Il racconto Corpi Uguali e la sceneggiatura L’immagine che brucia, scritti da Michele Piatti, Laurea Magistrale in CITEM, Università di Bologna:

Racconto
CORPI UGUALI


Anna osserva il proprio volto allo specchio. Lo fa ogni mattina dall’accaduto. Lo faceva anche prima, beninteso, ma lo spirito era diverso. Diversa era lei, diverse erano tutte. Il volto di Anna è quello liscio e diafano di una ragazza bianca di vent’anni, senza impurità. Ha giusto i capelli un po’ spettinati, solo qualcuno dei suoi numerosi e lunghi capelli biondi leggermente fuori posto. Agilmente, Anna percorre le scale di casa per recarsi al lavoro: quanto erano faticosi quei tre piani, pensa. Lo erano, sempre prima.

Le strade sono pervase da un senso di inquieta perfezione. Da quando non esiste più nessuna differenza, i cartelloni pubblicitari delle modelle sono stati rimossi. Anna si ricorda ancora il sorriso rassicurante e aggressivo della svedese – era svedese? No, lineamenti troppo morbidi – che la accoglieva all’uscita ogni giorno. Appesa al muro davanti casa, la ragazza mostrava gli effetti assicurati di un dentifricio sbiancante. I suoi occhi azzurri – tedesca? – sembravano andare oltre lo spettatore. Sembravano non guardare, o guardare il vuoto. Più o meno lo sguardo di chiunque, ora. In ogni caso, un’espressione per nulla comunicativa: era il dentifricio, dopotutto, a parlare per se e, perché no, anche per la modella. Il prodotto era il dentifricio, ed era la modella allo stesso tempo. Modella e dentifricio, pacchetto completo, scherzava qualcuno, Quanto le odiava, Anna. Non poteva non sentirsi inferiore ogni volta le apparisse una di quelle. Almeno, adesso non c’è più bisogno: non serve più vendere bellezza. Non serve un genio a capirlo, è economia di base: ha valore il bene escludibile. Se la bellezza è a portata di mano, è ovunque, non ha più nulla di speciale. Anna sale in autobus.

Caffè? Chiede Beatrice ad Anna. In effetti, è quasi metà mattina. Non si arrabbierà, il capufficio. È uno di quegli uomini all’antica, che rimane sensibile al fascino femminile. Non sempre è così, molti uomini hanno perso l’attrazione da quando non c’è più alcuna differenza. Da quando sono tutte belle. Vale lo stesso principio economico. Per i più la bellezza esisteva solo se distinguibile da una non bellezza. Da una bruttezza, insomma. Così la banalità dall’eccezione, la vecchiaia dalla giovinezza. Il capufficio era di quelli che credeva alla bellezza in sé, invece. Per questo non aveva perso l’abitudine di spiare le proprie dipendenti. Di voler piacere loro. I soliti dipendenti comunali, pensa Anna. Accenna a un sorriso. Beatrice la guarda e ride a sua volta.

– Hai il naso sporco. Di caffè.

Anna ride delicatamente. Il suo naso così perfetto entra nella circonferenza della tazzina. È il naso di una ventenne bianca, appunto. Anna se lo ripete ogni tanto: sono già passati cinque anni, ma la trasformazione ogni tanto la fa riflettere. La vita di prima le sembra un altro universo, un racconto distopico, eppure a volte si sorprende a controllare i capelli bianchi, o il decadimento della pelle sugli avambracci. Lo faceva quando aveva l’aspetto di una cinquantenne single e impiegata. Che poi era la sua realtà: come quella di Beatrice. Anzi, lei ha qualche anno in più. Eppure ora ha l’aspetto pure lei di una ventenne bianca. Ne fa autoironia, Beatrice: ma pensa, la notte prima sembravo una big mama uscita da quelle sit-com sugli afroamericani, e il mattino dopo ero Paris Hilton! Tutte le donne amano fare dell’ironia sui propri rispettivi cambiamenti, ma non c’è alcun velo di nostalgia nelle loro parole. La Ginometamorfosi ha cambiato in meglio la vita di tutti, e tutte. Non una lacrima di rimpianto.

