Passeggiare per Villa Borghese a Roma durante il concorso ippico di Piazza di Siena significa cancellare un secolo dall'orologio. I viali frondosi splendono sotto un sole miracoloso di fine maggio, nitriti e colpi di zoccoli in allenamento, il ritmo dei passi marziali di cavalieri e amazzoni echeggia come una promessa. Uno dei parchi più belli e sontuosi della Capitale si veste di antica eleganza per l'87esimo appuntamento equestre che richiama schiere di appassionati, tra i quali si conta anche Bruce Springsteen sostenitore della figlia Jessica Springsteen. Ma anche persone comuni che di cavalli, cavalieri e punteggi sembrano conoscere veramente tutto, marcandoli stretti per qualche selfie pre-gara e curiosità tecniche da dipanare e per i quali Piazza di Siena è un concorso storico. Gli sportivi e i fan arrivano da tutto il mondo. L'Italia schiera anche la campionessa di salto a ostacoli Giulia Martinengo Marquet, essenza della pragmaticità dell'amazzone con un sorriso che sembra contraddire ogni schema. Questo contrasto delizioso ha dato vita alla sua collaborazione insieme al collega Lorenzo De Luca quali ambassador di Land Rover. Jaguar Land Rover Italia & il mondo dei cavalli: una liaison ben assestata che si rinnova con la partnership del brand con la Federazione Italiana Sport Equestri (oltre a essere official sponsor e official transportation car). Abbiamo incontrato Giulia Martinengo Marquet in questa cornice (più che) bucolica.

Quando hai capito che l’equitazione sarebbe diventata lo sport della tua vita?
Prestissimo, devo dire. Nasco in una famiglia di appassionati quindi i cavalli hanno sempre fatto parte della nostra vita. Il che ha aiutato un bel po’, però ho sempre avuto una passione infinita. Le ore in scuderia… Per me sono sempre esistiti solo i cavalli.

Il tuo gioco preferito era andare in scuderia?
Sì. I miei avevano una scuderia, erano appassionati e io sono nata praticamente in scuderia. Quindi capisci, la fattoria, cavalli da sempre intorno a me: tutto questo ha fatto breccia con la confidenza del caso. Ho sempre avuto una missione.

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Il primo cavallo di cui hai memoria?
Una cavalla nata in casa, che si chiamava Flamboyant e che io ho visto nascere. L'ha allevata mia mamma. Abbiamo le foto di questa puledrina nata nel 1984, io avevo 5 anni (sono nata nel 1979). Una cavallina che ha montato prima mio fratello e poi io, è il mio primo ricordo del montare. Di ricordi poi ne ho mille perché mia mamma, pur da dilettante, è sempre stata una grande appassionata, mi portava con lei: ho ancora nella testa il galoppo del cavallo. E mia mamma è qui a seguire la gara, ovviamente!

L'equitazione è uno sport dove si gioca alla pari da sempre.

L'equitazione è uno sport molto paritario, uomini e donne gareggiano insieme senza distinzioni di genere. Ti è mai capitato di essere discriminata in quanto donna, o hai sentito di colleghe cui è successo?
Devo dire di no. È uno sport dove si gioca alla pari da sempre, è la sua essenza perché la forza fisica, che tutto sommato è l’unica cosa che ci differenzi veramente da un uomo, non conta nulla in questo sport. Uomini e donne si approcciano con queste regole e la discriminazione non esiste davvero. Anzi, nel mio caso siamo in un paio di amazzoni a più alto livello. E devo dire che siamo anche piuttosto coccolate.

