Una biblioteca su ruote che gira solo di notte e contiene i libri che abbiamo letto. È l’invenzione poetica della graphic novel di Audrey Niffenegger, artista e scrittrice convinta che (comunque vada con gli e-book) le parole da cui abbiamo imparato qualcosa non ci abbandonano mai. E che siamo fatti (anche) di storie scritte. Per noi e su di noi.

Questa storia piacerà a chi pensa che esista un posto dove le pagine vanno in paradiso. E ai lettori convinti che anche i libri abbiano una vita oltre la vita. The Night Bookmobile, la graphic novel dell’americana Audrey Niffenegger, racconta che forse è proprio così. All’alba di una notte d’estate Alexandra s’imbatte in un camper dove l’attende il “libraio” che per lei cambierà il corso delle cose. Perché tutto ciò che ha letto è negli scaffali dell’enigmatico Mr. Openshaw, in realtà un angelo occhialuto che custodisce i suoi vecchi libri in un empireo profumato di carta e dove il tempo ha depositato saperi ed emozioni. Come dire: le parole ci seguono. Da quelle amate dei romanzi a quelle guardate svogliatamente sulle scatole dei cereali. Si accumulano, ci aspettano. Al fondo della nostra anima. E ognuno è ciò che legge.

Artista ancora prima che scrittrice, legata ai libri da una liaison romantica (i primi suoi titoli li ha stampati e rilegati da sola e oggi possiede circa seimila volumi), con questa favola la Niffenegger ritorna alla grafica dopo due bestseller, di cui uno, La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo (pubblicato in Italia da Arnoldo Mondadori Editore) da 4 milioni di copie. Ma all’editoria elettronica, spiega, si avvicina con cautela.

L’e-book, con la sua memoria di byte, non potrebbe essere una versione contemporanea della bookmobile su ruote?
È diverso. Un bus è un luogo fisico, con dentro oggetti, odori, persone. L’e-book invece è solo un grande raccoglitore dove non potrebbe mai succedere, come accade ad Alexandra, di vedere riuniti i volumi che le hanno riempito la casa e la vita.

Che ne sarà delle nostre biblioteche ai tempi dell’iPad?
Ci sorprenderà vedere quanto i libri tradizionali continueranno a essere pubblicati, letti, collezionati e archiviati. I libri elettronici sono utili, ma non credo che rimpiazzeranno mai la carta.

Quando ha scoperto l’amore per i libri?
Da piccola mi piaceva aggiungere mie illustrazioni a quello che leggevo. Sono sempre stata molto “partecipativa”: quando ho imparato a scrivere mi sono messa a integrare anche i testi, e per ogni personaggio inventavo storie parallele. A sei anni già realizzavo a mano interi volumi.

Le è mai venuto in mente di cambiare qualcosa - un finale, un carattere - di ciò che è stato scritto da altri?
Forse la fine dell’ultimo libro della saga di Harry Potter. Non perché la Rowling non l’abbia azzeccata, ma perché per certi personaggi mi sarei immaginata vite diverse e un finale più sfumato.

Qual è il romanzo che l’ha fatta crescere di più?
La prima volta che ho letto Donne in amore di D. H. Lawrence avevo dodici anni e non ci ho capito molto. Però mi ha aiutato a intravedere il mondo degli adulti. In seguito mi ha fatto comprendere una serie di cose che nell’adolescenza non potevo intuire.

Non pensa che la lettura possa anche allontanare dalla vita?
Sì, ma a volte la vita non è proprio così spassosa. E quando diventa una scocciatura ci si può consolare con i buoni libri.

Ci sono letture che l’hanno cambiata?
A loro modo tutte. Sui libri impari qualunque cosa, dalla cucina a come fare bene sesso. E, tra l’altro, magari anche a non ripetere gli errore degli altri.

Che cosa metterebbe nel bookmobile di un ventenne?
A un giovane consiglierei di essere ambizioso, di non escludere argomenti che gli sono poco familiari. Se gli piacciono i romanzi, di provare con la storia. Se gli piace la scienza, con la poesia. Più ampia è la scelta, più vaste sono le connessioni e la possibilità di capire il mondo e le persone. Tra gli irrinunciabili metterei Alice nel paese delle meraviglie, Anna Karenina, le favole di Andersen, Infinite Jest di David Foster Wallace, Donna Tart e Catherine Dunne, senza trascurare Rilke, Dante, le poesie di Emily Dickinson e i romanzi di Henry James, fino a Madame Bovary e a graphic novel come Maus di Art Spiegelman.

Nel suo bookmobile cosa aggiungerebbe che ancora non c’è?
Sono indietro nella mia tabella di marcia, anche se leggo varie ore al giorno. Per esempio, non c’è ancora DeLillo e quasi niente di Philip Roth. La Bibbia c’è, ma in modesta quantità. E poi non conosco gli autori non tradotti in inglese.

Nell’archivio di Mr. Openshow, Alexandra trova anche parole catturate da opuscoli, etichette, lettere, giornali. Le sue preferite?
In questi giorni, accanto al computer ho piazzato un foglio di carta con sopra la parola “splendid”. Mi piace, ha un suono incantevole e in più è incoraggiante, è positiva.

Quali vorrebbe cancellare? Non trova che alcune oggi siano abusate?
Sono le parole dei politici, quelle che soffrono di più. Del resto la gente lo ha capito: non significano niente. Ti dicono: «Siamo nella stessa barca...», e tu sai che il significato in realtà è: «Pensiamo che siate tutti un branco di idioti».

The Night Bookmobile (Abrams, 19,95 dollari), di Audrey Niffenegger.