Devendra Banhart torna il 13 settembre con l’album Ma (Nonesuch/Warner). Un disco dolcissimo e pacificante, in cui l’ex ragazzo che danzava come uno sciamano sulle note di I Feel Just Like a Child mette in musica le sue riflessioni su arte, amicizia, famiglia, perdita e politica. Con un pensiero al Venezuela delle sue origini, che ci invita a sostenere nel video del primo singolo Kantori Ongaku, attraverso l’associazione I Love Venezuela. Negli ultimi mesi il cantautore, musicista, pittore, dj americano ha pubblicato un libro di poesie, Weeping Gang Bliss Void Yab-Yum, e un album di disegni ispirati al Giappone, Vanishing Wave. Ha disegnato una collezione sostenibile di vestiti maschili per Alex Crane e ha curato Fragments du Monde Flottant, una raccolta di demo di altri musicisti. Seguitelo anche su Instagram, la maggior parte delle volte è lì per parlare di un altro artista che merita, per supportarlo, per farcelo conoscere. Il 9 febbraio 2020 farà un’unica data italiana a Milano, al Teatro dal Verme (biglietti su Ticketone). E nell’attesa è a Milano che l'ho incontrato, per una lunga chiacchierata che è stata molto più di una serie di domande e risposte. È stata una rivelazione, lieve e incoraggiante, sul senso della vita.

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C’è la sensazione ascoltandoti che più diventi maturo nelle espressioni, più si libera il tuo bambino interiore. È così? Forse è questo essere adulti: non cercare di reprimere il bambino, ma abbracciarlo. Ed essere un bimbo consapevole, un bimbo adulto.

E come lo aiuti a crescere? Sviluppi una relazione con te stesso, il bambino interiore è un altro modo di chiamare il cuore, l’anima, la tua vera identità. Siamo gli unici animali che devono ricordarsi di essere se stessi. Gli uccelli non si dicono: sii un uccello, puoi farcela. La maturità non è la tua versione perfetta, è il te che si conosce di più. Va al di là del tuo nome e del tuo corpo, quando entri in contatto con quella essenza, realizzi che tutti ce l’hanno e diventa più facile rapportarsi agli altri in modo empatico.

Il primo singolo di Ma è Kantori Ongaku, un titolo in giapponese che fa riferimento al country e al lavoro di Haruomi Hosono. Il sottotitolo Shikata Ga Nai vuol dire “lascia che sia”, giusto? Sì, è la vita (risponde in italiano, ogni tanto nel corso dell’intervista lo fa o mi chiede di tradurgli in italiano delle parole, si entusiasma. Dà l’impressione di vivere di suoni e di conoscenza).

Nella ballata c’è un verso che dice: The older I get the less I fear anyone I see/And little or more I fear humanity, me lo spieghi? È sulle preoccupazioni che ti tengono sveglio la notte quando ti senti nuovo in un ambiente, e che man mano diminuiscono. Sai quella mentalità da liceo, che ti fa dire: cosa penseranno gli altri, e adesso? Preoccuparsene meno è un sollievo, una bella sensazione. Ma allo stesso tempo sviluppi anche una sensibilità maggiore sul comportamento dell’umanità nel suo insieme, che è da ignoranti totali. Come società siamo immaturi e sadomasochisti perché non abbiamo ancora trovato il modo di trasformare l’avidità in generosità, o l’illusione di un ego separato nella saggezza dell’interconnessione. È un lavoro da fare, siamo ancora molto lontani. Dipende tutto dai singoli individui.

Cosa può fare un singolo? È molto importante cercare di essere davvero egoisti ed essere felici. Sii egoista e fai quello che vuoi fare, sii egoista e segui la tua vera passione, così potrai aiutare anche altre persone a farlo. Perseguire la tua felicità è l’atto d’amore più grande che puoi fare verso gli altri. La libertà si trova nella disciplina, sembra un paradosso, ma ci vuole disciplina per essere liberi. Non è: “faccio quello che mi va”, il mondo in cui viviamo è pieno di distrazioni, controllare il telefono ogni 5 secondi è una distrazione, non ti aiuta a essere più libero. La società oggi ha pianificato di farti guardare ovunque tranne che dentro di te. È nell’autodisciplina che puoi trovare il tuo strumento di libertà.

