Killing Eve, la serie tv arrivata alla seconda stagione che ha come protagonista l’assassina Villanelle e la laboriosa agente Eve Polastri, è fresca di nove nomination ai premi Emmy. Tutto questo anche grazie alla mano di un'italiana: Francesca Gregorini ha diretto la quinta e sesta puntata dell’ultima stagione. La serie, visibile in Italia su Tim Vision, è riconosciuta come esempio trionfale di concezione e narrativa al femminile. Tra dark e umorismo, punta più sulla tensione sessuale che sull’esecuzione, annienta la discriminazione anagrafica e dimostra sano appetito per una violenza grafica ma raffinata. Grazie a questa narrazione ha così saputo guadagnarsi un’ampissima audience assetata di nuove dinamiche.

«Le protagoniste sono due professioniste nei rispettivi campi, sono donne forti. La missione è quella di esplorare ogni lato della loro personalità per avere il quadro completo di una donna. Compreso il lato da assassina, un estremo che fa parte del nostro DNA» spiega Francesca Gregorini. La regista romana tiene a bada le velate accuse di queerbaiting (tattica di marketing che, sullo schermo, flirta con relazioni dello stesso sesso ma non le conclama, ndr) attribuite allo show: «I due personaggi sono abbastanza complessi da non dover ricorrere alla sessualità come fulcro della loro relazione. C’è altrettanta sensualità nel vederle al top delle loro professioni ed unite nel rispetto reciproco. Va anche detto che nella fiction come nella vita, l’eccitazione risiede nella caccia più che nell’approdo. Io sono queer e non trovo nulla di gratuito né di offensivo nella gestione del tema».

Francesca Gregorini ha esperienza sul set, per citarne alcuni: 2 episodi della serie Humans con Gemma Chan e il film The Truth About Emanuel con Kaya Scodelario e Jessica Biel. Sul set di Killing Eve, Gregorini racconta come si respiri un’atmosfera di protezione biunivoca, diversa dal mors tua vita mea che piaga le donne in situazioni avare di potenzialità. «C’era un patto non scritto di coprirsi le spalle a vicenda e tirare fuori il meglio l’una dall’altra. Nel mio caso la marcia in più era quella della seduzione, non di natura sessuale, ma culturale e artistica», spiega la regista.

Dopo il successo della seconda stagione di Killing Eve, Gregorini cova due desideri: fare un film in Italia e dirigere il primo Bond al femminile. Sul secondo parte già con pedigree familiare, sua madre Barbara Bach era Anya Amasova ne La Spia che mi amava. «Vorrei tornare nel paese che amo (ha vissuto anche in Inghilterra e ora Stati Uniti, ndr) da adulta e lavorarci. Come per chiudere un cerchio».