Un’atmosfera caraibica da coca e rum, volume a manetta, una musica che riesce a portarti lontano, molto lontano da qui. Sono le sensazioni miste della patchanka, genere musicale ibrido che mescola dal punk al latino, e che si ritrova perfettamente in Il Capitano, primo singolo estratto dall’album La Confessione dei Portugnol Connection.

Il gruppo nasce nel “2327, anno di invenzione della prima macchina per viaggi temporali” così è scritto nella loro biografia, tanto per dare un'idea della cifra futurista. I sei componenti (il Presidente, il Turco, il Ministro, Euskal, Bebeto, Chicca) più un resident (Sensei), hanno uno stile steam punk dentro e fuori dalle canzoni: gilet senza camicia, gonne di volant e pizzo, altissimi cilindri e occhiali da aviatore.

I Portugnol Connection esplorano i generi musicali in tutta la loro ampiezza, sperimentando continuamente e si autodefiniscono «un cargo mestizo di stili che va dal reggae allo ska passando dal punk/rock al latin e al jazz». Tutto questo si ritrova nell'ultimo album La Confessione. Se il disco precedente, Dans la Rue, era un viaggio nel mondo on the road, La Confessione è un'esplorazione interiore, nel vissuto e nelle debolezze.

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Sul palco insieme ai Portugnol Connection una serie di amici e collaboratori hanno reso l’album qualcosa di diverso dallo stile classico della band. La loro arte si esprime al meglio con la forza del live, vantano infatti una lunghissima esperienza in locali di tutta Italia, da Milano (Carroponte, Magnolia, Alkatraz, Circolo Ohibò) al Salento (Notte Bianca di Leuca, Cotriero di Gallipoli).

La loro è una storia di gavetta, come raccontano nella biografia: «Le major sono irraggiungibili, le etichette indipendenti non li considerano, i festival e i locali per suonare vanno conquistati a poco a poco, col sudore. Si rendono conto che dovranno iniziare dal basso, con fatica e sacrificio, portando il loro messaggio nascosto in codici matematici e messaggi subliminali all'interno delle loro canzoni, di luogo in luogo» con la missione finale di salvare il mondo.

Forse per salvare il Pianeta occorre ancora un po’ di tempo alla band, ma all’umore di chi li ascolta fanno qualcosa. Il Capitano proietta in un’atmosfera onirica e piratesca. Il drumming è la spina dorsale del brano; il basso, con grande maestria, si mantiene costante sulla cassa; la chitarra elettrica dà il mood del pezzo alternando riff a veri e propri stacchi fatti di pura carica. Sul finale una tromba tinteggia di caraibico la traccia. La voce alterna momenti solisti all’impasto tra voce maschile e femminile.
L’effetto finale è quello di un viaggio adrenalinico.