Audace: Kasia Smutniak è stata definita così qualche mese fa, quando ha vinto appunto il Premio Leonia per l’Audacia grazie all’attività con la Pietro Taricone Onlus. La verità, però, è che risulta impossibile classificare Kasia con un aggettivo, né si può, tantomeno, racchiuderla in un’intervista. La ex madrina della mostra di Venezia ha posato per un servizio di moda pubblicato su Marie Claire di settembre. Sul set si parlava polacco - «conosco il fotografo Marcin Tyszka da quando eravamo entrambi agli esordi» - ma l’aura magnetica della protagonista non aveva certo bisogno di traduzioni. La intercettiamo a Reggio Emilia, durante le riprese del nuovo film di Ligabue Made in Italy, che uscirà l'anno prossimo, di cui è protagonista accanto a Stefano Accorsi.

Cosa ricordi dei primi anni da modella? Ero una ragazzina di 15 anni che viaggiava da sola in paesi sconosciuti ed è un’esperienza che mi ha aiutato anche nel lavoro attuale, mi ha insegnato a non aver paura di cambiare.

E tuo padre, generale dell’aeronautica, cosa diceva? Il patto per lavorare quattro mesi l’anno era andare benissimo a scuola. Potevo vivere un mese da sola a Tokyo, ma dovevo rientrare a casa per le dieci. Cresciuta con quelle regole, me le imponevo io stessa quando ero lontana, ma non mi sono mai sentita costretta sotto una cupola di vetro. I miei mi hanno insegnato cosa è giusto e cosa è sbagliato: riconoscere questa differenza è alla base di tutto, soprattutto per una bambina da sola dall’altra parte del mondo, poi sta al singolo scegliere.

Sei una mamma così? Alla fine sì, ma non credo manderei nel mondo di oggi mia figlia per proprio conto a quindici anni.

In cosa sei rimasta polacca? In tutto mi sento polacca. Sarebbe difficile dire in cosa mi riconosco di preciso. Posso dire cosa dicono i miei amici, che infatti mi chiamano "la polacca". Da una parte è sinonimo di pesantezza e pessimismo (ride), dall'altra precisione e disciplina, ma questo potrebbe essere dovuto alla mia famiglia militare, perché sono praticamente cresciuta nelle caserme.

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Vittorio Zunino Celotto//Getty Images
Su un red carpet insieme al produttore Domenico Procacci, suo compagno e padre del piccolo Leone.

Se non fossi diventata attrice? Nella mia famiglia si era destinati a due carriere, quella militare o da dentista. La seconda per me non è mai stata un’opzione.

Quest’anno hai vinto due Nastri d’argento per progetti molto diversi: la commedia brillante Moglie e marito e il corto indipendente Moby Dick, in cui interpreti una scafista. Sei un’attrice senza etichette? Per me non esistono, sono solo limiti che ci poniamo nella testa. Nel lavoro di attore non c’è un capo a dirti cosa fare, è nostra la scelta sui ruoli e io ne ho sempre cercati di diversi. Non mi interessa rivivere la vita che ho già vissuto: faccio cinema perché un’esistenza sola non mi basta e ogni film ne regala una in più. Ho conservato una gran voglia di esplorare, una curiosità quasi infantile, che mi fa evitare la ripetizione. Su ogni set c’è sempre un istante in cui arrivo a credere che quella vita stia accadendo veramente, mi dimentico della macchina da presa, delle centinaia di persone, e per un secondo l’emozione diventa vera.

Kasia Smutniak Pierfrancesco Favinopinterest
Camilla Morandi - Corbis//Getty Images
Con Pierfrancesco Favino, suo coprotagonista nella commedia Moglie e marito, nella quale i due si scambiano i corpi per errore.

Cosa hai perso e acquisito negli anni? Ho imparato a dare la giusta importanza alle cose, a lasciare il lavoro sul set, mentre nei primi anni non mi sganciavo mai dai personaggi, quanto mal di testa! Ad apprezzare i momenti belli e a fregarmene dei meno belli, in sintesi a ridimensionare. Questo implica che oggi mi godo tutto molto di più. Ho sostituito il senso di spaesamento con l’esperienza, ma per fortuna non ho perso il desiderio di cambiare senza paura.

Stai girando Made in Italy di Luciano Ligabue, cosa racconta questo film dell’Italia? Lo vedo come un’opera d’arte che esprime l’amore per questo paese. È la storia di un uomo della provincia italiana che si trova a un punto morto della vita, si guarda indietro e trova il modo di ricominciare. Racconta con grande sincerità e leggerezza l’Italia contemporanea.