La libertà è disciplina. Perseguire la tua felicità, senza distrazioni, è l'atto d'amore più grande

Hai annunciato il disco dicendo che è un lavoro sul significato della maternità, nelle sue varie manifestazioni. Tu come lo vivi e lo esprimi? Non ho figli, provo le sensazioni di quando sono nato, ho avuto una madre e sarà sempre la mia mamma. Ma crescendo ho avuto l’aspirazione di trovare mia madre ovunque. Io non sono madre di niente, ma riconosco la maternità nella qualità dell’arte, nel sole anche, nell’oceano, nel mio giardino. È una pratica costante. Facciamo un esercizio. Quando litighi con il tuo miglior amico, una delle cose che probabilmente fortifica il legame è attraversare la lite e superarla. Ora immagina che discuterete ancora, e subito dopo scoprirai che il tuo amico ha un tumore: la prospettiva sul motivo del litigio cambierà completamente. Se ti alleni a fare questo tipo di riflessioni probabilmente non litigherai più, perché semplicemente non è importante. Non so se ho risposto alla tua domanda.

Sì. Parlando di amici e arte, supporti e hai collaborato con cantanti super talentuose, per esempio in Amor, Amor de mis amores con Natalia Lafourcade. Ne escono duetti di un’intimità straordinaria, com’è? Perché sono bravissime, così brave che fanno sembrare bravo anche me. Le ammiro, Natalia Lafourcade è una delle cantanti più professionali, di cuore, e magistrali che abbia visto. Le sue performance ti tolgono il fiato, ed è una persona molto dolce. Un’altra artista grandiosa è Cate le Bon, il suo ultimo album Reward è uscito a maggio, ascoltalo penso che ti piacerebbe (lo dice in italiano). Ecco, lei è come una madre per me. E anche la sua musica. Il mio disco è anche un ringraziamento alla musica e all’arte, Carolina, che canto in portoghese, è dedicata alla canzone omonima.

Come possiamo riportare l’idea di maternità a un messaggio d’amore, non a uno statement politico come è ora, con i governi che portano avanti leggi anti-aborto? Nel buio che viviamo, più il buio è fitto, più si attiva nelle persone l’energia materna, femminile, fatta di cura, amore. La gente reagisce, la conversazione è: “Ma che fottuto tremendo disastro è voler rendere l’aborto illegale? Illegale anche sei stata stuprata”? È follia barbara, ed è anche un tentativo disperato di aggrapparsi a qualcosa che non sta funzionando. Purtroppo succede già in Venezuela, dove la situazione è così drammatica che con la dittatura la guerra non è più quella di un paese contro il resto del mondo, ma di un paese contro la sua gente. Siamo vicini al collasso di questo sistema, e spero che succederà in modo pacifico. Riguardo a quelli che si schierano contro l’aborto penso siano persone che soffrono terribilmente, questi vecchi uomini bianchi così spaventati da loro stessi e dal loro dolore che vogliono prender parte a qualcosa che li riporti indietro, qualcosa in cui identificarsi, cercano qualcuno contro cui combattere. È una manifestazione di ignoranza e sofferenza: pensano di poter dire la loro sul corpo di qualcun altro, è assurdo. È assurdo anche solo che se ne discuta, l’aborto deve essere una libera scelta della donna al 100%. Le donne non possono votare in Vaticano, lo sai? È un’altra dimostrazione di quanto l’umanità non sia per niente progressista. Ci sono paesi in cui l’omosessualità è illegale, a questo punto, abbiamo tanta strada da fare se vogliamo sopravvivere. Quindi quando parlo di maternità parlo anche di paternità: l’opportunità di ritarare l’equilibrio, perché in questo momento gli uomini cercano di soffocare la loro energia femminile, e le donne quella maschile, non in termini di sessualità ma dell’ampio spettro dell’anima umana. Ed è un cane che si morde la coda, perché crea pressione, depressione, aggressività. La società è spaventata dall’armonia, ma è l’unica via. Quindi dài, facciamolo succedere!

