Memorizzate questo nome: Wanuri Kahiu. Ma chi è Wanuri Kahiu? Una visionaria. La regista del primo film keniota programmato nella storia del Festival di Cannes, Rafiki. Una 38enne che vuole credere in una rappresentazione “divertente, feroce e frivola dell'Africa”. Suona strano? Pensare che per molte persone che non l'hanno mai davvero visitata, o che l'hanno osservata con la lente (spesso) appannata del turismo di massa, l’Africa al di fuori degli hotel è solo un posto problematico dove tutto va preso troppo sul serio e non c’è futuro. Ignorando, ad esempio, la tradizione umoristica di paesi come il Senegal. Non a caso in Africa si sa ridere molto bene e Wanuri Kahiu lo sa. “Siamo narratori, creatori di abiti, grafici, musicisti, amanti della vita, messaggeri della gioia, amanti della bellezza, sostenitori della speranza”, dice il claim del sito AfroBubbleGum, il collettivo che raccoglie creativi africani e che cerca di dimostrare quanto detto. Fondato dalla commentatrice culturale americana Georgia Bobley e dalla fashion marketer tanzaniana Nisha Kanabar, il sito si pone l'obiettivo di "rendere l'Africa una parte più perfetta della narrativa generale della moda". AfroBubbleGum è una tendenza, un segno dei tempi che cambiano in un paese che non ci sta più a fare la parte del “sud del mondo” e vuole riscattarsi partendo dalla sua immagine.

youtubeView full post on Youtube

Chi ha visto il film Rafiki sa che si tratta di una storia d’amore tra due ragazze di ottima famiglia che sfidano la società omofoba, ma non è questa la sola cosa eccezionale del film (e presto non dovrebbe più esserlo in nessun film al mondo). Rafiki è una pellicola dall’estetica “che fa schizzare gli occhi fuori dalla testa”, come lo definisce Broadly, con una delle protagoniste che sfoggia una cascata di treccine rosa e azzurre e le location in cui prevalgono, appunto, i colori delle gomme da masticare. Ma soprattutto, questa pellicola che è un po’ il manifesto dell’AfroBubbleGum, mostra gli africani che vivono una vita piena, sana e felice e che non hanno bisogno di narrare solo e solamente i problemi dell’Africa per attirare l’attenzione del mondo ed essere presi sul serio. Wanuri Kahiu è un’africana che vive una vita piena, sana e felice. È nata a Nairobi e non è mai emigrata definitivamente, anche perché è riuscita ad avere successo restando il più possibile in patria. Ovviamente, le circostanze glielo hanno permesso: suo madre è medico, il padre è un facoltoso uomo d’affari, sua zia è una famosa attrice locale e suo zio uno scultore quotato. A 16 anni aveva già deciso di diventare regista e ha studiato per farlo. Si è laureata all’Università di Warwick e ha ottenuto poi un master di regia e produzione alla Los Angeles's School of Theatre, Film and Television. Ha fatto la gavetta a Hollywood e i suoi primi lavori sono stati From a Whisper e Pumzi.

Photograph, Pink, White, Clothing, Street fashion, Beauty, Shoulder, Dress, Fashion, Snapshot, pinterest
Photo by Jean Gerber on Unsplash

Secondo Wanuri Kahiu, che è stata bandita dal Kenyan Film Board of Classification per aver trattato il tema dell’omosessualità con il suo film, l’arte africana si preoccupa soprattutto di temi come la guerra, la carestia, la radicalizzazione e le mutilazioni genitali femminili. Kahiu si è posta lo stesso problema del test di Bechdel inventato dall’omonima fumettista americana con cui si valuta un film in base a tre condizioni: 1) che ci siano almeno due donne di cui si sa il nome; 2) che queste due donne di cui si sa il nome, in una scena parlino tra loro invece che con un personaggio maschile; 3) che le due donne con le caratteristiche già dette non parlino di uomini. Scoprendo che i film che passano queste tre semplici condizioni sono pochissimi, dispersi nel sessismo generale. Wanuri Kahiu ha vagliato quanti film contengano invece: 1) due o più africani in salute; 2) due africani in salute che siano anche in buone condizioni economiche e che non abbiano bisogno di essere salvati; 3) due o più africani con le suddette caratteristiche che si stiano divertendo. Possiamo immaginare facilmente quanti ne siano rimasti. Wanuri Kahiu e AfroBubbleGum riusciranno a cambiare la percezione dell’Africa? Se ne stiamo parlando, lo stanno già facendo.