A dire il vero lui si chiamerebbe Carlo. Ma dalla provincia di Cuneo (dove è nato) a New York (dove è una celebrità), fino al deserto del Mali (dove i Tuareg sono suoi amici), tutti lo chiamano semplicemente Carlin. Carlin Petrini. Incluso dal Guardian tra le 50 persone destinate a salvare il pianeta, eletto da Time “eroe europeo del nostro tempo”, è diventato un brand l’uomo che ha fondato Slow Food. Per Wikipedia è un “gastronomo figlio di un’ortolana cattolica e di un ex ferroviere comunista”, anche se a malapena sa fare l’uovo al tegamino e alla politica ha preferito le politiche della sostenibilità. A Pollenzo, dove lo abbiamo incontrato, ha fondato la prima università dell’alimentazione. E per il 2014 ne sta preparando un’altra delle sue. Una Woodstock della biodiversità. I giovani fan del Carlin-pensiero e lui, con i suoi 64 anni che sprizzano l’energia e l’ironia di un ex scapestrato che ha vissuto con gusto.

Il boccone più indigesto che ha dovuto buttare giù?
Vedere la mia terra di Langa vilipesa dalla cementificazione.

Una cosa nella vita che varrebbe la pena di fare fast?
(Segue un lungo silenzio) Mah... Passiamo a un’altra domanda.

Che cosa mangeremo tra 50 anni?
Non lo so, ma bisognerebbe almeno fare in modo che in Africa si nutrissero tutti.

Che percentuale di politica c’è in una buona provola o in una bistecca di fassone?
Parecchia. Soprattutto nel senso che la politica non fa abbastanza per il cibo. C’è ancora poca consapevolezza di quanto influenzi l’economia e la vita.

Quanti libri legge in un anno?
Una ventina.

L’ultima cosa che fa prima di andare a dormire?
Scorro le ultime notizie sull’iPad. E la mattina ricomincio la giornata allo stesso modo. Una figata enorme poterlo fare dal letto.

La qualità che preferisce in un uomo?
La sincerità.

E in una donna?
La sincerità.

Le sue assistenti dicono che le donne nel movimento hanno sempre avuto ruoli da comprimarie. È vero?
Nella prima fase sì, perché nel mondo latino per tradizione il gourmet è maschio. Ora però, specie nel mondo anglosassone, i fiduciari di Slow Food sono nella stragrande maggioranza donne. Come la nostra vicepresidente, la chef Alice Waters. Andando nelle scuole e sostenendo il biologico e i mercati contadini ha letteralmente cambiato le abitudini alimentari dell’America.

Una tecnica sicura per farle perdere la pazienza?
Sono cancerino e lunatico, a volte è facilissimo farmi venire la mosca al naso: non so bene perché.

La cosa più assurda che hanno detto di lei?
Che mi sono fatto tanti soldi.

La vacanza ideale?
Lontana da tutto, ma breve. E in posti dove si respira storia. Non mi bastano i bei paesaggi. Alle Seychelles mi sentirei morire.

La peggior scorrettezza a tavola?
Quando si lascia la compagnia per andare a fumare.

Perché ogni anno 5 miliardi di tonnellate di cibo finiscono tra i rifiuti?
Perché c’è un sistema alimentare criminale, che iperproduce per abbassare i prezzi, non importa se poi la roba si butta. E noi continuiamo a pagare: in salute per le emissioni di CO2 e il cibo scadente, in tasse per l’eccesso di rifiuti.

Il cibo più bistrattato del pianeta?
Uno è il mais. In Messico, dove ha sfamato intere generazioni, ora sono costretti a importarne il 33%. Pazzesco. Li hanno depredati di ciò che avevano e ora devono ricomprarlo.

Buono, pulito e giusto è il titolo del suo primo libro. Qualcuno che meriti gli stessi aggettivi?
Tanti. Ermanno Olmi, il priore di Bose Enzo Bianchi... tutti i contadini senza nome che ho incontrato in giro per il mondo. Sono un esercito le persone di buona volontà.

Da che cosa si riconosce un amico?
È quello che sai che c’è anche se non te lo dice.

Si è mai sentito sopravvalutato?
Sì. E ho il terrore di prendermi sul serio.