Se potessi scegliere il soggetto per un film che racconti l'Italia di oggi? La storia del corto Moby Dick, in cui interpreto una scafista su una barca di migranti: credo sia un tema dei nostri tempi non ancora esplorato a sufficienza dal cinema.

Immagina di essere a un provino... Oh no, mi sento già male. Riesco a fare questo lavoro solo perché sono convinta che sul set nessuno guardi me: il regista controlla l’insieme, l’operatore la sua inquadratura, ognuno guarda il suo pezzetto del lavoro di squadra. Nessuno è lì a giudicare proprio me. Al provino, invece, è recitazione pura, niente di costruito, il regista aspetta una proposta da chi ha davanti. Una lotteria...

Non si migliora mai? Con gli anni è peggio, perché crescono le aspettative (ride).

C'è un personaggio o una scena alla quale sei rimasta particolarmente legata? Sono legata a momenti ed esperienze non necessariamente rappresentativi della mia carriera. Per esempio il film Nelle tue mani di Peter Del Monte, di dieci anni fa: avevo il ruolo di una madre imperfetta e la bambina del film aveva un anno, la stessa età di mia figlia all'epoca. Poi Allacciate le cinture di Ferzan Özpetek, o la soldatessa di Limbo di Lucio Pellegrini.

Ti senti audace? Chi lo è oggi? Non mi sento, io sono audace, e sono anche abbastanza grande per dirlo senza vergognarmi. Nel nostro mondo lo è chi riesce a uscire dal fiume di legami e responsabilità, e prende la propria strada. Chi ha il coraggio di scegliere per se stesso, liberandosi da tutte le costrizioni.

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Vittorio Zunino Celotto//Getty Images
Kasia riceve il Premio Leonia per l’Audacia 2017 dal marchese Frescobaldi.

Con la onlus hai costruito una scuola in un angolo remoto del Nepal (paese visitato con il compagno Pietro Taricone, ndr), scelta ponderata o d’istinto? È stato il destino, l’audacia è servita per portarla a termine. Quando sono tornata per la prima volta dopo la morte del mio compagno, l’urgenza personale di fare qualcosa per gli altri era più forte della mia capacità di osservare e dare un giudizio corretto, era un desiderio accecante. Le buone intenzioni non bastano mai, servono obiettivi mirati, perché si rischia di danneggiare la comunità che si vuole aiutare. L’ho capito dopo l’incontro con il capo spirituale della zona, alla quale ho chiesto di cosa avessero bisogno. E lei, con un sorriso e grande calma, mi ha risposto "ma noi non abbiamo bisogno di niente". In quel momento mi sono vista da fuori: cosa cercavo veramente? Di aiutare gli altri o invece me stessa? Da lì sono trascorsi altri due anni di viaggi con cuore e mente lucidi. Solo in seguito ho scelto di costruire una scuola.

È un progetto a lungo termine? La costruzione era la prima fase. Mi sembra una vita fa, sono serviti tre anni, con un terremoto di mezzo. Oggi sento la responsabilità dei bambini. L’anno scorso sono tornata con mia figlia per il primo anno scolastico. Sono arrivata con mille pensieri, i costi, la gestione, e vederli tutti in fila ad aspettarci mi ha fatto rinascere. Mi commuovo solo a ripensare a quel momento (con un filo di voce rotta, ndr).

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Venturelli//Getty Images
Meravigliosa, alla premiazione dei Nastri d’argento 2016. Quest’anno ne ha vinti due: per la commedia brillante Moglie e marito e il corto indipendente Moby Dick, in cui interpreta uno scafista.

Hai mai pensato di mollare il lavoro? Certo, lo penso continuamente. Da qualche anno mi dico spesso "questo è l'ultimo film". Non perché non mi piaccia, ma tocca pur fare qualcosa di diverso a un certo punto, no?

Come scrivere un film? Ah, ma pensa, no no. Tutte le mie fantasie non riguardano per niente quel che faccio ora. Se metti in atto un piano B deve essere estremo. Mi vedo come una signora di una certa età che sorvola l'Africa in aeroplano, ma non in viaggio, ci vivo proprio. (Kasia avverte la mia incredulità, ndr). Già aver fatto questo lavoro era una cosa davvero improbabile per me, fidati, l'ultima cosa pensabile per la figlia di un generale. Quindi oggi vedo tutto molto possibile, ma ho smesso di dirlo: un giorno lo farò, punto e basta.

La foto di apertura è tratta dal servizio esclusivo di Marie Claire di settembre scattato da Marcin Tyszka. Servizio Elisabetta Massari. Ha collaborato Fiammetta Moscatelli. Trucco Alessandra Casoni. Capelli Roberto Pagnini. Entrambi per Freelancer. Per Kasia Smutniak: blazer Emporio Armani; pantaloni e cappello Giorgio Armani.