Perché sedurla, se puoi sedarla? Sono anni che questa frase gira sui social accompagnata da commenti goliardici. Proprio mentre i giornali riportavano la notizia della turista inglese violentata da un gruppo di dipendenti di un hotel di Meta, un concorrente (di cui non diremo il nome) di un reality show (che non citeremo), quella frase l’ha ripetuta in diretta televisiva senza che questo abbia generato più di qualche lieve sdegno in una manciata di articoli, condivisi dalle solite donne. Non ha provocato la chiusura dello show. Avete mai sentito parlare della cultura dello stupro? È una definizione coniata dagli studiosi di genere per spiegare la tendenza a minimizzare la violenza sessuale, o a normalizzarla come se fosse un fatto ineluttabile. Qualcosa che scaturisce dall’inevitabile convivenza delle donne con gli uomini, e dalla ricerca naturale dei secondi di avere rapporti sessuali con le prime, anche se queste non sono d’accordo. Come fosse un diritto, a volte giustificato come necessità fisica che l’uomo deve rispettare per non incorrere in problemi di salute. Una convinzione supportata dai dati. Prima di leggerli, una precisazione: a volte le cifre potrebbero sembrare incongruenti, o far apparire un paese migliore dell’altro. Questo dipende dalla disponibilità delle donne, Stato per Stato, di denunciare, raccontare, o tacere. Per cui bisogna tenere sempre presente che i numeri vengono forniti da fonti ufficiali, ministeri, polizia e ospedali, che non possono quantificare il sommerso. Tanto sommerso. Detto ciò, secondo un’indagine Istat del 2014, sul quantificabile, le donne italiane vittime di tentati stupri sono 746mila. Quelle che hanno subìto una qualche forma di violenza fisica o sessuale nella propria vita sono 6 milioni e 788mila, il 31,5% delle quali ha tra i 16 e i 70 anni. Una donna su tre. Secondo Luisa Cirella, coordinatrice infermieristica del Soccorso violenza sessuale e domestica di Milano, ogni settimana si presentano, a volte con le forze dell’ordine, fra le sei e le dieci donne per chiedere aiuto dopo aver subito un grave abuso. Di queste donne, metà italiane, metà straniere, la maggior parte sono state violentate da un uomo che conoscono. Quasi sempre italiano, più raramente un immigrato. Il 62,7% degli stupri viene commesso dal partner, attuale o ex. Ma purtroppo si crede che un rapporto sessuale forzato da qualcuno con cui ne hai avuti già di consensuali non sia vera violenza: è un altro falso mito della cultura dello stupro. L’età media delle abusate si aggira fra i 25 e i 35 anni, ma una volta lo staff medico ha dovuto soccorrere anche una 78enne.

Il 62,7% degli stupri viene commesso dal partner, attuale o ex

Purtroppo, anche coloro che non farebbero mai male a una mosca perdono più tempo a smentire questi dati, che a chiedersi perché alcuni uomini lo facciano: la famosa sindrome semiseria #NotAllMen nata sui social. Ma una delle prove che lo stupro sia una cultura consiste, intanto, nell’assenza del profilo in criminologia: lo stupratore può essere l’immigrato clandestino, il balordo nel vicolo, il campione di boxe, il grande regista, il produttore cinematografico. E lo prova anche l’esistenza di milioni di uomini a cui non verrebbe mai in mente di commettere uno stupro. Solo alcuni di questi, purtroppo, si ribellano attivamente all’idea che si tratti di un fatto della vita. Non ci stanno a passare per animali, soprattutto quando diventano padri di bambine, sensibilizzandosi maggiormente al problema.

