Cantando sotto la pioggia di lacrime. Il cinema dà il suo addio a Stanley Donen morto il 23 febbraio 2019, il giorno prima della tanto attesa cerimonia degli Oscar 2019. Un piede in tip tap, un inchino al pubblico e il regista ballerino dei musical più belli di Hollywood si è congedato dolcemente, in quieta pacatezza, dai suoi 94 anni di vita. La notizia è stata confermata da uno dei suoi figli al Chicago Tribune. Con la morte di Stanley Donen se ne va l’ultimo dei rappresentanti più gloriosi di un’epoca d’oro del musical, vissuta strettamente accanto a Gene Kelly con cui ha collaborato a diverse pellicole entrate nell’immaginario della storia del cinema. L’Oscar alla carriera a Stanley Donen nel 1998 ne aveva in qualche modo cementato lo status di grande, lui che era sempre defilato, sottilmente poco appariscente, per imporsi in un’industria che pure aveva contribuito a rendere gloriosa. Con uno charme ed un'eleganza scenica che raramente si sarebbero rivisti senza sfociare nel manierismo.

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Nato nel 1924 a Columbia nella Carolina del Sud, Stanley Donen aveva iniziato la carriera come ballerino con tanto di debutto a Broadway nel 1940. Gli Stati Uniti osservavano da lontano i tumulti bellici dell’Europa mentre a New York il giovane ballerino di fila e corista conosceva quello che sarebbe diventato il suo amico e interprete più fedele. Forse più bello, attore duttile dalle capacità atletiche assurde, voce cristallina, perfettamente bilanciato con la tecnica e l’occhio coreografante di Donen. Fu assieme che Stanley Donen e Gene Kelly formarono la coppia professionale più grandiosa del cinema anni Quaranta e Cinquanta, la golden age cementata dalla loro collaborazione. Dietro la macchina da presa Stanley Donen scoprì di potersi divertire molto di più: la formazione teatrale gli permetteva di muovere gli attori e le macchine da presa in un dialogo sottile ma continuo, dentro i movimenti dei ballerini e con invenzioni che poco più avanti sarebbero state accusate di vezzo stilistico eccessivo. Poco male. Gli va il merito anche di aver voluto fortemente l’immensa, e allora giovanissima Debbie Reynolds nei panni della protagonista del suo film più famoso, Cantando sotto la pioggia. E l’inventiva della sequenza della canzone Singin’ in the rain non è passata alla storia solo per la febbre a 39 di Gene Kelly, ma per l’ingegno mostrato da Stanley Donen regista nel voler scegliere un certo tipo di ripresa che seguiva il ballo innamorato del protagonista, alcuni effetti speciali casalinghi (la pioggia fatta di acqua mischiata al latte perché rendesse meglio sulla pellicola), e la profonda volontà di mescolare musica e cinema in un connubio più che vincente. Narra la leggenda che un altro Stanley (Kubrick), sentendo Malcolm McDowell canticchiare la canzone sul set di Arancia Meccanica, corresse a chiedere di persona a Stanley Donen il permesso per utilizzarla per il suo film. Un omaggio che Donen, forse senza immaginare davvero cosa sarebbe diventata nell’immaginario collettivo, concesse serenamente (e chissà se si sarà mai pentito di averlo fatto).

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Per Stanley Donen i film erano un modo di portare sul grande schermo la passione per musica e recitazione, un due in uno cui non avrebbe mai rinunciato fino al suo ultimo film, l’inoffensivo Quel giorno a Rio, uscito nel 1984. Ma in mezzo ci sono più di quarant’anni di carriera e una discrezione da manuale della privacy. Gossip pochi, matrimoni tanti (cinque in tutto), fidanzate numerosissime tra cui persino Elizabeth Taylor da giovane e ben prima del successo (di lui) della collaborazione con Gene Kelly. “Mangia, bevi, sposati di nuovo” recitava un cuscino che, per un periodo (sembra), Stanley Donen teneva sul letto. Non gli piaceva stare solo, non gli piaceva non essere affiancato da una donna (quasi tutte attrici o comunque impegnate nel cinema). E nella fuga dalla solitudine creava meraviglie di duetti comici continui. Quasi irriverente e surreale in Sette spose per sette fratelli, altro musical di immense fortune anche in teatro in tutti gli adattamenti, Stanley Donen diresse anche Cenerentola a Parigi (in originale Funny Face) dove a interpretare la deliziosa protagonista volle una strepitosa Audrey Hepburn in Givenchy, accanto a Fred Astaire. Un investimento continuo in ottimi performer che garantivano altissima qualità. Secondo Stanley Donen il musical doveva continuare a vivere della sua stessa bellezza. E ce l’ha fatta, a quanto pare, visto che alcune delle sequenze da lui girate in carriera sono diventate dei veri e propri classici irrinunciabili del cinema “Come artista vorrei essere importante come Leonardo da Vinci. Fantastico, stupefacente, unico nel mio genere. Non ci arriverò mai” confessò tra il serio e il faceto al New Yorker. “Lui ha fermato davvero il tempo, io sono quello che ha fatto Singing in the rain. Che è bellissimo, ed è meglio di tanto altro. Ma ti lascia comunque la voglia di migliorare”. Questo è stato Stanley Donen fino ai riconoscimenti arrivati troppo tardi, quando abbracciò e accennò un passo di danza con l’Oscar alla carriera, e con il Leone d’Oro sempre alla carriera nel tardissimo 2004. E l’addio a Stanley Donen morto come papà del musical resterà una danza lenta. Cantando sotto la pioggia.

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