Al via Venezia ’75, il Festival dei bei film, dei tanti attori e registi internazionali – da Alfonso Cuarón con il suo Roma a Damien Chazelle con Il primo uomo (film di apertura che il trentatreenne regista statunitense dedica all’astronauta Neil Armstrong facendolo interpretare da Ryan Gosling, ricreando, così, la stessa squadra di La La Land), da Mike Leigh con Peterloo - dedicato a uno dei più sanguinosi episodi della storia britannica - a Julian Schnabel con An Eternity’s Gate - sugli ultimi, tormentati anni di Van Gogh (a vestirne i panni è Willem Dafoe) - fino a Zhang Yimou (autore di capolavori, Lanterne Rosse su tutti, vincitore del Leone d’oro, al Lido con Shadow) e ai fratelli Coen - che non deludono mai e che, stando ai bene informati, non lo faranno neanche stavolta con il western The Ballad of Buster Scruggs.

Tutto perfetto, dunque, stando al programma, ai film - alcuni dei quali usciranno anche in streaming (ben cinque sono del colosso Netflix, tra cui l’italiano Sulla mia pelle sul caso Cucchi con uno straordinario Alessandro Borghi) – e alle super star attese sul red carpet, ma – come spesso accade – quando qualcosa è troppo bella o funziona bene, c’è sempre qualcuno che vuole “rovinare la festa”.

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FILIPPO MONTEFORTE//Getty Images
Alessandro Borghi

Per questa edizione ci hanno pensato gli americani che hanno accusato la Mostra del Cinema di Venezia e il suo direttore Alberto Barbera di “rispecchiare la cultura di maschilismo tossico dell’Italia”, come si legge nel lungo articolo pubblicato sul The Hollywood Reporter. Il motivo di questo “tossico maschilismo” sta nell’aver scelto una sola regista donna in competizione: l’australiana Jennifer Kent con The Nightigale, una storia di vendetta nella Tasmania dell’Ottocento. Ariston Anderson e Scott Roxborough, i due autori del pezzo, accusano gli organizzatori del Festival – Barbera e il presidente Paolo Baratta in primis – di essere incapaci “di premiare il talento femminile”. Citano una lettera che rivendica la parità di genere che le rappresentanti di diversi network europei femminili hanno inviato proprio al presidente della Biennale, un j’accuse collettivo in cui si fa notare che per il secondo anno consecutivo, nel carnet della competizione cinefila, c’è una sola donna tra i ventuno artisti in corsa per il Leone d’Oro. Una scelta che, sempre secondo la testata americana, sarebbe una “conseguenza naturale del vecchio modo di pensare italiano che si è testardamente rifiutato di cambiare con i tempi”. Insomma, uno dei grandi classici cliché con cui noi italiani siamo conosciuti nel mondo assieme alla pizza, agli spaghetti, al mandolino e alla parola “mafia”, soprattutto in terra Trumpiana, dove ogni cosa, anche se non veritiera, si impone dettando legge. È accaduto anche in questo caso, visto che viene citato “il limitato impatto reale” che avrebbe la Mostra del Cinema di Venezia in un Paese come l’Italia dove – tra l’altro – il movimento femminista #MeToo non ha avuto lo stesso successo come negli Usa, ora ancora più indebolito viste le recenti e presunte accuse di molestie mosse contro Asia Argento, una delle sue principali portavoce.

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Ernesto Ruscio//Getty Images
Damien Chazelle

“Secondo Hollywood Reporter sarei un rappresentante della cultura italica condita di maschilismo tossico, perché ignoro il talento femminile avendo scelto per #Venezia75 film di registi uomini in base al nome e non alla loro qualità», ha spiegato Barbera in un tweet, “Non so se ridere o piangere”, aggiunge il direttore che quest’anno più che mai ha puntato sulla qualità dei film più che sul gender di un regista o un attore. “Non capisco il senso di questa polemica, la trovo ridicola”, ci spiega Natalia Aspesi, storica femminista prima che giornalista, come ama definirsi lei. “Non voglio più sentir parlare di donne in questo modo e se anche facessero delle quote rosa nel cinema, bisogna fare attenzione perché anche noi donne possiamo fare dei film mostruosi”. “Invece che fare polemiche, penserei ai film e al far sì che siano belli, punto”. Niente maschilismo, dunque, alla Mostra del Cinema di Venezia che inizierà questa sera con la proiezione ufficiale di First Man e una grande festa sulla spiaggia dell’Hotel Excelsior. "Non aspettatevi dichiarazioni politiche choc perché qui si celebra il cinema”, ci ribadisce l’attore Michele Riondino, scelto come “madrino” della kermesse. “La polemica dell’Hollywood Reporter – aggiunge - crea più problemi di quelli che può risolvere; ha risposto bene Baratta che c'è statisticamente una percentuale inferiore di registe donne. Io sono contrario alle quote rosa, sarebbe sbagliato scegliere, come non scegliere, un film solo perché diretto da una donna". Nel frattempo, a parlare ci pensano i film, come già ribadito che hanno sulle interpreti tante donne, molte delle quali attesissime qui al Lido, da Lady Gaga a Natalie Portman, da Dakota Johnson a Tilda Swinton, Salma Hayek e Vanessa Redgrave che riceverà il Leone d’Oro alla carriera. Insomma, giusto per replicare, uno sterile Much Ado About Nothing che – speriamo – si fermi qui.