Il mondo del lavoro (ma non solo quello) è sempre più competitivo. Per riuscire nella vita bisogna sviluppare i tratti distintivi da leader che, a cercarli bene, abbiamo quasi tutti. Il discorso si complica quando si è donna. Nonostante i notevoli passi avanti fatti dall’emancipazione femminile, la donna deve imporsi due volte per emergere, come diceva Ginger Rogers, la partner di ballo Fred Astair, le donne devono "ballare all’indietro e sui tacchi alti". La società e l’educazione ricevuta dalle donne purtroppo tende molto verso l'incoraggiamento alla rinuncia delle ambizioni, e loda la modestia di fingersi meno valide di quello che si è. Quante volte una donna si sente dare della presuntuosa per rivendicazioni che in un uomo sembrano legittime? Eppure, è ormai risaputo che quando una donna è a capo di un’azienda, le entrate aumentano in media del 25%, mentre le leader politiche, in tutto il mondo, sono statisticamente molto meno corrotte. Eppure, il modello di leadership prevalente è quello maschile, soprattutto negli stati di crisi, perché quando il gioco si fa duro bisogna lasciar fare ai duri, ai maschi. Siamo proprio sicuri che sia così? No, non lo è.

Le donne rappresentano un potenziale ancora inespresso e la maggior parte degli economisti più autorevoli sono concordi che i paesi in cui le donne vengono sottovalutate si trovano più spesso ad affrontare crisi economiche e rallentamenti di pil. Ovvio: scelgono i talenti solo fra il 50% della popolazione. La leadership femminile è una fonte poco esplorata di talento, se n’era accorto anche lo scrittore francese Stendhal, che si lamentava di quante opere d’arte e quante scoperte si fosse negata l’umanità relegando in cucina colei che era destinata a compierle. Molte organizzazioni all’avanguardia e anche qualche partito politico cerca di applicare regolamenti in cui garantire alle donne pari opportunità, ma non basta ancora perché la mentalità è dura da cambiare. Come dice Paola Bocci, consigliera regionale della Lombardia che ha presentato un progetto di legge ad hoc, questi regolamenti disperdono il loro valore in corso d’opera perché, ad esempio, anche se a parità di qualifiche la legge impone di riconoscere all’uomo e alla donna la stessa retribuzione, si tende poi a dare più aumenti al dipendente uomo, arrivando a una disparità ingiustificata. Bisogna cercare di rimuovere gli ostacoli all’affermazione delle donne nelle organizzazioni, ed è per questo che la donna deve sapersi prima di tutto muovere in ambiti a loro ostili. Le donne sono, ad esempio, dotate di maggior soft skills, quelle naturali. Le doti di una leader si distaccano dalla concezione vecchio stampo di tipo “maschile”, autoritaria e basata sul controllo, sulla manipolazione, sulla paura e sulla gerarchia, il megadirettore di Fantozziana memoria, tanto per intenderci. La donna riesce gestire situazioni di leadership partecipative e condivise mediante il dialogo. A volte, però, la naturale empatia delle donne (dovuta all’ossitocina, l’ormone della compassione che cala col passare degli anni) porta a mettersi molto nei panni altrui, dando la priorità alle esigenze degli altri. Serve un giusto mix per puntare al successo: autorevolezza, autorità e comunicazione. Ottimizzare le proprie performance professionali attraverso la valorizzazione di una modalità di azione ferma, assertiva e al contempo morbida.

Cynthia Trudell, nota leader e responsabile delle risorse umane per diverse multinazionali statunitensi, ha individuato 5 modelli di leadership al femminile: visione creativa, sensibilità, concentrazione, pazienza e perseveranza, flessibilità e adattabilità. Tutte queste caratteristiche portano alla creazione di un gruppo di lavoro unito, sereno e capace di sviluppare progetti sia in collaborazione, sia autonomamente. Resta fondamentale per una leadership partecipativa al femminile apprendere come applicare la leadership stessa, ottimizzare i propri valori allineandoli alla cultura organizzativa, saper utilizzare quelle strategie che creano influenza, investire sulle proprie energie e risorse personali rimanendo consapevoli dei propri punti forti.

Per entrare più consapevolmente nel ruolo è spesso necessario, se tutte queste doti non sono innate e non si sviluppano da sole col tempo e la maturità, ricorrere alle strategie di coaching. Un po’ come tornare a scuola. Oramai sono tanti i corsi, on line ma anche dal vivo, che offrono una metodologia utile per permettere alle donne di essere più consapevoli delle proprie caratteristiche e del contributo che possono dare all’organizzazione attraverso lo sviluppo delle loro competenze distintive. La leadership al femminile non è semplicemente una meta da raggiungere, ma è piuttosto un percorso che parte dall’interiorità di una singola donna e si proietta verso il mondo. E il successo.