È stato uno dei temi più caldi di una caldissima fine estate: il ddl Pillon, il disegno di legge che ha fatto scatenare le associazioni contro la violenza su donne e minori perché renderebbe le separazioni più difficili e dolorose, e la vita più complicata al coniuge più debole, subirà una battuta d’arresto proprio a causa delle proteste e della petizione da 75mila firme raccolte da DiRe Donne in Rete Contro la Violenza, l’associazione italiana di centri antiviolenza non istituzionali gestiti da associazioni di donne. “Sì, è vero, questo dimostra quanto sia utile fare fronte comune contro questo orrore. E poi è venuto fuori anche il conflitto d’interesse”, commenta la senatrice Daniela Sbrollini, una delle politiche che si sono opposte al disegno di legge, riferendosi alla figura del mediatore familiare obbligatorio, che è il mestiere del senatore Pillon. “Credo abbia prevalso il buon senso: quel disegno di legge prende le mosse da problemi veri che riguardano le condizioni economiche dei padri separati, l’equità dei mantenimenti e la possibilità per entrambi i genitori di contribuire in maniera paritaria alla crescita ed educazione dei figli”, commenta anche l’on. Alessia Morani, “la soluzione proposta però è sbagliata poiché mette al centro i bisogni dei genitori e tratta i bimbi come merci da dividere”. Ma perché questa legge ha suscitato tanto scalpore? “Perché l'interesse e il benessere dei bambini viene subordinato al supposto diritto dei genitori alla bi-genitorialità, in un modo automatico che non tiene contro di ciascuna specifica situazione e trasforma i bambini in pacchi che vanno da una casa all'altra", spiega Valeria Borgese, ex dirigente di servizio sociale e fino a pochi mesi fa responsabile della Rete antiviolenza Artemide, della Provincia di Monza e Brianza. “Le donne, che in molti casi fanno già fatica ad ottenere il contributo economico dei padri per il mantenimento dei figli, e sono il soggetto più debole economicamente, con questa legge non avrebbero più strumenti, e questo andrebbe a svantaggio sia delle donne che dei figli. Nei servizi sociali arrivano tanti casi di donne che chiedono un supporto perché non riescono a mantenere la famiglia a causa del mancato pagamento degli alimenti; molti di meno sono invece i casi di padri in difficoltà economica".

E poi c’è la famigerata Pas, la sindrome da alienazione genitoriale, che uno dei genitori – detto in breve – metterebbe in atto sui figli come una forma di plagio per fagli respingere l’altro genitore durante le separazioni. Una faccenda controversa che la Società Italiana di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza cita fra le possibili forme di abuso psicologico, mentre la Società Italiana di Psichiatria la definisce priva di presupposti clinici, di validità e di affidabilità. “Il ddl prevede di allontanare i figli che non vogliono vedere un genitore - in genere il padre - dalle madri in via automatica” spiega ancora Valeria Borgese, “perché sarebbe conseguenza di alienazione famigliare: ma nell'esperienza dei servizi sociali, se un bambino non vuole vedere un padre è quasi sempre perché è stato maltrattato da lui o lo ha visto picchiare la madre. Spesso i mariti violenti minacciano le donne che se denunciano o vanno via, finiscono in mezzo a una strada, che gli faranno togliere i figli, e per questo molte donne esitano. Con questa legge potrebbero farlo davvero e nessuna donna denuncerebbe più la violenza”.

“Sì, che il ddl sia fermo è vero, c’è una serie di concause tra cui l’alzata di scudi massiccia in Commissione Giustizia, di cui faccio parte”, spiega infine a MarieClaire.it la senatrice Pd Monica Cirinnà, famosa per la sua legge sulle Unioni Civili, e che per il disegno di legge Pillon aveva minacciato di fare le barricate in Commissione Giustizia. “Protestare serve e ne abbiamo avuto la prova: abbiamo fatto anche una conferenza stampa in Senato con tutte le associazioni, tra cui moltissime non certo legate ai partiti di opposizione del governo, come Telefono Rosa, e abbiamo ribadito che se è vero che ci sono dei padri in difficoltà dopo i divorzi, questo disegno non funziona e non va emendato, va solo rigettato”. Secondo la senatrice, la reazione ha fatto tremare i polsi a molti membri di partiti, soprattutto nel Movimento 5 Stelle, che non se la sono sentita di schierarsi con decisione col senatore leghista. E una fonte di Palazzo Madama riferisce che lo stesso Senatore Pillon si è lamentato che, secondo le sue previsioni, la legge non farà più un passo almeno fino a Pasqua. “Ha ragione”, conferma Monica Cirinnà, “ci sono talmente tante audizioni per molte leggi, tra cui la Legittima Difesa, e poi la Legge di Bilancio, che a nessuno verrà in mente di anteporre a tutto questo ddl. Non c’è posto nel calendario, e quando sarà il momento, il ddl Pillon stesso sarà oggetto di 27 audizioni”. Per ora si può pensare ad altro.