I Dirotta su Cuba furono, tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta, un vero fenomeno musicale. La Band capitanata da Simona Bencini, Stefano De Donato e Rossano Gentili rappresentò col suo groove una rivoluzione in quel periodo storico. All'inizio degli anni Duemila, dopo un silenzio durato parecchi anni, sono tornati con un nuovo disco Studio Session Vol.1, dalla carica emotiva incontenibile.
All'anima del revival abbiamo incontrato Simona e Stefano per fare quattro chiacchiere (anche molto personali).

Dopo tanti anni di esperienza, cosa ne pensate del panorama musicale di oggi?

Simona: La musica è una forma di espressione che può portare le persone a fare ciò che più preferiscono. Questa possibilità ad oggi è amplificata grazie alla rete, che consente di farsi conoscere al grande pubblico. Però, non dimentichiamolo, le cose iniziano a cambiare quando la musica deve diventare un mestiere.
Stefano: Noi, nel bene e nel male, abbiamo sempre suonato con una certa libertà, quella che non è consentita quando si deve rendere conto ad una produzione importante, e questo si è riflesso nelle vicissitudini del nostro percorso. In più, rispetto a quando abbiamo iniziato, oggi le cose sono ancora più complicate.

A proposito del fare la musica che si vuole, come vi vedete ad oggi in un paese come l'Italia, con la vostra proposta fatta di funky, groove ed energia?

Simona: Se già non fu semplice tra la fine degli anni Ottanta e Novanta, oggi non ci troviamo sicuramente la strada spianata. Certo è che con qualche annetto in più d'esperienza abbiamo anche raggiunto una consapevolezza che allora non avevamo e ciò ci consente di poterci proporre in una maniera diversa rispetto ai tempi di Gelosia
Stefano: Dobbiamo anche ricordare che, in pratica, noi non abbiamo una vera concorrenza perché nel nostro paese un progetto come i Dirotta Su Cuba non esiste ed è per questo, forse, che possiamo permetterci un certo tipo di proposta senza troppi problemi

Avete iniziato nel 1989, il vostro percorso vi ha portato fino ai vertici del panorama musicale italiano e ancora oggi i vostri live parlano di musicisti che danno l'anima. Vi divertite ancora così tanto?

Simona: Ma direi di sì e anzi, forse l'energia riscoperta oggi è superiore proprio perché abbiamo un vissuto alle spalle che ci fa apprezzare quello che facciamo e un riscontro incredibile da chi ci segue
Stefano: Fondamentalmente è proprio la voglia di suonare dal vivo che ci permette, nonostante gli anni scritti sulla carta d'identità, di affrontare viaggi e date in giro per lo stivale con un'allegria e una voglia di condividere che, forse, nemmeno ai tempi avevamo!
Simona: È fondamentale anche il feeling con i ragazzi con cui condividiamo questo progetto perché lo stare bene assieme in studio, in viaggio e sul palco è una componente essenziale

La vostra storia ci racconta di un'ascesa incredibile dal 1994, con l'uscita di Gelosia, fino a E' andata così, canzone portata sul palco dell'Ariston, poi una sorta di blackout e, dal 2009, una reunion che ha sancito quasi una rinascita. Cosa ha fatto sì che il ritrovarsi sia stato tanto efficace?

Simona: Sai le dinamiche che stanno dietro alla vita di una band non sono sempre semplici da gestire e noi siamo arrivati ad un livello dove la pressione di contratti davvero troppo impegnativi ci aveva logorato, soprattutto nei rapporti interpersonali. Siamo arrivati, diciamolo pure, ai ferri corti e per tanti anni non ci siamo proprio parlati. Poi scatta qualcosa, poi ci si ritrova attorno a un tavolino e si capisce che ciò che si è fatto non era da buttare. Soprattutto abbiamo avuto la capacità di fare tabula rasa di ogni contrasto passato per ricominciare anche meglio di prima

Stefano: Diciamo pure che, ai tempi, chi ha fatto scoppiare il palloncino sono stato io e che, senza scendere troppo nei particolari, questo atteggiamento compromise il percorso della band. Pensa che per 8 anni ho completamente smesso di suonare il basso perché convinto di non esser capace. E poi, che posso dire, mi sono fatto un esame di coscienza. Sono andato a ripescare tutti gli interpreti di quel momento complicato per chiarire con loro e per dire: Ok siamo qui, che si fa? Ci riproviamo?
Ed eccoci qui, i risultati di quelle situazioni sono oggi sotto gli occhi di tutti

Voglia di suonare, voglia di condividere quest'esperienza e, soprattutto, voglia di vivere la musica in modo un po' diverso rispetto al mondo dei grandissimi nomi?

