Al Parlamento Europeo è un pomeriggio impegnativo, si discutono - e si contestano - gli ultimi dettagli della direttiva sul copyright 2019. Prende la parola anche Pierre Moscovici, il Commissario europeo per gli affari economici e monetari. Wikipedia, intanto fa sciopero per un giorno in segno di protesta verso l’esito che è ormai scontato. L’emiciclo di Strasburgo non è pieno, tutto il contrario, ma questa legge è ormai in ballo da così tanto tempo, ed è passata attraverso così tanti emendamenti, che ormai gli eurodeputati si sono fatti la loro opinione e sanno cosa votare. Il Parlamento, infatti, è pieno il giorno dopo, il 26 marzo 2019, quando si vota e si mette fine alla storia. La legge europea sul copyright viene approvata con 348 sì, 274 no e 36 astenuti. In perfetta simultaneità, dai social si levano commenti contrastanti, molti contro i famigerati articoli 11 e 13, quelli che in passato sono stati i più contestati perché introducevano la cosiddetta Link Tax, la possibilità per gli editori di rivendicare diritti su frammenti di contenuti di notizie condivisi online e l’upload filter, il filtro sui contenuti che vengono caricati online da chi non ha contratti di licenza con i proprietari dei diritti. Molti dei commenti sono viziati dalla convinzione che l’Europa Unita, il cui parlamento si rinnova il 26 maggio 2019, sia un baraccone costoso e inutile, invece del collante fra stati che pochi decenni fa si bombardavano a vicenda, e la culla della maggior parte delle buone leggi approvate poi anche in Italia (la tutela delle coppie dello stesso sesso, per dirne una). Questa direttiva, in realtà, è tutto tranne una limitazione della libertà di espressione.

Appena entrerà in vigore in tutti gli Stati membri dell'Ue, ad esempio, questi dovranno vigilare affinché l’autore di un articolo che viene proposto magari su Google News, venga remunerato dal proprio editore che a sua volta deve essere pagato da Google. Ma per capire bene questa nuova direttiva che qualcuno continua a chiamare “bavaglio alla libertà di espressione” basta fare le domande giuste e forse cercare di abbandonare il politichese. “Gli attori dell’ecosistema digitale non possono calpestare diritti, violare la dignità delle persone, sfruttare e sottopagare il lavoro di altri, ignorare la fatica di investire in competenze e professionalità, armare campagne diffamatorie contro i rappresentanti dei cittadini quando si toccano i loro interessi commerciali miliardari”, spiega semplicemente l’europarlamentare Patrizia Toia, che ha seguito con ostinazione l’esito di questa direttiva. “Basta pensare che le due più grandi piattaforme statunitensi rastrellano l’80 percento degli introiti pubblicitari e non restituiscono compensi adeguati ai titolari dei diritti, agli autori e ai giornalisti”. Per chiarire in cosa con consiste esattamente questa direttiva, e perché sia già diventata essa stessa vittima delle fake news e della cosiddetta misiniformation, Patrizia Toia ha risposto a 5 domande precise + una extra.

#1 Alla notizia dell’approvazione della riforma Ue del copyright, su Twitter sono subito spuntati commenti del tenore: "con tutti i problemi seri che ci sono in Europa, si pensa a questa stupidaggine". Può spiegarci perché questa legge non è una stupidaggine?

Non si può proprio chiamarla stupidaggine: di fronte a questa che possiamo chiamare quarta rivoluzione industriale, quella che riguarda l’era digitale, noi dobbiamo assolutamente dare delle regole se non vogliamo che i giganti si mangino i nani, ovvero i piccoli operatori del settore. E poi ci sono regole che non sono legate solo al mercato ma che riguardano anche la libertà, la privacy, e anche la tutela del lavoro perché c’è da curare la dignità dei lavoratori del digitale, la loro remunerazione. Per cui è un tema importante, non è affatto una bazzecola.

#2 Cosa cambia ora nella vita pratica delle persone comuni?

Non cambia nulla. La persona comune può continuare a caricare online quello che vuole senza vincoli, non ha nessuna limitazione della libertà, anzi qualcuno è più tutelato perché ora, se qualcosa non va, a risponderne sono le piattaforme, la responsabilità è loro. Quindi state tranquilli: le persone non avranno né costi, né limiti né altro.

# 3 Molti artisti italiani sono venuti in Europarlamento a portare le loro istanze. Cosa chiedevano esattamente? Questa legge ora soddisfa le loro richieste?