Energica come una ventenne di cinquant’anni, Anna decide di tornare a piedi a casa. Stasera ha un appuntamento. L’ennesimo. Ne ha un paio ogni settimana. La app del proprio smartphone glielo ricorda: uomo di ventisette anni, alto, moro, pizzetto. Single, quotato al 70% secondo i parametri. È un punteggio alto, significa che non ha mollato troppe donne al primo incontro. L’app per incontri era nata a sei mesi dalla Ginometamorfosi, e la sua storia è parecchio comica: gli uomini, non avendo più un parametro di distinzione rispetto alla bellezza fisica delle donne, erano entrati in crisi. Come si fa, ora? L’aspetto dice, diceva, molto di una donna: era il primo modo in cui venivano lette dal sesso opposto. In carne? Poco sportiva, piace a un uomo pigro ma non a un appassionato di maratone. Riccia? Ideale per un artista un po’ fricchettone, non per un avvocato. Rugosa? Le rughe raccontavano storie, un uomo attempato in cerca di esperienze intellettuali avrebbe potuto apprezzarle. Tutto il mercato del corpo, dalle veline alla pornografia, dalla moda a molte altre forme di espressione artistica, era basato su tali differenze. Diversificare il prodotto. Dal giorno della metamorfosi, serviva un modo per indirizzare le scelte: come farebbe il povero maschio, altrimenti, a capire se la ventenne bionda e snella che si trova davanti sia una vanitosa o un maschiaccio, una coetanea o la propria nonna? Ecco allora che la app risolve tutto: schedate, correlate di informazioni dettagliate, geolocalizzate, le donne con la loro storia possono nuovamente essere raccontate agli uomini. E il giro d’appuntamenti è vorticoso: pure Anna, che in quarantacinque anni dei suoi cinquanta totali, non ha mai avuto un ragazzo, esce almeno un paio di volte la settimana. Con uomini diversi. Alcuni li rivede anche il seguito, altri, per i più svariati motivi, non si fanno più vivi. Matrimonio? Non lo sa ancora: le unioni sono in forte calo dalla Ginometamorfosi, così come la natalità. Per incentivarla, il Governo stanzia fondi e redditi di cittadinanza, ma Anna al momento non ne ha granché bisogno. Vuole solo divertirsi e con la app può farlo. Anna è sul mercato. Ma lungi dall’essere un sistema sessista! Le donne possono scegliere con chi andare, votare gli uomini e anzi sottrarre la propria biografia a eventuali sguardi indiscreti. Con l’aspetto era più difficile. Da quando è stata lanciata, la app ha fatturato milioni.

Mentre Anna si asciuga i capelli, il televisore in sottofondo trasmette la conferenza stampa del Primo Ministro: si parla delle celebrazioni pubbliche per la Festa della Ginometamorfosi. Una nuova Festa della Liberazione: dalla differenza fisica. Il Primo ministro si dice orgoglioso: la Ginometamorfosi ha creato una società più giusta, davvero femminista. Ovviamente ci sono voci contrarie: al di là dei soliti complottisti che si interrogano sul perché la trasformazione sia avvenuta (nessuno lo sa) così da un giorno all’altro, c’è chi sostiene che ciò non abbia migliorato la situazione femminile, ma anzi l’abbia peggiorata. Abbiamo sconfitto la piaga dell’anoressia, dicono le fonti governative. Gli oppositori sostengono che invece no, che l’anoressia non fosse connessa all’emulazione fisica e basta, e che si verifica ancora. Di fatto, Anna di anoressiche non ne ha più viste negli ultimi anni. Nemmeno di oppositori, in realtà. Stanno gradualmente scomparendo tutti.

