«Ho provato una quiete che mai in vita mia. Non mentre ero da sola con mio marito nella spa più lussuosa del mondo ma quando ero con mio marito nella nostra auto. Senza le grida dei nostri figli dietro di noi». Il racconto di Katy Landrum per Redbook è quello dell’ennesima madre che cerca del tempo per se stessa. E non trova modo - e coraggio - di chiedere a nessuno una mano pur di poter stare un po' da sola con sé, con suo marito, con la sua vita. Il concetto di baby-sitter è abbastanza semplice e ovvio: ma non se si sceglie di chiamare una tata solo per poter andare in vacanza con il proprio compagno. Vacanza che, in linea di massima, è il momento in cui si vuole staccare tutto per stare con la propria famiglia. Figli inclusi.

«Quando sono arrivata all’Ojai Valley Inn & Spa a due ore da casa nostra a Los Angeles, ho provato a scacciare le immagini del mio secondo figlio di tre mesi, Bo, eppure mi tornava continuamente in mente lui, i suoi pianti. Allora ho indossato il costume da bagno, ho ordinato un margarita e ho chiuso gli occhi». Mamma snaturata? Mamma pentita? Dopo la dichiarazione shock di Adele, il movimento delle regrets mummy è sempre più libero di raccontare storie che potrebbero far rabbrividire madri intente a scegliere il nido migliore per i propri figli. O, allo stesso tempo, si tratta di storie che liberano le madri dai cliché auto-imposti. Come Katy, donna innamoratissima del proprio figlio di tre mesi che ha solo voluto una vacanza: «ho scelto di andare in vacanza e di pagare una professionista che insegnasse a mio figlio a dormire e a smettere di piangere». Mamma mostro? Mamma avanguardista? Mamma che sarà pronta a mandare il figlio alla scuola Montessori, totalmente libero dalle sue debolezze? «Ho avuto molti scrupoli e poi ho pensato che mio figlio aveva sì 12 settimane appena ma ho calcolato tutto insieme al mio pediatra: mi ero appositamente tirata il latte per far sì che io fossi in qualche modo lì».

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Per Katy la scelta di andare in vacanza e di lasciare il proprio figlio nella mani di una professionista del sonno non è una scelta nuova: «già con la mia prima figlia, due anni fa, ho aspettato fino ai cinque mesi poi, quando la baby sitter mi ha visto stravolta, con le borse sotto agli occhi, ho scelto di ascoltare il suo consiglio e chiamare una professionista del sonno infantile, una figura che educa i neonati al piangere (anche a lungo) per poter poi crollare in un sonno profondo». Certo "la professionista" ti insegna anche che bisogna lasciar piangere il proprio figlio per 45 minuti di fila senza fare nulla «quando a cinque mesi mia figlia piangeva mi si stringeva lo stomaco dal dispiacere. Ma dopo due giorni di trattamento ha iniziato a dormire per notti intere».

Tre mesi sono troppo pochi per insegnare ai propri figli a non piangere o a pingere liberandosi di tutto? Nonostante i tentennamenti di Katy la soluzione, all’apparenza drastica, si è rivelata molto salutare. Anche quando la terapista le ha mandato un lungo resoconto del pianto di Bo, ininterrotto, per una notte intera mentre lei era in vacanza. «La mia vita sarebbe stata molto più difficile se Bo non avesse imparato a dormire e bene: ne sarebbe andata della mia lucidità come madre e come lavoratrice. I primi giorni di adattamento sono stati molto difficili ma sapete una cosa? Quando Bo ha iniziato a dormire tutta la notte mi sono resa conto che si è trattato del denaro meglio speso di sempre».