Simona: Per me il live è (ed è sempre stato) una parte fondamentale del lavoro. Una terapia. Lì mi trasformo, divento un vulcano, una trascinatrice di popoli, come mi chiamano i miei fans. È lì che l'energia dei Dirotta si esprime a pieno, cosa che nei dischi non riusciamo a trasmettere con la stessa forza. Io che nella vita privata sono più malinconica e tranquilla, nel live mi rigenero. Faccio il pieno di energia positiva e poi la spalmo sulla famiglia quando torno a casa. È così che i Dirotta sono nati e così siamo ripartiti nel 2012. I nostri live mi mancavano moltissimo, perché esibirmi da solista non era la stessa cosa. L'attività live ci ha permesso di ricompattarci umanamente e continua a tener legati i nostri appassionati, pur non essendo più in voga come un tempo. Diciamo che i concerti sono alla base della nostra attività, sono la nostra benzina. Quando si fa ciò che si ama tutta la giornata cambia colore

Stefano: A me mancava il palco con questa band, avevo bisogno di imbracciare il mio basso e dovevo tornare a fare quella musica lì, quella musica che ti entra nelle ossa e della quale non si può fare a meno. Insomma, giriamola come vogliamo (sghignazza) certe cose, nonostante gli anni avanzino, sono una sorta di droga della quale non si può più fare a meno

Il vostro ultimo disco Studio Session Vol.1 presenta, oltre a qualche inedito, una rivisitazione del vostro primo disco. Questo lavoro è stato talmente apprezzato che molti vostri colleghi hanno voluto prendere parte all'album, che effetto vi ha fatto?

Stefano: Questa è sicuramente una grande soddisfazione perché nomi come Mario Biondi che si mettono in gioco con noi dimostrano che, forse, la fatica che abbiamo sempre fatto per cercare di impacchettare canzoni di un certo livello viene poi riconosciuta
Simona: Non solo, le connotazioni di questo disco, pensato come se fosse un live, hanno anche messo in luce, soprattutto con gli inediti, che anche i nostri testi non sono poi così male, anzi!

Ecco, soffermiamoci anche sui vostri testi che, a mio avviso, non sono mica banali...

Simona: Sai che non hai tutti i torti? Cantare in italiano su un funky non è banale perché mettere assieme parole e frasi con un filo logico su ritmiche così incalzanti è qualcosa di talmente faticoso che difficilmente si può immaginare. Vero Stefano?
Stefano:
Oh sì, cercare di sistemare accenti, sillabe, testi funky utilizzando l'inglese è una cosa mentre con la nostra lingua, così ricca e complessa, ecco... diciamo che non è mai cosa banale. Tu pensa che quando si prospettò l'opportunità del festival, nel 1997, dovemmo approntare E' andata così. Ricordo che ci misi tantissimo a mettere assieme i pezzi di quel puzzle linguistico per poi permettere a Simona di dare il solito groove. Questo doveva essere in piena sintonia con gli arrangiamenti che, nonostante Sanremo, dovevano rimanere quelli dei Dirotta di sempre

A questo punto la domanda è scontata, visto che vi abbiamo beccato in studio di registrazione, a quando il prossimo disco?

Stefano: In teoria non ci dovrebbe volere molto
Simona: Ne sei sicuro? (sogghigna)
Stefano: Va beh diciamo che le nostre tempistiche, visto che siamo liberi da qualsivoglia vincolo burocratico, sono molto legate al tempo che abbiamo a disposizione. Simona ha, come me, una famiglia. Io faccio anche altre cose a livello musicale, quindi il disco dipende dalla nostra voglia di fare le cose per bene, ma vi assicuro che il tempo non sarà così lungo

Allora aspettiamo vostre notizie, ok?

Simona: Assolutamente sì e non dovrebbe mancare molto, ormai, per il nuovo singolo
Stefano: Oh sì, quello sì, e non mancheremo di farlo sapere a tutti!