Chi esce dalla sua università è più contadino, chef o esperto agroalimentare?
È qualcuno che ha passione da vendere per fare le tre cose.

A Pollenzo avete inaugurato corsi di Alto Apprendistato, per formare “artigiani del cibo”. Crede che gli italiani abbiano ancora voglia di fare gli artigiani?
Sicuro, ma abbiamo troppo svilito il lavoro manuale. Invece è un’espressione di intellettualità, che in Italia può toccare vette altissime.

Lei invece come se la cava in cucina?
Male. In genere ci pensa mia sorella. Quando sono solo mi limito a una pasta o a un uovo sbattuto. E mi dispiace. Il mio amico Enzo Bianchi dice che cucinare è una forma di preghiera, e ha ragione.

Il suo primo ricordo gastronomico?
La zuppa al latte di mia nonna. Ora non si può più fare, non c'è più lo stesso latte, ma mi ha lasciato il gusto dei piatti a base di pane raffermo.

Il piatto più etico che le viene in mente?
Quello condiviso.

I suoi eccessi alimentari?
Qualche ciucca ogni tanto, ma una volta... Adesso posso forse eccedere alla fiera più bella del mondo, quella del Bue grasso. E il bollito, e il brodo, e le raviole; a un certo punto guardi fuori, è già sera e sei ancora a tavola.

Altro genere di peccati che le hanno migliorato (o peggiorato) la vita?
Peccati? Non mi sta mica bene quella parola lì.

Cosa le piace ricordare dei suoi genitori?
La libertà che mi hanno lasciato. Mamma Maria dirigeva un asilo nido; mio padre, Giuseppe, era elettrauto. Mi sono sempre stati vicini, ma senza impormi le loro idee.

Un dispiacere che non avrebbe mai voluto dargli?
Non so se li ho delusi. Ho sofferto io però, per non essere stato presente quando sono morti.

Gli chef star in tivù fanno bene o male alla cultura del cibo?
Bene se promuovono il rispetto della terra, male se quello del cibo diventa una forma di onanismo.

A chi vorrebbe affidare il menu dell’ultima cena?
A nessuno, me la organizzerei da solo.

Come si fa per restare affamati alla Steve Jobs?
Bisogna essere dei curiosi. È un'attitudine che non si può insegnare.

La persona che ha dato più gusto alla sua vita?
Quelle generose, cui devo la mia formazione. E poi gli amici della comunità di Terra Madre.

Quando la cucina è poesia?
Quando anche nella sua forma più alta esprime semplicità.

Quando invece diventa retorica?
Quando dimentica che la sua prima vocazione è la sussistenza.

Il lato futurista di Petrini?
So che qualcuno mi dà del nostalgico, però non è del tutto vero. A me piace attingere al passato, ma per rivitalizzarlo. Il futuro va costruito valorizzando le radici.

Un paio di autori che sanno mettere il sapore in parole?
Vásquez Montalbán, che ama molto il mondo dei gourmet. Nella saggistica, Massimo Montanari, che insegna Storia dell'alimentazione a Bologna.

Va su Marte portando un’erba, un frutto, una verdura. Quali?
Il valore della vita è la diversità. Dovrei organizzare un'arca.

Essere vegetariani è una saggezza o una condanna?
Una saggezza, a patto che non la si voglia imporre.

L’ultimo film che ha visto?
Mah, e chi si ricorda... Di certo non era un film introspettivo, non mi piacciono; era un film d'azione... una belinata.

Lei sostiene che l’Africa è il paradigma del futuro del pianeta. Di che futuro si tratta?
Quello di un mondo che ha di fronte una sfida. 24 milioni di persone che muoiono di fame, quando noi buttiamo migliaia di tonnellate di cibo, sono un presente e un futuro inaccettabili.

Un cibo simbolo di democrazia?
Le produzioni locali. Garantiscono la sovranità dei popoli.

Vista da tavola l’Europa è una fortuna o una sventura?
Come istituzione l'Europa vuol dire molta burocrazia e troppe lobby, però anche straordinarie intuizioni, come la denominazione di origine protetta, un esempio per il resto del mondo.