Ma perché lo stupro non viene considerato ancora una tortura sessuale, nell’immaginario collettivo? “Prima della legge 15 febbraio 1996 quelli contro la libertà sessuale erano considerati delitti contro la moralità pubblica e il buon costume”, ricorda l’avvocata Caterina Diani. “La riforma del 1996 non si è limitata a cambiare collocazione a tali crimini ma ha effettuato una completa e profonda rielaborazione dell’intera materia, a dimostrazione di una nuova concezione della sessualità come diritto della persona, non più legata a valutazioni di stampo moralistico”. Ma così come molti italiani sono convinti che esista ancora il delitto d’onore, l’attenuante all’omicidio del coniuge se l’assassino sospettava un danno alla propria reputazione - abolito nel 1981 - altrettanti sono convinti che nessun essere umano rifiuterebbe un rapporto sessuale. Nemmeno una donna, specialmente se avanti con l’età. Quanti commenti leggiamo suoi social del tenore: “dovrebbe ringraziare il cielo che le sia successo”, quando la vittima ha più di 50 anni? Rapportandosi infatti alle donne con la mentalità maschile (quella forzata dagli obblighi del machismo) molti uomini sono convinti che queste dicano di no per vezzo, ma che in realtà gradiscano un rapporto occasionale con uno sconosciuto esattamente quanto loro. Tanto che molti atti processuali americani (surreali) raccontano che, dopo aver consumato l’abuso, lo stupratore propone alla vittima di offrirle la cena, spesso la riaccompagna a casa con la propria auto, come se si fosse trattato di un rendez-vous romantico.

Nel 1928 le donne che sporgevano denuncia per stupro erano considerate delle degenerate

Ma da dove ha origine la tendenza a mettere in dubbio la credibilità delle donne quando dichiarano di essere state abusate? Nel famoso saggio del 2007 della storica Joanna Bourke Stupro, storia della violenza sessuale (Laterza) viene raccontato nel dettaglio come nel 1800, secondo le teorie della medicina, si reputasse che un uomo da solo non sia tecnicamente in grado di usare violenza a una donna, soprattutto se questa veniva dalla classe operaia o contadina, più robusta rispetto a un’aristocratica. Una teoria che per alcuni medici ha continuato a essere valida fino agli anni 70 del secolo scorso. Uno stupro veniva quindi considerato tale solo se commesso da un gruppo di uomini contro una sola vittima. Ed ecco perché nello stesso periodo in cui Londra era sconvolta per i delitti di Jack Lo Squartatore, negli annali risulta un solo caso di violenza sessuale, commesso da quattro uomini. Le donne mentono: per pura perversione, per ottenere un vantaggio economico, o per essere poste al centro dell’attenzione quando si sentono trascurate, dicevano i saggi dell’epoca. Racconta Joanna Bourke nel suo saggio che più avanti, nel 1928, William Robinson, luminare delle malattie urogenitali, pubblicò un trattato in cui definiva le donne che sporgevano denuncia per stupro “degenerate”. Nel 1947 lo psichiatra Philip Piker tenne un appassionato seminario sulla tendenza naturale delle ragazze alla menzogna. Nel 1963 un giudice americano lanciò un appello perché venisse varata una legge per spedire in riformatorio le ragazzine che ne sapevano troppo di sesso. Nel tempo sono spuntate fuori anche teorie secondo cui il particolare funzionamento difettoso del cervello femminile porterebbe a ricordare fatti mai accaduti. Per quanto riguarda i danni fisici che la vittima poteva aver riportato, venivano attribuiti a “passeggiate a cavallo” o “vaginiti”. E quando a essere stuprata era una bambina? In quel caso si optava per la tesi che le ragazzine provenienti da famiglie “sudicie” anche a quattro anni potessero contrarre infezioni ai genitali così gravi, in genere mortali, da sembrare traumi conseguenti a una penetrazione forzata da parte di un adulto. Oppure si accusavano le madri di aver indotto danni fisici alle figlie per ottenere indirettamente uno dei vantaggi elencati sopra. In linea di massima, si riteneva che i rapporti non consenzienti, che si trattasse di un’adulta o di una bambina, fossero impossibili. La negazione di un atto già così palesemente riconosciuto nell’antichità da non avere etimologia: il latino stuprum vuol dire “rapporto sessuale illegale”.

Ancora oggi il particolare mediatico sulla “mutandina” è quello che colpisce di più