Nel disco spazi dal funk, alla dance, al folk orientale e latino, a ispirazioni classiche. È una tendenza importante, quella di proporre una conoscenza musicale profonda, una saggezza delle note, penso al successo del tuo amico Nils Frahm. Cosa si sta muovendo nell’industria musicale? Lui è un artista favoloso. Per il resto sta a voi dirlo, quello che hai appena descritto, è già tutto lì, è il tentativo di sperimentare con la musica nuovi umori ed emozioni. Non so niente dell’industria musicale, so che è meraviglioso che ci siano talenti speciali come Nils che stanno ricevendo attenzioni e stanno creando musica unica, e si esprimono in modo molto onesto. Arrivano da un lignaggio di artisti che li hanno ispirati, ma Nils Frahm è il primo Nils Frahm, Helado Negro è il primo Helado Negro ed è fantastico vederli crescere perché non è gente che ha provato a fare un disco come hobby, son persone che sono state creative tutta la loro vita, l’arte non è un hobby, è una pratica continua. Fu*k, ho risposto stavolta alla tua domanda? Mah, chissà se ho risposto.

Mi ricordo di aver pensato: cos’è questa realtà aumentata? È la poesia!

L’arte ha un costo? Che domanda interessante (lo ripete tre volte, e intanto si prende tempo per rimuginare). Forse nel momento in cui ci metti su il cartellino del prezzo, non è più arte. È senza prezzo. (Pausa, di nuovo) Cavolo, ci sto pensando. Sono sicuro che mi verrà un’altra risposta nel mezzo della notte. Ogni tanto mi sono chiesto cosa stavo sacrificando e mi sono detto che ti tocca soffrire un po’. Tipicamente, quando decidi di essere un artista sei incredibilmente fortunato se la tua famiglia ti supporta. Per la maggior parte delle persone non è immaginabile, quindi per un po’ ti senti benedetto ma devi anche affrontare molti rifiuti, giudizi, mancanza di sostegno. Se sei guidato dal cuore però non torni indietro. E non puoi farlo a metà. Qualunque cosa dica la gente della tua arte, gli piaccia o no, non dovrebbe mai essere il punto. Condividere è molto importante, conosco persone che creano tantissimo ma non mostrano i loro lavori, lo rispetto, ma pensa al tuo pittore preferito, o poeta, o musicista: e se non avessero condiviso la loro arte? La cultura sarebbe più povera, non avresti la realtà aumentata che l’arte può fornire. Mi ricordo di aver pensato, cos’è questa realtà aumentata? È la poesia! Se prima di uscire prendi un blocco e una penna e guardi il mondo cercando poesia, crei una realtà diversa.

Parlami della poesia. Io la faccio solo per soldi (ride). Chi non lo fa? La poesia è facilmente digeribile, si adatta a una soglia di attenzione limitata, guarda quanta poesia c’è su Instagram. È il motivo per cui c’è un interesse crescente per forme brevi come gli haiku, anche Twitter, in quello spazio puoi scrivere versi, e aiuta la poesia ad emergere. Anche perché può essere molto rivelatrice, c’è il ritorno di poeti come Gary Snyder, Diane Di Prima, Mary Oliver. Ho scritto molto negli ultimi tre anni, parole che non avevano bisogno di musica. Per me le poesie sono parole che hanno la loro musica o che esistono nel loro spazio silenzioso, e le canzoni sono versi che hanno bisogno della musica. È questa la differenza.

Che rapporto hai con il silenzio? Ma in giapponese vuol dire spazio. Ed è anche un termine filosofico perché descrive l’importanza dello spazio rispetto a un oggetto, un esempio è lo spazio tra le note, che è fondamentale quanto le note stesse.

L’essere e il non essere… Dillo di nuovo? Essere e non essere, esattamente.

Cosa succede quando disegni e dipingi? Quando disegni sei immerso nella bellezza, scompari. In quel momento non sei più tu, sei semplicemente presente e vivi totalmente il momento, non pensi a cosa succede, stai creando. Dipingere, in quel momento, è la cosa migliore.

In tutta questa ricerca di pace, cos’è il caos? È molto soggettivo. La mia visione del caos è salire su un qualunque skybar di un hotel dove sparano la techno, e non c’è nessuno, un paio di persone al massimo. A me piace la techno eh, ma non quel tipo di situazione. Quando mi ci ritrovo cerco un mantra che mi aiuti a non buttarmi giù dal palazzo.

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Ma, il nuovo album di Devendra Banhart, esce il 13 settembre (Nonesuch/Warner). 13 tracce, prodotte da Noah Georgeson. Banhart sarà in concerto in Italia il 9 febbraio 2020, al Teatro dal Verme di Milano.