Cosa canta sotto la doccia?
Ma non lo so... Faccia il piacere, tolga questa domanda.

Per colpa di chi abbiamo smesso di essere un Paese ammirato da tutti?
Ci si sono messe la politica, la televisione, un signore che per anni ha dominato l’informazione, nell’ignavia di un’opposizione che l’ha consentito.

Che cosa ha dovuto sacrificare nella vita per diventare quello che è?
Niente. Ho vissuto bene perché ho sempre fatto cose che mi divertivano.

Qual è stato il suo ingrediente vincente?
Non ho mai cercato di costruirmi un personaggio.

La cosa che in assoluto la fa più ridere?
Boh, non so, scriva quando mi chiamano guru.

Qual era il suo eroe da piccolo?
Gli indiani.

Di che partito è: Vespa o Lambretta?
Lambretta.

Analogico o digitale?
Direi analogico.

Doccia o vasca?
Se ho tempo, sempre vasca. La doccia mi piace se il soffione è a padella.

Olio o burro?
Burro.

Ferilli o Golino?
La seconda.

Lei è passato attraverso una malattia che rischiava di esserle fatale. Secondo alcuni da allora è diverso, più umano. Aveva qualcosa da rimproverarsi?
No. Però sono cambiato, mi arrabbio di meno e ho imparato a condividere il dolore: adesso so di capirlo.

Oscar Farinetti dice che lei è come Gesù resuscitato, solo che quando è Petrini a resuscitare, si dà persino più da fare. I suoi prossimi progetti?
Foodstock, il grande raduno internazionale che i ragazzi di Slow Food stanno organizzando nelle Langhe per l’agosto 2014, per parlare di biodiversità, economia, felicità. È un’idea loro, ma farò di tutto per aiutarli.

Su chi può contare il Paese per fare quel paio di miracoli che farebbero bene all'economia?
Ci vorrebbero tanti come Saviano, capaci di denunciare l’illegalità che tiene in ostaggio metà del Paese.

L’ultima volta che ha detto no?
Una delle innumerevoli volte in cui mi hanno chiesto di impegnarmi in politica. Ma non posso. Rispetto al lavoro che faccio sarebbe riduttivo.

Lei afferma spesso di voler salvare il pianeta praticando il piacere: a lei chi lo ha insegnato?
Il piacere è necessario per la continuazione della specie. Bisogna imparare a concederselo anche da soli, ma sempre per condividerlo. E sempre con moderazione. La crapula non ha più niente a che fare con il piacere.

Quante hanno tentato di metterle l'anello al dito?
Una, ma non c’è riuscita. Col senno di poi, mi spiace. È una persona che ho amato moltissimo.

Chi la conosce più a fondo?
Il mio amico d’infanzia Azzo. Poi mia sorella e altri quattro o cinque.

Un momento in cui si è sentito davvero solo?
Io mai. Mi sento accompagnato. A volte ho momenti di bassa, poi rifletto e torno su. Sono appagato, ho tanta gente che mi vuole bene.

Il suo oggetto feticcio?
La sciarpa.

Se ciascuno è ciò che mangia, qual è il personaggio italiano che si nutre peggio?
Non mi fa piacere dirlo.

Il suo movimento ha contribuito a fondare migliaia di orti in tutto il mondo, tra cui quello di Gezi Park. Come si coltiva la pace di fronte all'intolleranza?
Con un dialogo onesto. E con l’ascolto.

Lei si sente più un filosofo, un gaudente o un contadino che ha scelto l'impegno?
Filosofo è dire tanto. Mah, un cicinin (in piemontese significa un pochino, ndr) di tutti e tre.

C'è chi pensa che con la crisi la qualità a tavola sia cosa da ricchi.
Non è vero. Se si spreca di meno, se ci si accontenta, se si va direttamente dai produttori, i soldi si trovano.

E che cosa dice di chi pensa che il biologico sia solo un modo di fare business?
In parte è vero.

Da che cosa si riconosce una persona di cultura?
Da come sta con la gente semplice.

Che cosa la fa sentire più ottimista?
Il fatto che nel mondo sta aumentando il numero di persone capaci di pensare con la propria testa. Sono appena arrivato da Istanbul, nelle piazze ho visto ragazzi con la passione negli occhi. Molto bello...

