Ha segnato più di un decennio di ONU con il suo sguardo attento, i capelli bianchi, l’espressione che ricordava quella sorniona di Morgan Freeman. Kofi Annan è morto e con lui se ne va una figura unica e grandiosa della diplomazia internazionale, il primo segretario nero dell’ONU, il primo e finora unico ad essere riconfermato per due mandati di fila in barba (bianca) alla rotazione imposta ai rappresentanti gli stati membri. È morto a 80 anni Kofi Annan. Una breve malattia e gli ultimi giorni con la moglie svedese Nane e i tre figli (Ama e Kojo avuti dal precedente matrimonio con la prima moglie Titi Alakija, e la figlia di Nane) in quella Svizzera dove si era trasferito dopo aver concluso il suo lavoro diplomatico e dove aveva sede la sua Kofi Annan Foundation, con cui continuava a lavorare incessantemente per la pace.

Kofi Annan Nobel per la Pace, d’altronde, lo è stato: nel 2001 ritirò il prestigioso riconoscimento in rappresentanza proprio di quella ONU che ha contribuito a guidare per 10 anni. Aveva preso il posto dell’egiziano Boutros Boutros-Ghali, riconfermando il continente africano alla guida della più importante organizzazione sovranazionale. Ma nell’ottica delle differenze incredibili che attraversano la gigantesca Africa, la formazione di Kofi Annan era stata ben diversa. Era nato nel 1938 a Kumasi in Ghana, quando il paese africano era ancora una colonia inglese, e si era diplomò nel 1957, stesso anno in cui il suo paese aveva ottenuto l’indipendenza, per poi proseguire gli studi in economia e ricevere anche una borsa di studio che lo portò negli Stati Uniti, poi in Svizzera, e di nuovo negli States per un master al MIT. Nel 1962 entrò nell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dando di fatto il via alla sua carriera nelle grandi istituzioni diplomatiche, anche se l’ingresso ufficiale alle Nazioni Unite è nei primi anni 70.

E nell’ONU, alla cui guida fu eletto nel dicembre 1996, Kofi Annan ha dato fondo al proprio incessante lavoro sui diritti civili, sulla pace, sulla sicurezza, che ha riguardato anche riforme interne e strutturali all’organizzazione. Non tutte sono andate a buon fine. Erano gli anni più complessi post crollo del Muro di Berlino e dissoluzione dell’URSS, gli anni dopo la tremenda guerra in ex Yugoslavia, gli anni dell’Africa post coloniale e delle guerre civili che insanguinano la fascia centrale del continente. Sono le conseguenze della fine di quel secolo breve, come lo definì Eric Hobsbawm, e toccano tutte a lui come diplomatico per eccellenza. E il ruolo di Kofi Annan diventa ancora più cruciale, oltre che pubblico. Supera anche lo scandalo Oil-for-food che coinvolge il figlio Kojo in finanziamenti illeciti nel 2004, e dopo la fine della sua direzione dell’ONU (il successore fu Ban Ki-Moon) Kofi Annan continua il suo lavoro nelle relazioni internazionali. All’inizio della guerra civile siriana nel 2012 viene nominato inviato speciale, ma la negoziazione di cui è a capo non riesce a stabilire un accordo tra il regime siriano e i ribelli. Nel 2016 il suo nome torna alla ribalta per l'impegno istituzionale nella crisi migratoria dei Rohingya in Myanmar.

Kofi Annan si era interessato negli ultimi tempi anche a temi più ampi, come il riscaldamento globale e lo sviluppo equo e sostenibile dell’Africa. Kofi Annan frasi simbolo, riassunte perfettamente in un discorso pronunciato nel 2014 al vertice One Young World di Dublino nel 2014: “Non dobbiamo aspettare per agire, l'azione deve essere ora. Incontreremo persone che pensano che dovremmo iniziare domani. Per coloro che credono che l'azione debba iniziare domani, bisogna ricordare loro che domani inizia ora, domani inizia oggi”.