La signora si fa chiamare Claire e sostiene di conoscere alcune verità sugli uomini. Su come sono, su come dovrebbero essere, soprattutto su come potrebbero cambiare. Caschetto biondo e trucco vistoso, la signora ha superato da un pezzo i 50 ma sa come farsi notare, e in Inghilterra infatti è una star. Vista in tivù sembra l’incrocio tra un’attempata Judy Garland e una Camilla Parker Bowles in technicolor. Ma da vicino, se non fosse per l’eloquio brillante, avrebbe piuttosto il piglio di un boscaiolo dell’Essex, terra che in effetti le ha dato i natali e dove per tutti era Grayson, quando ancora si presentava come un brillante giovanotto che nessuno avrebbe detto potesse conquistare un Turner Prize, poi un Bafta - equivalente inglese dell’Oscar - nel 2008 un posto nella lista del Telegraph delle 32 personalità più influenti della British culture, nel 2013 il titolo di Comandante dell’ordine dell’impero britannico.

Grayson Perry, questo il vero nome di Claire, è infatti un apprezzato artista - produce vasi in ceramica tanto speciali quanto sessualmente provocatori - nonché il più famoso crossdresser del Regno Unito. Che da poco ha pubblicato anche un libro, The Descent of Man, per fare il punto su di sé e sugli uomini, e rispondere a una semplice fondamentale domanda: come dovrebbero diventare i maschi per farci vivere finalmente in un mondo migliore?

La redenzione del maschio

Già dalla foto di copertina si intuisce il valore aggiunto dell’operazione: l'autore scrive tirando in ballo il suo alter-ego femmina. La frangetta bombata di Claire sospesa sopra la faccia perplessa di un Grayson in versione giacca e cravatta, senza trucco e senza maschera, può più di qualsiasi spiegazione. Ecco il maschio davanti ai suoi dubbi. La fragilità dei tempi esibita in prima pagina e raccontata come solo un crossgender poteva fare, con niente da camuffare. «Fin da giovanissimo ho sempre pensato che per chiunque si trovasse dotato di un pene la mascolinità in realtà fosse solo un optional. La gente pensa che il fatto di essere un travestito mi attribuisca una comprensione speciale del genere femminile. Ma sono palle. Se c’è qualcosa che ho, invece, è uno sguardo più acuto sull’uomo, perché da quando avevo dodici anni non ho fatto che interrogarmi sul significato di essere maschio».

Il risultato è che, almeno in Inghilterra - dove Perry, sposato con una psicoterapeuta e padre di una ragazza di 25 anni, è anche un opinion maker autore di format televisivi di successo - il dibattito su una possibile “redenzione” del maschio è un argomento all’ordine del giorno. E Claire - quella che in giacchino nero damascato e gonna a ruota accompagna Kate Middleton in visita pastorale per promuovere i valori dell’arte nelle scuole - la portavoce di un altro modo di pensare la sessualità. «Sono un maschio», esordisce Grayson in The Descent of Man «e ho imparato ad avere compassione di me stesso». Come, lo spiega lanciando un manifesto per i diritti degli uomini, da quello di essere vulnerabili e mostrare il lato debole, fino a quello di non doversi più vergognare di niente di tutto questo. Il valore chiave degli ex machi prossimi venturi, specifica, dovrà essere l’adattabilità. Se per gli spostamenti di tutti giorni non occorre possedere un’auto da corsa, dice Perry, allo stesso modo per affrontare la normalità della vita serve un’idea di virilità facile da parcheggiare, con un bagagliaio capace, posti per i bambini e consumi ridotti.

Cacciare, lottare, scopare

La replica, chiarissima, è arrivata dalle colonne del Times: in un impeto di entusiasmo, la femminista Caitlin Moran ha invitato a riflettere su quanto più eccitante sarebbe l’Inghilterra se solo Grayson potesse diventarne re e anche regina. Perché “il declino dell’uomo” non è semplicemente il titolo del libro di un artista che si interroga sui confini della propria identità, ma anche il segnale della crisi di un modello culturale. «I maschi inchiodati a certe aspettative di genere - essere quelli forti, essere quelli da cui tutto promana - in determinati contesti, e senza le giuste opportunità di darsi un ruolo, possono anche scivolare nel crimine». O, più banalmente, continuare a credere che virilità sia soprattutto cacciare, lottare, scopare. «Per molti giovani sentirsi uomini oggi è un po’ essere come quei guerrieri giapponesi che riemergevano dalla foresta ancora convinti di dover combattere, quando ormai la guerra era finita da un pezzo. Condizionati da un modello di cui nessuno sente più il bisogno». In altre parole, dinosauri rimasti intrappolati sulla sponda sbagliata della storia. Incapaci di capire l’autorità delle donne e l’importanza dei loro valori.