Gli artisti che sono venuti a Strasburgo sono molti, ma anche le associazioni degli editori di libri, o dei giornali, ad esempio Il presidente dell'associazione europea degli editori dei quotidiani Carlo Maria Perrone. Fra gli artisti famosi ci sono Mogol e Nicola Piovani, ma anche molti scrittori, musicisti e autori giovani perché lo scopo principale di questa direttiva è sancire che il lavoro intellettuale, creativo e culturale vada remunerato se utilizzato da qualcuno per fini commerciali. Se, ad esempio, copio un vostro articolo di MarieClaire.it e lo metto su un altro sito per fini commerciali, non sul mio profilo da privato cittadino di Facebook, devo pagare come è giusto che sia. Quindi si faranno delle forme di licenze, dei negoziati fra chi utilizza questi contenuti nelle proprie piattaforme e chi li ha prodotti, per remunerare questo lavoro.

# 4 Perché Wikipedia ha scioperato?

Lo sciopero di Wikipedia del 26 marzo è abbastanza incomprensibile, bisognerebbe chiederlo a loro. Hanno oscurato per un giorno le piattaforme in Italia, Spagna e Germania che sono i tre paesi in cui sono molto forti i movimenti dei pirati, l’eurodeputata Julia Reda è una co-relatrice della legge viene proprio dalla Germania. È stato chiaro dall’inizio, poi confermato a un certo punto del negoziato, circa dallo scorso luglio, che i contenuti caricati dagli utenti e dalle enciclopedie online, tutto ciò che ha fini didattici, culturali, educativi e in particolare Wikipedia, sono stati esclusi dal campo di applicazione della legge. La voce che gira secondo cui questa direttiva imporrebbe una limitazione dell’accesso alla cultura è una gigantesca fake news. Qualcuno ha insinuato che siccome Wikipedia vive di campagne di sostegno, le famose “se mandi un euro oggi” che compaiono ogni tanto, forse qualche grande piattaforma gli potrebbe aver versato qualcosina più di un euro, molto di più. Altrimenti non si sa il motivo perché si sia messa a scioperare sapendo da sempre che sarebbe rimasta esonerata dalla direttiva. La loro posizione, inspiegabile, rimane oscura e molto chiacchierata. Ai giovani bisogna spiegare che la vera libertà consiste nella garanzia dell’accesso alla conoscenza non manipolata o omologata e nel dare valore al lavoro intellettuale, anche dei loro coetanei. Significa anche assicurare la certezza della responsabilità di chi ha posizioni dominanti sulla rete e rastrella miliardi di pubblicità su contenuti prodotti da altri, senza alimentare la catena del valore.

# 5 Questa legge inasprisce anche le pene contro la pirateria?

No, questa legge non agisce in modo specifico contro la pirateria. Però definisce le responsabilità, definisce che sulle grandi piattaforme ci saranno misure digitali per capire se un contenuto è soggetto o no a copyright, quindi, indirettamente la pirateria la limiterà un po’. Chi contravviene andrà incontro alle sanzioni previste dall’ordinamento nazionale o dalle varie authority che regolano questi settori.

# 5+1, domanda extra: quando entreranno in vigore queste regole?

Ora il parlamento nazionale dei singoli stati ha due anni di tempo per applicare la direttiva. A ogni parlamento nazionale è concesso un margine per allargare o ridurre la direttiva a seconda del suo giudizio, per cui ci saranno piccole variazioni. Ma di base, questa legge è il giusto equilibrio fra tutti quelli che hanno interessi in campo, sancendo un principio che si può sintetizzare in quello che ha detto Piovani: “Non è che si impedisce alle piattaforme di fare profitto, si evita che facciano il massimo profitto a scapito degli altri”. Non si può fare tanti soldi e crescere a dismisura senza riconoscere il lavoro degli altri. È una questione di rapporti di economia di mercato fra i soggetti in campo, lasciando garantite le libertà delle persone di utilizzare internet. E poi, questa direttiva tutelerà la crescita delle piccole realtà di giovani che vogliono fare impresa su internet creando nuove piattaforme. Per i primi tre anni saranno esonerate da tutto e poi dipenderà dal volume di affari che generano. Lo abbiamo spiegato alle grandi piattaforme della Silicon Valley: questa è una battaglia di libertà, di civiltà e di responsabilità. Perché è in gioco la libertà e la diversità culturale, il valore del lavoro intellettuale e creativo, il pluralismo delle testate, il giornalismo di qualità, ma anche la sostenibilità della industria culturale e giornalistica europea, la ricerca e l’investimento in nuovi autori, milioni di posti di lavoro per artisti e professionisti della musica, del cinema, dell’audiovisivo e dell’editoria. E la sopravvivenza stessa del giornalismo libero e di approfondimento.