Anna cammina con un po’ di apprensione. Per l’appuntamento? No, per Beatrice. Ha provato a chiamarla prima di uscire, ma non ha ricevuto risposta: spera che il nuovo, potentissimo, psicofarmaco l’abbia solo addormentata. Dovrebbe fare come Anna, Beatrice: non tentare nuovi prodotti ma rimanere su quelli classici, più blandi. Non pensiamoci, ecco l’uomo.

— Senti, lasciamo stare.

Anna è stupita. Come, così all’inizio? Vuole almeno delle spiegazioni. È per via della sua biografia? Del suo passato da donna bullizzata per l’aspetto fisico? Per la sua età effettiva?

— No, è che non ho più voglia. Volevo delle rughe. Che mi raccontassero chi sei. Delle borse sotto gli occhi, per dirmi quanto dormi. La tua biografia non l’ho nemmeno letta. Mi spiace. Sono un illuso.

Anna torna verso casa. Che tipo, pensa. Di nuovo, uno di quegli uomini che a un certo punto, a furia di frequentare donne tutte uguali, si stufa. Sessista. Anna pensa a Beatrice, ai nuovi psicofarmaci, al fatto che potrebbe diventare effettivamente anoressica. Sarebbe un tratto distintivo. Passa poi vicino al Muro della Vergogna: c’è ancora qualche cadavere appeso. Un paio di oppositori, due lesbiche, un transessuale. Ormai è lì da un po’: abbiamo capito che se la bellezza è una, anzi nessuna, le forme alternative non sono più ammesse. È giusto, però potrebbero evitare di esporre i cadaveri impiccati così a lungo. Tant’è, è una società finalmente equa.

Anna si ferma a guardare il proprio volto riflesso in una vetrina. C’è un velo di rimpianto nel suo sguardo. La Ginometamorfosi ha cambiato in meglio la vita di tutti, e tutte, rispetto a prima. Una lacrima di rimpianto le solca il volto da ventenne bianca.

La sceneggiatura
L’IMMAGINE CHE BRUCIA

TRANSIZIONE DA NERO.

1 INT. - FONDALE NERO

In uno spazio indefinito di cui si vede solo il fondale nero, una RAGAZZA CINESE biancovestita, impassibile, si rivolge al pubblico. La voce però non corrisponde al labiale, e nemmeno alla persona: è quella di un’ANZIANA dall’accento europeo. Il testo recitato è un estratto di “Marilyn”, poesia di Pier Paolo Pasolini del 1963.

ANZIANA (VOICE OVER)

“Tu sorellina più piccola, quella bellezza l’avevi addosso umilmente, non hai mai saputo di averla, perché altrimenti non sarebbe stata bellezza. Il mondo te l’ha insegnata. Così la tua bellezza divenne sua”.

2 INT. - SPAZIO TEATRALE

In uno spazio che ricorda un palcoscenico da teatro contemporaneo, totalmente scuro, una BALLERINA, sdraiata al suolo, si alza e danza. È vestita di un cortissimo, quasi discinto, abito rosso. Si muove a scatti, come a voler trattenere una forza potenziale. La sua coreografia ricorda alcuni lavori di Pina Bausch. La musica di sottofondo è minimale.

3 INT. GIORNO - STUDIO FOTOGRAFICO DI TOMMASO

Lo studio appare quello di un fotografo solerte ma ancora modesto quanto a patrimonio. Alla parete di destra, appese con disordine, fotografie e immagini iconiche di soggetti femminili: dalla Gioconda di Leonardo alla modella anoressica di Oliviero Toscani. A quella sinistra, post-it, appunti e lavagne piene di appunti. Il terzo lato della stanza è occupato da teli bianchi e neri, per fondali, accantonati. In mezzo, fra i coni di luce di due lampade, il giovane e scarmigliato TOMMASO immortala freneticamente una graziosa MODELLA VESTITA DI ROSSO acceso. L’artista cambia continuamente posizione, riprendendo la ragazza ora dal basso, ora scavalcandola, ora di lato. Mentre scatta, le suggerisce le pose.