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Stefano Principi

Parlavi del rapporto che hai avuto con tua madre. Tu hai una figlia: che cosa vorresti per lei? Che cosa speri?
Raccontavo poco fa che ho 40 anni, conosco bene cosa significhi fare questo sport meraviglioso ma pieno di sacrifici. Si passa dalle stelle alle stalle, nel vero senso della parola, nel giro di pochissimo. È solo l’enorme passione che ti traghetta da un giorno all’altro e da una gara all’altra, perché puoi vincere una gara di domenica ed essere il peggiore dei perdenti il venerdì successivo. Detto ciò, sapendo quanto in questo sport i cavalieri si dedichino anima e corpo, auguro semplicemente a mia figlia di trovare una grande passione che la trascini. Io ho sempre avuto una grande passione, questa, e mi rendo conto che è fondamentale. Le auguro di trovare la sua strada, poi se sarà nei cavalli sarà semplicemente avvantaggiata perché avrà tutto dalla sua; fosse dell’altro, spero comunque che sia una passione fortissima.

Auguro semplicemente a mia figlia di trovare una grande passione che la trascini

Hai annunciato il ritiro di Verdine, una delle tue cavalle. Come hai capito che era il momento di farla smettere? Cosa significa per un cavaliere dover mandare in pensione il proprio cavallo?
È in parte un dispiacere, ma mi sono resa conto che non poteva più sostenere un certo livello. Siccome aveva avuto una stagione formidabile, non mi andava nemmeno di declassarla e utilizzarla in altro modo. Ho voluto che se ne andasse in gloria. Abbiamo preso questa decisione: ho altri cavalli che possono stare al livello cui sarebbe stata costretta lei. Non era una cavalla con una salute facile e non me la sentivo di affrontare una cosa così. Resta in scuderia con noi, è la nostra campionessa. E ho la fortuna che sia femmina, ho già dei puledri suoi figli. Adesso ha una carriera da mamma.

A cosa non rinunci mai quando sei in gara, hai un portafortuna speciale o un rito scaramantico preciso?
Sono noiosamente poco scaramantica (sorride). Per un fatto di allenamento mentale nel quale invece credo molto, ho delle routine che si legano al momento della ricognizione del percorso. Tendo magari a ripeterlo, immaginarlo, cercare di viverlo prima di andarci col cavallo. È una pratica di allenamento mentale.

Come i piloti di Formula 1 o di moto, che ripassano il circuito e le mappe…
Di fatto è un percorso, e lo immagini tutto in modo da meccanizzare le azioni. Mantiene l’emotività sotto controllo.

Hai un approccio molto razionale.
Sono una persona piuttosto schematica, con tutte le accezioni anche negative del caso (ride).

C'è un concorso o un evento sportivo importante che ancora ti manca nel palmares?
Arriverà, sì. Vorrei un concorso storico nel mondo equestre, quello di Aquisgrana. Non l’ho ancora fatto. Ho avuto la fortuna di aver partecipato molte volte qui a Roma, ma Aquisgrana mi piacerebbe.

Una curiosità, ma per le Olimpiadi come funziona?
Ogni nazione ha due possibilità di qualificarsi: ai Mondiali e al proprio campionato continentale, per noi gli Europei. Ai Mondiali non abbiamo preso la qualifica, quindi abbiamo una chance ai campionati europei di fine estate. È un sistema di qualifiche, ci sono le selezioni.

Che cosa significa per te essere ambassador Land Rover?
Significa moltissimo. Ho ritrovato negli anni un brand che si sposa in maniera vera e verace con i principi del nostro sport. Perché non è sport, ma stile di vita. E questo marchio è in perfetta armonia e coerenza con i principi e l’essenza del nostro modo di vivere. Stile, perché è un aspetto legato in forma e sostanza; stile nell’equitazione, stile di una macchina che dà comfort e lusso totale ma senza essere aggressiva o eccessiva, non ostenta. La vera sostanza è il low profile. Lo spazio del comfort, poi, è importante: noi siamo persone che ogni fine settimana sono in giro per l’Italia e per il mondo, facciamo tanti chilometri con valigie, cani, figlia, marito, cavalli. Dove vai con la spider?

Cosa c’è nel tuo futuro?
Sto crescendo una coppia di cavalli per lo sport ad alto livello, Elzas e Princy. È una tappa della loro crescita, sono gare dove possono affermarsi e crescere. Questo è il mio immediato futuro.

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