Tutto il dissertare sulla capacità di una donna di difendersi dall’aggressore, se la muscolatura delle gambe fosse abbastanza forte da impedirne l’apertura, forniva l’occasione per la pubblicazione di molti trattati medici con dovizia di dettagli scabrosi, letti con grande interesse anche da chi medico non era. Anche i processi venivano seguiti con passione, e ancora oggi il particolare mediatico sulla “mutandina” è quello che colpisce di più. Tutto questo aveva un solo scopo: solleticare un interesse morbosamente pornografico. Non essendo lecita la pornografia vera, la si mascherava da medicina. Sono molte le teorie secondo cui, sullo stesso principio, anche la caccia alle streghe e le torture alle accusate fossero un pretesto per permettere agli accusatori di guardare morbosamente donne denudate senza essere biasimati. La letteratura medica ha indugiato per lungo tempo in teorie di donne perverse, ninfomani, crudeli, figure che eccitavano le fantasie sessuali dei lettori. Nel 1963 si parlava nei tribunali di “gattine del sesso”, minorenni con una conoscenza eccessiva delle cose della vita. Nel 1967 usciva il trattato Cry Rape: Anatomy of the Rapist di Hugo Paul che illustrava teorie di donne bianche ninfomani disposte ad accusare di stupro gli uomini neri che le avevano rifiutate (con tanto di dialoghi immaginari), ma che in realtà aveva l’obiettivo di stuzzicare nel lettore fantasie erotiche sul sesso interraziale. Di queste speculazioni sono rimaste vittime di volta in volta, nei decenni, donne di varie categorie come se il biasimo seguisse delle mode e dei gusti: dapprima si reputava che la disonestà sessuale fosse una tendenza di quelle delle classi sociali inferiori. Poi delle irlandesi, Poi delle donne nere. Poi tutte.

“Noi donne in America tendiamo a romanticizzare l’Italia”

Ma cos’è allora, esattamente, uno stupro? “Sotto il nome di violenza sessuale l’art. 609-bis del codice penale punisce chi, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali”, spiega l’avvocata Diani, “mentre il secondo comma pone sullo stesso piano chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto, o traendo in inganno la stessa per essersi colpevolmente sostituito ad altra persona. La pena è quella della reclusione da 5 a 10 anni”. Sembra scontato. Ma per capire quanta fatica ci sia voluta per giungere a questo articolo di legge, bisogna anche ricordare la storia di Franca Viola, rapita e violentata nel dicembre del 1965 da un suo pretendente respinto che si voleva avvalere del matrimonio riparatore, il famigerato articolo 544 del codice penale che assolveva dall’accusa di stupro colui che accettava di sposare la vittima. Franca Viola rifiutò, infrangendo definitivamente una “tradizione”, ma anche il matrimonio riparatore venne abrogato solo nel 1981, mentre è ancora in vigore in alcuni paesi come Haiti. Mantenendo aperto il dibattito se una violazione che permane negli incubi di una donna per sempre valga davvero fra i 5 e 10 anni di pena, le americane esprimono le loro perplessità sulla vicenda di un fatto meno recente, quello delle due connazionali che nel 2017 hanno denunciato due carabinieri, mentre erano in vacanza in Italia. “Noi donne in America tendiamo a romanticizzare l’Italia”, dice a MarieClaire.it Olga Merediz, una delle attrici della serie Orange Is The New Black, “Sogniamo le vacanze da voi, persino di venirci a vivere in pensione. Ma gli ultimi eventi inducono a pensarci due volte. Non voglio andare in vacanza in un posto dove dobbiamo guardarci alle spalle, dove qualcuno poi ci può colpevolizzare dicendo: queste donne americane vengono qui a ubriacarsi e divertirsi e si stupiscono se qualcuno ne approfitta”. Riguardo l’assicurazione sugli stupri, con cui a volte la difesa vuole dimostrare che il reato è stato simulato per ottenere vantaggi economici, pare sia una leggenda: “Mai sentito”, ci spiega la scrittrice americana Stacey Keith, “Negli Usa si è dibattuto molto di assicurazione contro gli stupri quando in Texas si è cercato di imporre alle donne di questo Stato un’assicurazione extra per gli aborti, compresi appunto quelli per gravidanze conseguenti a una violenza carnale. Fa parte di una questione su cui stiamo combattendo negli Stati Uniti. Ma l'assicurazione contro lo stupro non è una cosa reale. Il Sudafrica, quello sì che offre un'assicurazione per lo stupro, perché una donna su tre laggiù è a rischio violenza. Quello che offre l'assicurazione americana è la polizza ‘Interruzione del viaggio’, ovvero: agitazioni politiche o disastri meteorologici imprevisti che rovinano la vacanza, tra cui l’eventualità di doverla interrompere per uno stupro. Ma rimborsa solo le spese mediche per i danni fisici. Nessuna diventa ricca con una assicurazione che includa la violenza sessuale”. Vero invece il tentativo di creare una polizza mirata da far sottoscrivere alle ragazze nelle high school e nei college americani, focolai (così come le caserme miste) di abusi riguardo ai quali si dice che vengano spesso insabbiati per non compromettere il buon nome dell’istituto. La serie Netflix Tredici racconta proprio questo.

