amica ormai lo chiama affettuosamente «lo zerotico»... Non sono un’ipocrita vorrei-ma-non-posso che prima si sceglie il compagno dolce, affettuoso, rassicurante e poi si lamenta di prestazioni a basso tasso di passionalità. Anzi, mi sono innamorata del suo modo di essere affascinante, scafato, intraprendente e sexy. Ma non avevo calcolato il Fattore L, lavoro. O meglio, il modo esagerato in cui reagisce allo stress della sua professione freelance. Gli ultimi progetti l’hanno mandato in tilt totale, in ansia da stagista minorenne. Ma ha 43 anni! Io cerco di stargli vicino, di sostenerlo e, sì, anche di distrarlo da pensieri disfattisti. E lui cosa fa? Mi accusa di comportarmi da maschio, di pretendere che faccia sesso con me a comando, quando invece è completamente concentrato in un’altra attività. Ma si può? Lo amo. E so che mi ama. Ma ha bisogno (ho bisogno!) che qualcuno gli dia una smossa, alla svelta. Giusy, Milano

Sarò spietato: la verità è che non gli piaci più. Quell’ameba che descrivi ora, non sembra avere più nulla dell’intraprendenza che ti aveva stregata. Forse lo avevi conosciuto in un momento di splendore professionale, ma lo sai bene anche tu che il Fattore L è la scusa a cui fingi di credere solo per misericordia. Nessun transitorio calo di attenzione altrimenti giustificherebbe la campagna di denigrazione dello “zerotico” che hai lanciato nel giro delle tue amiche. Non credo che tu possa ancora immaginare che un’assunzione a tempo indeterminato, anche nella più solida delle aziende, equivarrebbe per lui a una flebo di Viagra. A 43 anni un uomo dovrebbe essere stabilizzato sulle difficoltà della vita, lo stress da lavoro non può essere il pretesto per comportarsi con te da sessualmente svantaggiato, anche perché, se così fosse, gli unici in grado di poter “praticare” sarebbero i pensionati.

LA STORIA DEL MESE. La tesi sperimentale di una cooperatrice per romantica vocazione.
Sfracella Dagoberta, laureanda in Scienze della Comunicazione, divenne intima di Quattroganasce Palmiro, cultore della materia di “Scienze sociali per la cooperazione e lo sviluppo tra i popoli”, che si era offerto di aiutarla per la tesi. Dagoberta, che era cinque anni fuori corso, un po’ per l’utile un po’ per il futile, iniziò a frequentare la bella casa a Ponte Milvio, che quello poteva ben permettersi con il suo lavoro di creativo.
«Il tipo, tutto alternativo, sin dall’inizio mi fa capire che gli piaccio, mi corteggia portandomi la sera a vedere i lucchetti attaccati al lampione sul ponte, mi seduce spiegandomi le ritualità di passaggio delle tribù giovanili». Fu così che al terzo incontro di orientamento Dagoberta gli cedette mentre si annotava la bibliografia.
Il prof Quattroganasce quella volta fu molto tenero, ma nel congedarla, alle ore 19.45, le disse: «Cara non amo le sorprese, non venire mai qui da me all’improvviso ché mi arrabbio». Dagoberta non ci fece gran caso e attribuì la frase allo scrupolo di farle trovare la casa sempre perfettamente in ordine per accoglierla degnamente. «Che carino!» pensò, già immaginando di far lei pulizie radicali in quella casa di maschio singolo.
Il destino però non fu con lei benevolo: «Comunque la settimana seguente si copula ancora tre o quattro volte, poi all’improvviso mi impone un crollo verticale al romanticismo. Mi dice che ha altre due fidanzate e, se voglio, potrei diventare la terza. Aggiunge che lui ama moltissimo i regali costosi, e quindi se mi elegge terza fidanzata devo darmi da fare in questo senso».
Da subito Dagoberta si chiuse la porta dietro alle spalle, ma poi pensò che il giorno dopo avrebbe portato delle lenzuola nuove; quelle che avevano accolto i loro abbracci erano sempre le stesse da una settimana e non erano proprio fresche di bucato.

Area (non) protetta

Caro Gianluca, un problema sta logorando il mio rapporto con Alessandro. C’entra la brasiliana, non donna, ma depilazione. Tutto è partito da lì: diceva che gli piaceva e ho chiesto all’estetista di accontentarlo. Poi ha cominciato a insistere per la depilazione integrale. Ma io a questo grado di desertificazione non voglio arrivare. E lui insiste, e dice che se non sono disposta a questa banalità per lui, allora forse ci siamo sbagliati. Aiuto. Gloria

Ammesso che per il tuo Alessandro sia vitale che tu sotto alle mutande debba assomigliare a Barbie, a naso non direi che l’ossessione nasca per la sua frequentazione di musei d’arte classica. Consolati, le estetiste stanno facendo affari d’oro grazie alla moda dell’intima deforestazione, pare che la pratichino pure molti uomini, ma solo per sentirsi più “aggressivi”, illusi da quel centimetro di mascolinità riportato alla luce.