Hai qualche migliaio di follower? Ti senti forte e competente in un campo, hai delle passioni virali? Bene, allora oggi puoi metterti alla prova tentando la strada professionale del micro influencer. Ovvero uno che potrebbe essere pagato da marchi importanti per stare su Instagram e condividere foto, emozioni, belle parole. Se il problema è che non sai come cominciare a organizzarti in modo professionale, ecco le dritte di Gianluca Bernardi, 27 anni, laureato in statistica, CEO e founder di Virality, una startup dedicata a micro e macro influencer che è appena entrata nella piattaforma di innovazione Gellify.

D. Spiegaci, con parole semplicissime chi e che cosa sono i "micro-influencer".

R. Ci sono opinioni differenti, c’è chi dice che sono utenti con un numero di follower che va da 2mila a 100mila. Altri pensano che un influencer per quanto micro non possa averne meno di 100 mila.

Per la nostra piattaforma, Virality, sono tutti gli utenti di Instagram che hanno tra i 5mila e i 500mila follower. Persone che hanno acquisito la maggior parte del loro seguito tramite post virali e in modo legittimo rispetto alle linee guida del social. Credo molto al concetto di micro influencer, chi può essere più influente di qualcuno che è simile a te e che ha saputo conquistarsi la fiducia di un pubblico in modo naturale?

Non è mica semplice smascherare chi ha seguito la regola dei "trucchi da quattro soldi" come direbbe Raymond Carver...

In realtà io lavoro anche per questo, la nostra piattaforma lancerà nei prossimi mesi degli algoritmi per individuare nella nostra base di utenti il pubblico non naturale e depurare la nostra rete.

Che cosa vuol dire applicare l’intelligenza artificiale a un gruppo di influencer?

Vuol dire avere un'app che permette all'utente di loggarsi e di ottenere informazioni esclusive sul proprio account così da riuscire fin da subito a ottimizzare l’utilizzo di Instagram in modo professionale. Successivamente, i brand selezioneranno direttamente dagli iscritti, circa 5mila a oggi, gli influencer ideali per le proprie campagne. Virality è basata su algoritmi di intelligenza artificiale che servono alle aziende per fare la scelta migliore nel paniere degli influencer. La fase più delicata per un'azienda è proprio quella di trovare le persone realmente in target con la nicchia di mercato nella quale opera. E soprattutto le persone che rispettino le regole che definiscono la qualità dei post.

Quindi mettiamo che io abbia 20 anni e sia un appassionato di foto e di outdoor, che cosa succede quando mi iscrivo?

Per te comincia il lavoro duro, nulla è regalato. Ma l'app offre una bella cassetta degli attrezzi per migliorare la tua esperienza su Instagram, con statistiche e suggerimenti per raggiungere l’obiettivo di essere influente. È auspicabile che si comunichi con altri influencer amanti dell'outdoor per essere più efficaci. E poi potrai partecipare ai contest e guadagnare grazie alle campagne di Influencer Marketing.

Quali sono gli ambiti in cui funzionano meglio i micro-influencer?

Food, fashion e luxury. Certo, ci sarebbe anche il settore "lifestyle", ma non puoi immaginare quanto sia difficile capire il vero significato di questa parola, ormai per chiunque faccia qualcosa di particolare si classifica quel momento come #lifestyle.

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Photo Courtesy Gellify/Virality
L’app di Virality

È più facile diventare influencer dal nulla o si deve fare qualcosa di eclatante, o essere già dei vip?

Influencer sono per noi quelli diventati tali solo con le proprie forze e i propri contenuti. Non è difficile, basta avere un piano ed essere coerenti con se stessi. Se ti dicessi che devi pubblicare 11 stories al giorno lo faresti?

No.

Infatti, nessuno ha 11 stories al giorno da raccontare...

Qual è davvero la differenza tra micro influencer e celebrity su Instagram?

Celebrity è colui che è diventato influencer grazie al proprio seguito creato da canali tradizionali, come la tv.

Dice Peter Thiel, il fondatore di PayPal, che una startup deve migliorare notevolmente qualcosa che già esiste. Come si fa a “migliorare“ Instagram? Non avrete questa presunzione?

Non abbiamo la presunzione di migliorare Instagram, abbiamo solo la volontà di migliorane l’esperienza sia per gli utenti che per le aziende. Possiamo aiutare a comprendere le proprie potenzialità e a interpretare al meglio quello che è sotto il naso di tutti ma ancora non completamente esplorato.

Non è Instagram il punto, qui si sta parlando di persone vere che utilizzano un mezzo per raggiungere un grande quantitativo di altre persone, altrettanto vere, e veicolano un messaggio, così come è sempre stato. Instagram è un mezzo e oggi ci sono strumenti per utilizzarlo al meglio.

Per me micro influencer qual è il guadagno?