Femminilità e femminismo hanno davvero ottenuto cose che la virilità non è riuscita a raggiungere? Il femminismo si considera giunto alla sua quarta fase, il che significa che le donne si trovano molto avanti. A volte gli uomini si ostinano a considerare i problemi di genere come cose da femmine, ma devono recuperare, o presto dovranno constatare di essere irrilevanti; perché è l’essere maschi irrilevante, una caratteristica un tempo funzionale e ora poco più che decorativa.

Il modello negativo è quello che lei chiama l’Uomo Default: di chi si tratta? Di quello che finisce in posizioni di potere perché chi ce lo ha messo ha dato per scontato che quel posto spettasse a lui. In ogni ambito, i maschi devono capire che la loro visione del mondo non è per niente neutrale; anzi, è soggettiva come poche.

E le donne, non dovrebbero fare lo stesso? Be’, il femminismo ha svegliato la coscienza delle donne, così adesso gli uomini sono allo stremo, perché non si comportano, non pensano, non sentono come quelle vorrebbero. Il punto è che esiste un’intera gamma di modi di essere donna, cosa che non si può dire per noi; basta guardare i notiziari con l’ennesimo demente che perde la testa con un fucile in mano. Ne abbiamo avuto una sfilza di recente, e non puoi nemmeno dire che sia colpa dell’Isis, della religione o non so di che altro.

Sta dicendo che la virilità come la si è intesa fino a oggi avrebbe una qualche relazione con episodi del genere? Penso che il collegamento stia nel fatto che l’idea della virilità più comune dà agli uomini un modello di invulnerabilità emotiva totalmente illusorio.

Qual è invece un modello positivo? Barack Obama, il mio preferito. Perché ha calore, è divertente, ha lottato e quando lo osservi, con la sua famiglia o in mezzo alla gente, vedi benissimo che è un tipo emotivamente evoluto.

Perché le sembra così importante spiegare a tutti il significato dell’essere maschi? Il genere è la base della nostra identità e gli uomini sono causa di molta violenza; per questo bisogna parlarne. Ma per cambiare ci vorrà tempo, ci vorranno generazioni. Niente davvero muterà finché le condizioni economiche, culturali e sociali non lo permetteranno.

Che ruolo dà all’arte nel processo di cambiamento del maschio? Film, tivù, romanzi e musica sono mezzi anche più diretti dell’arte contemporanea. Che però è speciale perché lavora sotto traccia. Ti dà magari l’impressione di non aver assimilato nessuna idea in particolare, e poi d’improvviso scopri che invece l’hai fatta tua. È questa la cosa intelligente.

Lei si veste ancora da uomo? Non veramente. Tutti i miei abiti stanno diventando sempre più informali, anche solo con una camicia con il colletto mi sento sempre più a disagio; sì, mi fa sentire un po’ tipo omaccione. Poco a poco sto cancellando la mia mascolinità. Forse quando sarò davvero anziano mi sarò definitivamente trasformato in una vecchia checca. Nei miei spettacoli invece mi vesto da Claire, perché è questo che sono, un uomo che si veste da donna. Non sono un trans, non ho nessun problema di genere. Sono solo uno cui piace mettersi gli abiti sbagliati. E penso si tratti di un modello interessante. Accade abbastanza spesso che degli uomini vengano da me e mi dicano, oh, mi piacerebbe vestirmi così, e io: non è illegale, puoi farlo.

Un mondo sempre più incline a occuparsi dei problemi di genere è destinato a farci cambiare look? Dico solo che prima gli uomini diventano consapevoli di quanto le loro scelte siano influenzate dal concetto di virilità, meglio è. E più si liberano da certi schemi di competizione e di status, meglio ci troveremo. L’abbigliamento è certamente uno dei fattori chiave.

Che cosa la stupisce di più degli altri maschi? Una volta ho chiesto ad alcuni che cosa secondo loro le donne non sanno di noi. Tutti hanno risposto: quanto ci piace correre rischi. Nel sesso, nel lavoro, nella droga, nello sport, è una cosa che i maschi amano fare; la scarica di adrenalina è un’assuefazione che considerano molto maschile, fa parte di quel genere di cose che gli scienziati collegano agli ormoni. E loro ne sono entusiasti, è un po’ come se ti dicessero: ecco, io sono riuscito a spingermi fino a quel punto.

E Donald Trump, cos’è: l’ultimo sussulto di una vecchia mentalità maschilista o un brutto segno premonitore? La politica maschilista è qualcosa che comprendo molto bene, perché gli uomini, a differenza delle donne, che guardano sempre avanti, tendono a volgersi all’indietro. Per loro è motivo di conforto rifarsi alle certezze del vecchio macho dominante. Non lo so quanto sia serio Trump. Il problema è che è la gente a prenderlo terribilmente sul serio.