In Tanzania il 60% dichiara di essere regolarmente vittima di abusi di tipo sessuale

Fuori dell’Italia, qual è la situazione? Secondo il Rape, Abuse & Incest National Network, la maggiore organizzazione antiviolenza di genere degli Stati Uniti, una donna americana su sei ha subito uno stupro o tentato stupro, o un abuso di tipo sessuale. Ogni anno, quindi, negli Usa, circa 289mila donne dai 12 anni in su ne sono vittime. Il 54% ha meno di 30 anni. Il 3% ne ha più di 65. Numeri che rendono quasi scontate storie shock come quella raccontata nel film Tre manifesti a Ebbing, Missouri. Produrre cifre sui paesi islamici è invece difficile perché le denunce non sono una conseguenza scontata, dato che in alcuni la vittima può subire punizioni peggiori del colpevole (e preferisce tacere). È certo però che dove sono in corso conflitti, come in Siria e nello Yemen, la violenza sia aumentata, e il fatto che venga commessa anche su donne coperte dalla testa ai piedi dal niqab conferma che l’abbigliamento non ne è mai stata la causa. In Africa il problema è drammatico nell’area subsahariana, dove lo stupro viene praticato anche come arma di guerra. Il record riguarda le donne della Tanzania: il 60% dichiara di essere regolarmente vittima di abusi di tipo sessuale. Durante il terzo Women and City Summit di Santiago, in Cile, è stata presentata un’indagine secondo cui il 50% delle sudamericane ha subito abusi di tipo sessuale, dalla molestia al rapporto forzato. Ed è la loro maggiore preoccupazione quotidiana. Nei 27 paesi dell’Unione Europea le donne cominciano a essere oggetto di molestie e abusi di genere dall’età di 15 anni. Una ricerca del 2014 commissionata dal Fra, l’Agenzia europea dei diritti fondamentali, ne ha interpellate 42mila fissando una percentuale media di vittime al 46%, e svelando il primato di violenza in tre nazioni insospettabili: Danimarca, Finlandia e Svezia. Sollevando però il dubbio legittimo che cifre così alte dipendano dal fatto che in questi paesi le donne sono meno restie a denunciare, perché è meno probabile che vengano umiliate al processo. In Germania The Spiegel ha indagato sul presunto incremento degli stupri da quando è cresciuto il numero di immigrati. Scoprendo che in alcuni casi si è trattato di cifre gonfiate da frange xenofobe, e suscitando scalpore per il caso consumato a Rostock, in Pomerania, in cui un “uomo dalla pelle molto scura”, dopo accertamenti è diventato un Südländer, termine usato per descrivere coloro che vivono nei paesi del Mediterraneo (italiani compresi). Morten Kjaerum, il direttore del Fra, ha così commentato i dati: “Un abuso dei diritti umani che l’Ue non può più sottovalutare”. È stato lui a invitare gli stati membri Ue a firmare la Convenzione di Istanbul nel 2014, da noi ratificata dall’ex presidente della Camera Laura Boldrini.

