È quel periodo dell’anno, quello della pubblicazione della lista delle 100 persone più influenti dell’anno secondo il TIME. Sfogliamo il parterre de roi e ci rendiamo conto di come alcune celebs più o meno note per meriti o demeriti, per motivi politici, sociali o di showbiz, entrano di diritto in quel momento storico preciso. Anno di grazia 2019, queste sono le persone che scolpiscono i nostri giorni, che determinano le agende governative dei paesi o spostano movimenti social-i. Parlano di inclusione, di uguaglianza e di femminismo, o escludono tutto questo. Nell’elenco delle TIME 100 most influential people ci sono le persone che sono emerse dalla marea narrativa e si sono fatte notare alla loro maniera. La loro grandiosità, lo stand-out, viene sottolineato dai profili scritti da chi con loro ha lavorato, si è interfacciato, li conosce bene, e sa darne la descrizione migliore.

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Quei pioneer, li definisce il TIME, come Sandra Oh, la prima attrice di origine asiatica a vincere premi su premi per la sua interpretazione in Killing Eve e a condurre i Golden Globes 2019 facendo commuovere tutto il mondo. “È una virtuosa. Tratta i dialoghi come le note di uno spartito, ogni parola deve suonare bene, ogni sillaba deve essere intonata nel modo giusto” la descrive Shonda Rhimes che la ebbe in Grey's Anatomy e che ne firma l’omaggio sul TIME. Chi non si è estraniato dalla lotta social come Chrissy Teigen, la modella moglie di John Legend e cuoca per passione, proclamata all’unanimità regina anti-bodyshaming su Twitter e Instagram dove promulga con autoironia la gioia dell’amore per il cibo. E sempre a proposito di cibo impossibile non citare il nostro orgoglio Massimo Bottura, miglior chef al mondo (per l’ultima volta secondo il nuovo regolamento della World's 50 Best 2019) e vero rivoluzionario del rapporto con il cibo e gli sprechi grazie al progetto di refettori per tutti Food For Soul.

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E l’arte profonda è celebrata anche dagli artisti più influenti secondo il TIME, interpreti di un cinema nuovo e autentico, o vere e proprie icone della recitazione che pur mancando l’Oscar per l’ennesima volta fanno incetta di cuori e sostegno pubblico. Yalitza Aparicio e Glenn Close sono le due facce della più bella medaglia d’oro del cinema. L’attrice per puro caso fortuito in Roma di Alfonso Cuarón dove Yalitza Aparicio interpreta la protagonista, e il regista firma il tenero omaggio sottolineando il suo impegno per le donne indigene del Messico) e l’attrice che sembra non smettere mai di affascinare ad ogni nuovo personaggio. A dare a Glenn Close il giusto risalto sono le parole di Robert Redford, suo compagno di set negli anni 80 e ancora oggi ammiratore di un talento straordinario. Lo stesso tipo di talento unico, e di capacità di farsi intravedere tra le pieghe - siano esse di un ruolo sul grande schermo o di un vestito iconico - che ha Clare Waight Keller, la creative director di Givenchy che ha portato il suo savoir faire nella maison parigina, oltre a firmare per amicizia il vestito da sposa di Meghan Markle. Ma in assenza della penna della duchessa di Sussex, a raccontarne la storia c’è l’amica attrice Julianne Moore.

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Filo dopo filo, l’intreccio non si complica ma si allarga per includere le icone in grado di dar forma allo Zeitgeist. Ancora uno stilista, e di rilievo massimo, come Pierpaolo Piccioli, creative director di Valentino. E che Frances McDormand ringrazia pubblicamente per averla fatta transitare “dai vestiti alla moda”, una frase che riassume tutto. La ex First Lady Michelle Obama, rimpianta da chiunque, che la moda la vive ad ogni look con un divertimento in continuo Becoming da gioco bellissimo, e alla quale Beyoncé offre il suo tributo in chiave politico-amorosa. L’immensa Lady Gaga, premio Oscar per la strepitosa musica di A Star Is Born, la camaleontica autrice/cantante/attrice che Céline Dion descrive con parole di profonda ammirazione: “La sua espressione artistica non ha regole o confini, continuerà ad esprimere amore e libertà in tutto il mondo per tutte le generazioni future”.

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Quel futuro che Greta Thunberg sta urgendo ai giovani di rendere meno impattante, quel futuro che Alexandria Ocasio-Cortéz sta scrivendo in green (ink) deal a colpi di speech potentissimi, dirette Instagram e abiti statement. Quel futuro che in passato donne politiche americane come la speaker Nancy Pelosi (onorata da Hillary Clinton) hanno contribuito a spianare. Il futuro che passa definitivamente dalla rapidità di azione pacifista di Jacinda Ardern, la premier della Nuova Zelanda che ha ristretto l’uso delle armi nel paese dopo l’attentato terroristico da 50 vittime di un suprematista bianco a Christchurch. Il futuro inclusivo che Pat McGrath make up artist disegna con pennelli e colori sui volti in posa delle modelle nere, bianche, asiatiche, più sono diverse e più sono belle.

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O quello che Alex Morgan, calciatrice statunitense, sta scolpendo per le future giocatrici a colpi di rigori e azioni eclatanti sul rettangolo verde. Ma c’è anche quello distopico-social che impaurisce. Del quale il milionario Mark Zuckerberg con la triade Facebook/Instagram/WhatsApp (è tutto suo) sta cercando la chiave di responsabilità, sua e sovranazionale. Il futuro che continuano a scrivere. Il futuro che comincia da ieri.