TOMMASO

(Entusiasta ma con voce gentile)

Ti voglio qui, ora! Così, brava... no! Non mi guardare, guarda altrove. Pensa ad altro. Più a destra! Pensa, che so, a un altro luogo, un altro corpo...

La modella esegue meccanicamente.

4 INT. - FONDALE NERO

Nel medesimo scenario e con il medesimo effetto di straniamento, stavolta è un’ANZIANA, sempre vestita di bianco, a parlare. La sua voce è quella di una giovane orientale.

RAGAZZA CINESE (VOICE OVER)

“Ma tu continuavi a essere bambina, sciocca come l’antichità, crudele come il futuro. Il darsi agli altri, troppi allegri sguardi, che chiedono la loro pietà. La tua bellezza sopravvissuta dal mondo antico, richiesta dal mondo futuro, posseduta dal mondo presente, divenne così un male”.

5 INT. - SPAZIO TEATRALE

La ballerina prosegue nella sua coreografia. È però più libera nei movimenti, per quanto veementi. La musica, pure, è in crescendo.

6 INT. NOTTE - UFFICIO DI TOMMASO

La seconda stanza di quella che si suppone sia la casa di Tommaso è, se possibile, più disordinata della prima. Sulla scrivania, rullini e strumenti fotografici disposti caoticamente. Alle pareti, manifesti di mostre e film: tutte immagini in cui il corpo femminile è protagonista, da Lolita di Kubrick alle commedie erotiche degli anni 70. Tommaso, camminando avanti e indietro, fuma una sigaretta e parla al telefono con un uomo che risulta essere l’EDITORE per cui il fotografo deve realizzare il progetto.

TOMMASO

Sì, domani ho l’incontro con le altre tre modelle.

EDITORE (VOICE OFF)

Sei in ritardo sulla tabella di marcia, sai?

TOMMASO

Mi scuso, sa che ho un metodo molto riflessivo e...

EDITORE (VOICE OFF)

Ascolta, i patti erano chiari: la casa di moda vuole un servizio, tu lo fai. Noi ti forniamo le modelle e ti assicuriamo un buon compenso. Punto.

TOMMASO

La casa di moda vuole un servizio sul nuovo bodytelling femminile, va pensata come idea.

EDITORE (VOICE OFF)

La casa di moda vuole vendere capi, e io copie.

TOMMASO

Ma il concetto, la reinterpretazione etica...

EDITORE (VOICE OFF)

Non fare l’artista. Non te lo puoi permettere. Devi solo raccontare dei corpi vestiti, con la tua fotografia.

TOMMASO

Ma voglio capire come narrarlo, il corpo. Se il corpo vuole essere narrato come lo voglio io. È il corpo di un altro, di una donna.

EDITORE (VOICE OFF)

Non mi interessa la filosofia. Nemmeno a te dovrebbe. Sei un fotografo? Fotografa! Appropriati del corpo altrui. È il tuo mestiere.

Tommaso, con il telefono ancora alle orecchie e l’ultimo mozzicone di sigaretta fumante in mano, resta fisso a riflettere sull’ultima frase.

7 INT. - SPAZIO TEATRALE

La ballerina, sempre in crescendo, guarda ora dritta davanti a sé mentre si muove. Una luce leggera ma netta illumina, ai suoi piedi e attorno a lei, delle pellicole fotografiche.

8 INT. GIORNO - STUDIO FOTOGRAFICO DI TOMMASO

TOMMASO è con TRE MODELLE: LA PRIMA vestita di un lungo abito CELESTE, la SECONDA di GIALLO acceso e la TERZA di VERDE elettrico. Le tre sono giovani, di carnagione diafana e longilinee. Sono in piedi, ad attendere e osservare con sgaurdo spento Tommaso, che dà loro le spalle mentre riflette.

