Avviso a chi naviga in acque calme, soprattutto le donne: nel resto del mondo ci sono gorghi di cui non conosciamo nemmeno l’esistenza. Facciamo un esempio. Nel Bangladesh, Paese di 168 milioni di abitanti di cui il 90 percento musulmani, lo stato civile delle donne sui certificati di matrimonio – solo delle donne - può essere: divorziata, vedova o vergine. Okay, qualcosa non quadra. Lo stato civile di ogni persona al mondo è: coniugato, divorziato/vedovo e celibe/nubile. Quindi perché specificare su un documento se una donna è sessualmente attiva o no? E soprattutto, perché la regola non vale per i maschi, sui cui documenti non compare mai nessuna delle opzioni? La domanda è ovviamente retorica, sappiamo bene tutti quante e quali siano le politiche discriminatorie (anche molto sottili) che riguardano il sesso femminile in giro per il mondo, e non solo per la donna nell'Islam. Per cui, è facile immaginare perché nello Stato asiatico a Est dell’India la legge musulmana abbia sempre dato per scontato che le donne arrivino illibate al matrimonio, e che questa informazione sia di interesse pubblico. Ma siccome, nonostante le apparenze e gli incidenti di percorso, la civiltà avanza, questa umiliazione sembra stia per finire.

La novità è che la Corte Suprema del Bangladesh ha stabilito che la parola “kumari”, ossia "vergine", entrata in uso burocratico nel 1961, debba essere rimossa dai certificati di matrimonio musulmani in Bangladesh, e questo è accaduto solo dopo che un gruppo di attivisti, come ha riportato il Guardian, hanno contestato il termine come, appunto, umiliante e di pura discriminazione femminile. Sarà sostituito da una parola che tradotta significa “non sposata”. Questi NON sono dettagli insignificanti come potrebbero sostenere e scrivere sotto la notizia leoni da tastiera (come quando in Italia nacque la polemica sulla declinazione al femminile delle cariche istituzionali importanti, come sindaca e ministra). Questo per le donne del Bangladesh "è un verdetto fondamentale", dichiara Aynun Nahar Siddiqua, uno degli avvocati che ha assistito il gruppo di attivisti che ha sollevato il caso nel 2014, perché oltre a stabilire una forma di parità, tutela la privacy della donna. Inoltre, la stessa sentenza, che entrerà in vigore a ottobre del 2019, impone di riportare lo stato civile anche sui documenti degli uomini. Non sottovalutiamo questa novità leggendola liberamente sui nostri device, con cui ci abboniamo ad app che ci facilitano la vita usando la nostra carta di credito: nei paesi musulmani, ancora oggi, circa il 30 percento delle donne è analfabeta, e trascorre la propria vita guardando le insegne dei negozi e le etichette nei supermercati senza mai sapere cosa c’è scritto. Ogni passo avanti, è benvenuto.