A quasi cinquant’anni non riesco (o forse non voglio) capire come possa uno che dice di fare del fantastico sesso con te (anzi fuoco e fiamme) non amarti nemmeno un po’. Ma gli uomini sono difettosi o cosa? Io faccio l’amore, sempre. Non riesco a fare solo sesso, e questa divisione che in loro è così chiara io non la capisco. Il profumo della pelle, i baci, l’unione dei corpi. Non credo ci sia qualcosa di più intimo tra due persone. Come si fa a rimanere distaccati e dire: è solo sesso, non voglio coinvolgermi. Ma che significa? Elisa da Roma

Come si fa a sapere chi sono gli altri? (...) Forse non lo sapremo mai; forse è impossibile afferrare le persone: ci scivolano tra le mani co- me l’acqua, che non è mai la stessa. (Rose Macaulay da Staying with Relations)

Robert Emmet Odlum divenne famoso nell’800 perché fu uno dei primi grandi acrobati nella storia di New York. In una calda domenica di maggio radunò una folla sotto al Ponte di Brooklyn e decise di lanciarsi nel vuoto per dimostrare al mondo che si poteva fare. Aveva fatto calcoli matematici impeccabili. Velocità del tuffo, impatto, incidenza del vento. Quella roba lì. Cara Elisa, sei una ammirevole acrobata delle relazioni. Applichi teorie matematiche al rapporto di coppia che - se permetti - è un po’ come cercare di fare nodi alle nuvole. Come a Mr Odlum ti piace lanciarti nel vuoto, ma lo fai con un grande paracadute: l’idea che gli uomini siano tutti così. Ti basterebbe sganciarti dalla tua cocciutaggine, magari provare a conoscerli, altri uomini, per incontrare un’affinità che rischia di destabilizzarti. È vero, tu fai l’amore, e lui pensa al sesso (almeno è onesto nel dirtelo). Ma tu fai l’amore solo con te stessa. Sei attratta dall’ebbrezza che provoca lanciarsi nel vuoto, ma a differenza di Odlum vuoi che l’atterraggio sia garantito. Il sublime lo si raggiunge in due. Da soli, affidandoci a sciocche formulette, ci si sfascia. Come accadde a Robert Emmet Odlum.

Ti propongo una questione semplice semplice. Sono andata a letto con quasi tutti i miei migliori amici (e non rimpiango nulla). Che cosa devo dire quando dovrò presentarli al mio attuale fidanzato, che ha una visione del mondo un filo meno liberale della mia? Gioia.

Io vivo di ciò che gli altri ignorano di me. (Peter Handke, da Alla finestra sulla rupe, di mattina)

Dopo l’11 settembre gli Usa inserirono il Brasile – inspiegabilmente – nella lista degli Stati “a rischio terrorismo” e i brasiliani che entravano nel paese erano sottoposti a umilianti perquisizioni. Mi capitò di volare da New York a Rio in quei giorni, per scoprire che i cittadini americani, al loro arrivo, venivano accolti da un imbaraz- zante rituale: un paio di rozzi poliziotti imponevano loro di impiastricciarsi le dita in un tampone d’inchiostro per le impronte digitali. Ma senza fornire uno straccio per pulirsi le dita... Fu divertente osservare gli americani – imbestialiti – mentre cercavano le valigie, ricoperti di macchie blu in ogni parte del corpo. Ne seguì un mezzo incidente diplomatico. Poi gli Usa rimossero da quella lista il Brasile, che aveva agito secondo un principio internazionale riconosciuto: la reciproci- tà. Cara Gioia, immaginati a una festa del tuo lui dove sono invitate le amiche, e immagina di pensare che sia andato a letto con ciascuna di esse. Poi fammi sa- pere. Non è questione di apertura mentale, è questione di gusto. Una storia d’a- more è quanto più solida, quanto più è blindata in una cassaforte di attenzioni e rispetto. Andando in giro con le mani sporche d’inchiostro si fanno solo pasticci.

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