Bisogna valutare l’importanza relativa di ogni influencer per ogni singola campagna, in modo dinamico. Applichiamo quello che si dice il modello di revenue share, cioè dividiamo il budget della campagna in modo proporzionale a questa “importanza relativa” cioè l’apporto in termini di “viralità” con gli influencer partecipanti alle nostre campagne. Sicuramente nel prossimo futuro attiveremo anche altre modalità che permetteranno agli influencer di guadagnare mettendosi ancora di più in gioco.

Una persona che fa brutte foto può sperare nell’intelligenza artificiale?

Virality è un ecosistema all’interno del quale aziende e utenti trovano supporto per migliorare la propria esperienza su Instagram.

Da qui ad avere un algoritmo per far sì che che non esistano brutte foto il passo è breve. Comunque la creatività umana sarà sempre il punto fondamentale di ogni contenuto creato dalle persone, perché i robot non sanno essere creativi.

Come si declina il concetto di “mettersi in gioco” su Instagram?

Mettersi in gioco vuol dire essere se stessi e metterci la faccia. So che non è facile, abbiamo rilevato che nelle foto con i titolari del profilo come per esempio selfie o ritratti, l’engagement della community è più del doppio rispetto a uno scatto normale.

Quali sono secondo te i micro influencer da imitare

Non penso che si debba imitare, ma piuttosto trovare una propria identità.

Ad ogni modo c'è un algoritmo anche per questo. Siamo in grado suggerire il contenuto da creare in funzione di ciò che sta andando bene all’interno della propria nicchia di mercato. Individuiamo la variabile che ha fatto funzionare la foto, che ne ha potenzialmente innescato viralità e suggeriamo una linea da seguire. Sono tendenze dalla durata variabile, bisogna cogliere il momento topico. Per esempio c'è stato il momento degli smoothies, tutti nell'ambito food postavano bicchieroni di bevande colorate, poi l'immagine ha saturato la nostra attenzione e il trend è finito. Oppure ci può essere lo spunto dell'attualità. Immaginiamo che si parli delle sfilate di Alessandro Michele per Gucci con i modelli con la testa sottobraccio. La viralità di quell'immagine sta nell'essere condivisa indistintamente da chi elogia, chi critica, chi ridicolizza, chi avvisa altri di una sfilata shock.

Analisi delle foto: come devono essere le immagini da condividere?

Ci sono alcuni punti che sarebbe meglio rispettare, come: alta definizione, metterci la faccia, essere naturali ( i contenuti dichiaratamente “pubblicitari” non funzionano), usare colori vividi e accesi, essere costanti nella pubblicazione di contenuti in linea l’uno con l’altro o per contesto o per un codice colore. Quando si costruisce un piano editoriale bisogna scendere a patti tra quello che piace a noi e quello che può interessare tutti.

Un ragionamento giornalistico...

Sì, in fondo si sta comunicando a tutti, non solo a quattro amici.

Analisi delle dida, che cosa bisogna scrivere?

Tieni fede alla tua personalità, questo è il mio consiglio. Stiamo parlando un social veloce, dove gli utenti passano ore e ore al giorno, ma dove i numeri non sono dalla dalla parte di chi pubblica.

Ogni giorno chi utilizza Instagram è bombardato da informazioni e foto quindi ha senso pensare che ogni messaggio sia veloce.

Si dice che un utente metta like alla foto e commenti la dida, quindi l’importante è essere coerenti con quello che si pubblica. Spesso puoi vedere la foto di un flamingo gonfiabile in piscina e una dida con citazione di Charles Baudelaire. Che senso ha?

Che cosa si scopre studiando bene gli #?

Che per esempio non si sa come usare #lifestyle... ahahah. A parte gli scherzi gli # non sono altro che una scorciatoia per concetti più ampi. Li utilizziamo per classificare e creare gruppi di influencer, insieme alle parole che scrivono all’interno dei post. Questo facilita le aziende in fase di scelta e attivazione di campagne di Influencer Marketing.

Oltre la moda, quali sono i nuovi territori di conquista per aspiranti micro influencer? Politica? Pensiero? Psicologia?

Qui c’è il tema dei thinkfluencer che è interessante. I social sono un modo per arrivare a un grande numero di persone in un brevissimo lasso di tempo. Questo può sicuramente ingaggiare tutti quelli che vogliono condividere il proprio pensiero e il proprio stile di vita se in qualche modo è così brillante da stimolare imitazione o aspirazione.

Quali ambiti sono da evitare?

Non ci sono ambiti da evitare. Si tratta soltanto di tatto e di coscienza. Per il resto sarà Instagram stessa a dirti che cosa evitare, nel 2018 ha rinforzato moltissimo tutti gli algoritmi che individuano e limitano i contenuti a rischio.

Che cosa è volgare e che cosa no, nel posting?

La volgarità sta nel contesto. Questo social è definibile come “open”, ovvero sta nella nostra coscienza creare contenuti ad hoc che siano coerenti con la percezione di cosa piace o offende il pubblico in un dato momento. Noi usiamo diversi algoritmi proprietari che intervengono per segnalare tutti i post che non siano il linea con le guide line della singola campagna di ogni brand.