In Germania lo stupro coniugale è diventato un reato solamente nel 1997

E questo crimine, che trattamento ha nel mondo? “Dando un’occhiata all’estero ci si può rendere conto di come le discipline possano variare”, illustra la penalista Caterina Diani. “Ad esempio, la Germania è considerata un paese piuttosto arretrato rispetto ad altre nazioni, per quanto riguarda le leggi sulla violenza sessuale: lo stupro coniugale è diventato un reato solamente nel 1997. Prima del 2016 la legge prevedeva che la prova della violenza sessuale fosse a carico della vittima, ed era necessario che si fosse opposta fisicamente all’aggressione, non solo verbalmente. E che fosse in grado di dimostrarlo in tribunale, altrimenti l’aggressore non sarebbe stato condannato. Le associazioni a tutela delle donne violentate riportano che fino al 2016 ogni anno in Germania venivano commessi in media 8.000 stupri, ma solo il 10% circa veniva denunciato, e che una sola denuncia su 10 portava a una condanna. La riforma, conosciuta come No significa no ha finalmente introdotto il diniego verbale, rendendo così possibile la repressione degli stupri anche nel caso in cui la vittima non abbia lottato per difendersi. Questa normativa è un passo avanti, anche se le attiviste per i diritti delle donne sottolineano come non sia comunque in grado di offrire protezione adeguata a quelle che non sono in grado di esprimere chiaramente la loro mancanza di consenso, perché in stato di shock, di incoscienza o perché sono drogate o ubriache. In Gran Bretagna e Francia il consenso, invece, è sempre escluso se la persona che subisce la violenza è ubriaca, drogata o in stato di shock. Lo stupro nel Regno Unito è punito con un minimo di 5 anni di reclusione fino all'ergastolo, se ci sono aggravanti. In Francia la violenza sessuale è considerata un crimine contro la persona ed è punito con 15 anni di reclusione, con 20 anni se la vittima ha meno di 15 anni, se si tratta di stupro di gruppo o quando il movente è l'orientamento sessuale della vittima. 20 anni se comporta una mutilazione o l'invalidità della vittima o se avviene sotto la minaccia di un'arma. Negli Stati Uniti la severità delle sentenze contro i colpevoli di stupro varia da Stato a Stato e a seconda delle circostanze. Uno studio effettuato dal ministero della giustizia statunitense ha calcolato in 11,8 anni di carcere la sentenza media contro i criminali accusati di stupro, ma il periodo di tempo medio trascorso in prigione è di 5,4 anni. I dati più recenti del Viminale parlano di 2.333 violenze sessuali denunciate da gennaio a luglio 2017 contro le 2.345 dello stesso periodo dello scorso anno. Undici stupri al giorno. Nel resto d’Europa la situazione non è molto migliore. Tra il 2015 e il 2016 nel Regno Unito, in base ai dati forniti dalla polizia, sono stati denunciati 23.851 casi di stupro, contro i 10.161 del biennio 2011-2012, in quattro anni il dato è più che raddoppiato. Va male anche in Francia dove, nel 2016, ci sono stati 15.848 casi di stupro, contro i 13.881 dell’anno precedente (un aumento del 14%). Ancora più inquietante il fatto che gran parte delle violenze sessuali abbiano avuto come vittima un minore: sono stati 8.184 i bambini violentati nel 2016 contro i 7.461 del 2015”.

Non sono le ragazze a dover imparare come non farsi stuprare

Resta solo da chiedersi: come ci si può tutelare? In un modo solo, a lungo termine. Le pene detentive esemplari non sembrano essere mai state un deterrente allo stupro, nella storia dell’umanità. Per cui vale sempre di più la teoria secondo cui bisogna lavorando nel profondo per cambiare la mentalità collettiva, e cancellare piano piano la cultura dello stupro. I social network, i gruppi segreti di Facebook oggi sono un focolaio di occasioni per riunirsi e fomentare a vicenda cattive intenzioni. Pare che i ragazzi di Sorrento mantenessero una chat in cui si sono vantati di aver fatto la festa a una “Milf” (Mother I’d Like To Fuck). Si deve mettere a tacere chi sui mezzi di comunicazione esprime commenti come quello del concorrente del reality. E bisogna invertire completamente la rotta: non sono le ragazze a dover imparare come non farsi stuprare, non sono le ragazze a dover accendere assicurazioni per tutelarsi dai danni dello stupro, non sono le ragazze a dover inventare cannucce speciali che segnalano se nel drink sono stati versati del Rohypnol o dell’MDMA, le più comuni droghe dello stupro, non sono le ragazze a non dover indossare minigonne. Serve una branca tutta nuova dell’educazione civica per insegnare ai ragazzi, sin dalla tenera età, che non devono stuprare nessuna ragazza, nemmeno se sta camminando nuda e ubriaca di notte su una strada. In quel caso invece va coperta e soccorsa. E bisogna spiegare agli adulti che no, insegnare a un figlio che una donna non va molestata – mai - non è un rischio di devirilizzarlo. Un’impresa ardua: quasi quanto far capire a quei veterinari obiettori, quelli che accettano di sterilizzare le gatte ma non i gatti maschi, che identificarsi in un felino domestico e rivendicare il suo diritto alla sessualità è involontariamente comico.