Quale piatto cucinerebbe per una persona che ama?
Quello che fa più piacere a lei.

Il vino della seduzione?
Il Moscato, mi ricorda l’adolescenza.

Rapporti con le tecnologie?
Scarsini. Guardi il mio iPad: vuoto. Niente applicazioni, né Twitter né Facebook.

In un anno quanti giorni passa a casa?
Circa la metà. Ma questo non mi impedisce di conoscere uno per uno i ragazzi dell'università di Pollenzo.

Con tutti i viaggi che fa, non le è mai venuto in mente di imparare l’inglese?
Avrò in casa quattro o cinque corsi, l'ultimo l'ho comprato un mese fa. Mai fatto uno. Però sto migliorando tantissimo negli espedienti per farmi capire. È tradurre gli altri che mi manda in agitazione.

Che cosa fa quando ha voglia di tenerezza?
Mi accudisco.

Ha mai pensato di allevare un erede?
No. Però ho coltivato un gruppo dirigente armonico e molto unito.

Una parola che non sopporta?
(Elude la domanda con una smorfia).

La sua più grande debolezza?
Incaponirmi a fare da solo quando sono in difficoltà.

Da ragazzo la sua passione erano gli scherzi. Il peggiore che ha fatto?
Non mi viene in mente, ne ho fatti troppi.

E il più grosso che hanno fatto a lei?
Più che uno scherzo una sorpresa. Per i 50 anni. Una festa con 300 persone. C'era anche gente che non vedevo da 20 anni... E come regalo, un carro agricolo impacchettato, con dentro un'orchestra messicana.

Come si farà a non diventare un popolo di ciccioni?
È un guaio: oggi l’obesità non è più frutto dell’abbondanza, ma delle merde che ti mettono nel cibo. Ci si salverà con una nuova cultura alimentare.

Che cosa non deve mai mancarle in cucina?
Un buon formaggio, il parmigiano reggiano, l'olio, la pasta.

Un alimento che rischia di sparire?
Il pane. Non è più di moda, è meno buono, se ne mangia sempre di meno.

Lei è più un buono, un giusto o un bravo comunicatore?
Un bravo comunicatore.

Quando il pugno di ferro è indispensabile?
Mai.

Il capo di abbigliamento più costoso che ha mai avuto?
Non lo so, totale disinteresse verso questo genere di cose.

Che cos’è allora l’eleganza?
Essere se stessi.

Lei ha incontrato molti grandi della terra: chi l’ha emozionata di più?
Un capo degli indios Yanomami, quelli che vivono nella foresta amazzonica.

Uno che inviterebbe a casa?
Ne inviterei centinaia, non uno.

Per che cosa vorrebbe essere ricordato?
Per non aver mai sopraffatto. Qualche volta non ci sono riuscito, e mi dispiace.

Che cosa pensa la notte quando non riesce a dormire?
Non penso proprio. Mi intrattengo con libri e televisione.

Una canzone che la fa commuovere?
Tutto il repertorio ispanico. Parla di cose di un "magonoso" infinito, tormenti, angosce della vita, ma con una musica che allarga il cuore.

Si lascia più volentieri una fidanzata che prima di buttare la pasta la spezza o una che ha simpatia per gli ogm?
Guardi, che cosa vuole che le dica, non rispondo nemmeno...

L’ultima volta che ha pensato “mi annoio”?
Ascoltando i discorsi dei politici.

L’ultima volta che ha pianto?
Piango molto di più di un tempo. Ancora ieri, quando gli studenti sono venuti tutti a salutarmi nel mio ufficio, alla chiusura dell'anno accademico.

Se dovesse incontrare se stesso ragazzo, come descriverebbe l’uomo che è adesso? Tre aggettivi.
Uh, che domanda: faccia un po' lei.

Uno sfizio che non si è ancora tolto?
Mi sono sempre posto obiettivi raggiungibili.

Dove si va quando si muore?
Si torna nella terra.

Quando si diventa vecchi?
Quando puoi dire ciò che vuoi.

E lei, quando metterà la testa a posto?
Mai, ma senza scordare che ormai l'età c'è.