È morto Bernardo Bertolucci, una lunga malattia ce lo ha portato via a 77 anni, un’età che ormai, viziati come siamo dalla longevità in aumento, ci sembra quasi prematura. Bernardo Bertolucci apparteneva a quella razza di registi che a prescindere dalle differenze di età che avevano si citano per antonomasia, da Luigi Comencini a Mario Monicelli. Ci ha regalato titoli di film che restano nel nostro lessico come tormentoni, come modi di dire, e che ora ci verrà una gran voglia di rivedere sul divano avvolti in una coperta, con una tazza di tisana calda, in una commemorazione solenne: Ultimo tango a Parigi, Novecento, L’ultimo imperatore, Il tè nel deserto, Piccolo Buddha, Io ballo da sola (con cui lanciò Liv Tyler), ma anche La tragedia di un uomo ridicolo con un imbattibile Ugo Tognazzi (che per questo film vinse il premio come miglior interprete maschile a Cannes, nel 1981), Il conformista, del 1970, con Stefania Sandrelli e Jean-Louis Trintingant tratto dal romanzo di Moravia.

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Bertolucci, Marlon Brando e Maria Schneider sul set di Ultimo Tango a Parigi.

Come si dice in questi casi, però Bertolucci era anche molto di più. Sceneggiatore, produttore, figlio del poeta Attilio Bertolucci, poeta lui stesso, fratello di quel regista Giuseppe che contribuì alla fama di Roberto Benigni dirigendolo in Berlinguer ti voglio bene, nel 1977. Aveva iniziato la sua carriera come assistente di Pier Paolo Pasolini, autore anche del suo primo film La commare secca. Il successo vero arrivò con lo scandalo di Ultimo tango a Parigi, nel 1972, i cui echi non si sono ancora placati. Uno dei suoi ultimi film, The Dreamers - I sognatori, del 2003, con i giovanissimi Eva Green, Louis Garrel e Michael Pitt, era così incredibilmente ben collocato nell'immaginario di tempi che, nel senso generazionale, non avrebbero dovuto appartenergli più, da dimostrare che forse avrebbe potuto darci ancora molto. Ma purtroppo non sarà così. Il suo ultimo film, infatti, è Io e te, tratto dal romanzo di Niccolò Ammaniti, e solo una gran fame di novità può aver permesso a un regista non più giovanissimo (il film è del 2012) di affrontare ancora il tema della giovinezza e di tutti i suoi effetti collaterali, consacrando Tea Falco.

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Bertolucci sul set de L’ultimo Imperatore

Bertolucci era nato a Parma, il 16 marzo 1941 in una casa a pochi passi da quella di Giuseppe Verdi. Cresciuto in campagna, si scopre spontaneamente appassionato di cinema e si fa prestare una cinepresa con cui a 16 anni comincia a girare dei semplici cortometraggi. Ma quando la famiglia si trasferisce a Roma, dimentica momentaneamente le velleità da cineasta e si iscrive alla Facoltà di Lettere per seguire le orme del padre poeta. Le riscoprirà grazie al vicino di casa, Pasolini. Per seguire lui, che lo accetterà come assistente per le riprese di Accattone, lascia l’università e fa del cinema la sua ragione di vita.

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Con Keanu Reeves sul set di Il piccolo Buddha

Dopo aver girato il primo film, La commare secca, subisce un po’ di boicottaggio da parte del mondo del cinema perché accusato di essere schizzato subito ai massimi livelli senza troppa gavetta. Bertolucci, poco più che ventenne, tira dritto e parteciperà alla sceneggiatura di C’era una volta il West, di Sergio Leone, girerà La strategia del ragno, iniziando la collaborazione con Vittorio Storaro, si guadagna una nomination all’Oscar con Il conformista. È un treno inarrestabile. Nel 72 la condanna di Ultimo tango a Parigi e il ritiro dalle sale non fanno altro che renderlo ancora più famoso. Con il kolossal L'ultimo imperatore affascina il pubblico e l'Academy e vince 9 Oscar, nel 1987.

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Con Liv Tyler, protagonista di Io ballo da sola


Bertolucci ha avuto tre mogli, l’attrice Adriana Asti, Maria Paola Maino e infine la sceneggiatrice e regista Clare People. Ma non ha avuto figli: “Sì, eravamo talmente figli, lo eravamo stati tanto a lungo, che è stato impossibile, per tutti e due, riuscire ad accettare di diventare padri. Mio padre ci ha fatto sentire fin troppo sotto la cupola paterna", dichiarerà a Repubblica ricordando il fratello minore, Giuseppe, scomparso nel 2012. E come riporta il volume Registi d’Italia quando gli chiedevano se credeva in Dio rispondeva: «No, sono ateo, grazie a Dio. Come diceva Buñuel». Banale dire che ci mancherà?