Pornhub ha compiuto dieci anni e l'anniversario ci riguarda tutte. Tanto che la cover story del New York Magazine, firmata da Maureen O'Connor, parla del sito hard core più visitato del mondo come «il rapporto Kinsey del nostro tempo». Non storcete il naso: se oggi state leggendo questo articolo su uno smartphone è anche grazie alla pornografia. Se la tecnologia legata a internet si è sviluppata così rapidamente dipende soprattutto dalla fretta con cui, negli anni 90, una grossa porzione di utenti ha firmato il suo primo (complicatissimo) contratto per navigare in quel nuovo mondo in cui girava voce che le immagini osé fossero fuori controllo. Una navigazione da 28k che costringeva ad attendere diversi minuti anche solo per vedere una fotografia di Moana Pozzi o di Jenna Jameson, e scaricarla nella cartella più nascosta dell'hard disc, visto che di computer a casa ce n'era uno solo e si usava a turno. Ma che procurava la soddisfazione di un torneo di caccia al tesoro e finanziava l'espansione e il potenziamento del mezzo. È questo il motivo principale per cui i nerd sono così legati alle luci rosse: un rapporto di reciproca gratitudine. Che pensavate?

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Pornhub detiene un primato non da poco, se si considera che il 12% dei siti web nel mondo sono a luci rosse ed emergere non deve essere stato facile. In occasione dell’evento, fra le varie iniziative, ha lanciato un hashtag #PHtaughtme, invitando i suoi 75 milioni di utenti (sì, avete letto bene) a raccontare entro il 1 luglio cosa ha insegnato la loro user experience nel sito (a parte l’ovvio scopo). In palio, per i migliori tweet ci sono 100 abbonamenti gratuiti della durata di 10 anni nella sezione premium. Ma il porno insegna davvero qualcosa? Secondo il 57% delle donne no, perché della donna diffonde un’immagine mortificante. Ma è un dato che non coincide con la crescente fruizione da parte del pubblico femminile (50 sfumature docet). La parola “sesso” è cercata su google in eguale misura da maschi e femmine. Di sicuro, il porno propone cliché che non corrispondono alla realtà. Ma sono più o meno dannosi di quelli proposti giornalmente dal cinema main stream, dalla pubblicità, dalla tv? Inoltre, qualche adolescente si lamenta delle strane posizioni che il fidanzatino chiede loro di assumere, come se da qualche parte ci fosse una telecamera da non impallare. E la giornalista O’Connor si chiede: le perversioni nascono a letto e poi vengono riprodotte nei film, o viceversa?

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«Tendiamo a pensare al porno come qualcosa che succede in luoghi remoti, forse un sostituto del sesso vero o una cattiva lezione di come dovrebbe essere il sesso», dice il vicedirettore del New York Magazine David Wallace-Wells, «Ma nell’epoca dello streaming, il porno occupa ormai le vite della gente molto più del sesso reale. Nell’articolo, Maureen propone di considerare l’universo del porno per quello che è: una sorta di teatrino del desiderio sessuale che vive di vita propria, estraneo a quello che poi la gente cerca nel letto, dal vivo». Wallace-Wells rammenta poi di come i due rivoluzionari rapporti Kinsey, nel 1948 e nel 1953, non pretendevano di fare nulla più che esporre le cose come stavano, scientificamente. E Pornhub, con i suoi 10 milioni di video in archivio, e una cura del brand del tutto simile a un qualsiasi prodotto a largo consumo per famiglie, è oggi lo specchio più lucido di ciò che siamo. E di quanto ci somigliamo in tutto il mondo.

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