TOMMASO

(Si volta di scatto verso le modelle)

Ditemi voi! Le tre non rispondono, appaiono assenti.

TOMMASO

Ditemi voi corpi, intendo. Ditemi il corpo. Il vostro.

MODELLA CELESTE

Non capiamo.

TOMMASO

Io non abito il vostro corpo. Non lo vivo. Non me la sento di appropriarmi. Ditemi voi cosa devo fare.

MODELLA GIALLA

Siamo modelle. Obbediamo al fotografo.

TOMMASO

E il corpo?

MODELLA VERDE

Non abbiamo il corpo. Lo cediamo allo sguardo. Non l’abbiamo. Tommaso resta in piedi ad osservarle, senza parlare. Poi da un angolo della stanza prende cavalletto e macchina fotografica. Li posiziona davanti alle modelle. Si nota che l’obiettivo è ancora coperto dal copriobiettivo.

TOMMASO

(In un crescendo emotivo misto di rabbia e rinnovato entusiasmo)

Non avete corpo? Fotografo il nulla, allora. Il nero. Ci appartiene, no? Appartiene a tutti. Coraggio, mettetevi in posa, cambiatela, mostratevi! Vedrò nero, e lo fotograferò. Sarà questa la mia narrazione del corpo: il corpo privo. E i lettori della rivista non avranno che ciò che vogliono: una cosa che è diventata nulla. Un buco nero. Una forza assente.

Tommaso inizia a scattare freneticamente mentre le modelle cambiano pose. La macchina fotografica emana continui lampi di flash, mentre il coprobiettivo rimane al proprio posto.

9 INT. - SPAZIO TEATRALE

Mentre la ballerina danza in modo vorticoso, le pellicole disposte a terra prendono fuoco. I bagliori intermittenti delle fiamme illuminano la protagonista della scena, che in un tripudio di musica esegue l’ultimo movimento e ricade a terra.

10 INT. - FONDALE NERO

Stavolta è una BAMBINA AFRICANA, vestita di bianco, a parlare. A differenza di prima, il labiale, il tono di voce e l’accento corrispondono alla persona.

BAMBINA AFRICANA

“Ora i fratelli maggiori finalmente si voltano, smettono per un momento i loro maledetti

(MORE)
BAMBINA AFRICANA (CONT'D)

giochi, escono dalla loro miserabile distrazione. Ora sei tu, la prima, tu sorellina più piccola, quella che non conta nulla, poverina, col suo sorriso, sei tu la prima oltre le porte del mondo abbandonato al suo destino di morte”.

11 INT. GIORNO - UFFICIO DELLA CASA EDITRICE

L’editore è un grosso uomo di mezza età, ben vestito ma volgare nei modi. Con passo relativamente veloce per uno della sua stazza, attraversa le fila di scrivanie piene di IMPIEGATI, chini a lavorare ai computer. Arriva alla postazione PC di un GIOVANE IMPIEGATO, seduto davanti allo schermo, e fa come per scansarlo.

EDITORE

(Rabbioso, guarda lo schermo)

Cosa vuol dire che le foto non ci sono? Non le ha mandate, quell’idiota?

GIOVANE IMPIEGATO

(Visibilmente confuso)

Osservi lei. Non capisco. L’impiegato mostra al superiore le foto che si intuisce aver inviato Tommaso: sono scatti in sequenza della ballerina che danza fra le fiamme delle pellicole.

TOMMASO (VOICE OVER)

Il corpo è forza assente. Immagine che brucia: come il fuoco, non può essere costretta. Si alimenta e si estingue da sé, imprendibile dallo sguardo. Nasce dalla luce, nella luce ritorna e rifulge.

TRANSIZIONE IN NERO.

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