Forse non serve essere sensibili all’incanto delle sirene mitologiche per sentire il richiamo della nuova ballata di vita trasformata in opera d’arte da Nan Goldin. Le Sirens che guidano il percorso espositivo appena inaugurato alla Marian Goodman Gallery di Londra (fino 11 gennaio 2020), stimolano comunque naufragi interessanti su un sacco di scogli duri del mondo. Offrono risvegli sovversivi della nostra memoria personale e collettiva, con la profonda onestà di opere inedite e rivisitate del suo diario visivo, condiviso da oltre quattro decenni per salvare se stessa e tutto quello che vive e ama profondamente e totalmente, abbracciando istinti, bisogni e fragilità. In sintesi, il ritratto sociale e culturale della comunità di amici, affini e amanti che Nan Goldon ha scelto come famiglia, condividendone il bisogno di libertà e l’oblio della dipendenza, le trasgressioni sessuali e l’identità di genere. Genere non binario e anticonvenzionale, ma così spontaneo, fluido e liberatorio, da nutrire la dichiarazione d’amore che palpita nelle pagine di The Other Side del 1993 e di oggi. Ora che la conversazione di genere e identità è più ricettiva alla versione del libro aggiornata e ampliata, edita da Steidl a settembre 2019, anche gli animi fragili, i corpi imperfetti e le complessità identitarie di regine di cuori come Ivy e Naomi e Colette, sembrano perfetti per introdurci nel diario di ricordi intimi e sofferenze private che Nan Goldin sta ancora scrivendo, dal 2018 con la galleria londinese.

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© Nan Goldin. Courtesy the artist and Marian Goodman Gallery New York, Paris and London
Nan Goldin - Ivy on the way to Newbury St., Boston Garden, Boston, 1973

Nan Goldin fotografa la sua vita da quando ha sedici anni, ma iniziando a bere sente il bisogno di farlo per non dimenticare i dettagli delle sue esperienze. Istintivamente trasgressive e intensamente naturali, quanto le relazioni, passioni e dipendenze che danno ritmo alla celebre The Ballad of Sexual Dependency (1986). La ballata di vita e fotografia ispirata a L'Opera da Tre Soldi di Bertold Brecht, ma ancora di più, alla natura della comunità di artisti, scrittori, registi, gay e trans, scelti come 'famiglia', dalla downtown di New York a Berlino.

Vivendo a Boston nei primi anni settanta si avvicina anche al gruppo di drag queen destinante a diventare amici, compagne di stanza e i principali soggetti delle fotografie che scatta al suo mondo transgender per quasi venticinque anni. Come lei stessa racconta "Li ho visti per la prima volta, Ivy e Naomi e Colette, attraversare il ponte vicino a Morgan Memorial Thriftshop nel centro di Boston. Erano le creature più belle che avessi mai visto. Sono stato subito infatuata.... sono diventati tutto il mio mondo."

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Affascinata e ispirata dalla cruda bellezza senza tabù degli scatti di Lisette Model e Larry Clark, Goldin fotografa i suoi amici ogni giorno, ovunque, da casa al The Other Side, il bar di drag più popolare di Boston (ospita concorsi di bellezza ogni lunedì sera). Un paese delle meraviglie per chi prova a far brillare tutto, destinato a prestare il nome al libro e all’immagine coraggiosa di chi riesce a liberare la propria identità.

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Courtesy Steidl
Jimmy Paulette on David’s Bike, Nan Goldin, cover The Other Side, ed Steidl, settembre 2019

Un obiettivo ambizioso per gli anni novanta della prima pubblicazione e quelli contemporanei che la rileggono con la versione estesa e aggiornata, l'introduzione riveduta da Goldin e le voci di chi è rappresentato, insieme alle fotografie, scattate per oltre venticinque anni. Un viaggio lastricato dalle sfumature più glamour della loro vulnerabilità e quelle nere dell'AIDS che li rende un ricordo. Negli anni Novanta, registra anche l'esplosione della resistenza come fenomeno sociale, a New York e Berlino, Bangkok e Manila. Molti scatti mai visti, sono esposti per la prima volta alla Marian Goodman Gallery, insieme a diversi progetti celebri e nuovi. Nuove prospettive per un lungo viaggio nella vita e l’arte di Nan Goldin, di nuovo a Londra dopo l’itinerante Devil's Playground alla Whitechapel Art Gallery del 2002.

Immagini di grandi dimensioni del paesaggio crepuscolare, fotografato dal Brasile all’Italia negli ultimi due decenni, arricchiscono l’esposizione insieme a tre installazioni video. La nuova presentazione digitale Memory Lost (2019), si concede anche una toccante riflessione sulla memoria alterata della dipendenza, tra autoritratti foschi e paesaggi intossicati, frammenti di conversazioni telefoniche e di testimonianze di dipendenza da coca, oppiacei, alcool, farmaci, al ritmo della colonna sonora, realizzata dalla compositrice e performer Mica Levi, come quella della nuova opera video Sirens (2019).

Nan Goldin, Sirenspinterest
© Nan Goldin. Courtesy the artist and Marian Goodman Gallery New York, Paris and London
Nan Goldin, Sirens, 2019
Nan Goldin, Sirenspinterest
© Nan Goldin. Courtesy the artist and Marian Goodman Gallery New York, Paris and London
Nan Goldin, Sirens, 2019

Un lavoro visivamente ipnotico che, assemblando per la prima volta esclusivamente filmati trovati, si comporta come le creature mitologiche che ne ispirano il viaggio. La visione della pelle lesa tenuta da una spilla, di un corpo nudo dietro una vetrata, di persone che ballano, di un paesaggio di corpi che prende vita può sembrare incoerente. Certo, quanto sa esserlo la memoria, di certo quella che Nan continua a stimolare con foto inedite, nuove sequenze narrative e immagini vecchie per nuovi lavori.

Il potere sublime della seduzione, è esplorato su tre schermi, insieme a tentazione e vendetta dell’installazione video Salome (2019), ispirandosi all’ambiguità e alla danza della biblica figliastra del re Erode, ricompensata con la testa di Giovanni Battista su un piatto. Forse i tempi sono maturi per tagliare qualche altra testa, rileggendo il diario della vita e dell’arte di Nan Goldin, alla luce dell’attuale conversazione su sesso e identità, esplorato non solo dalla fotografia contemporanea, dai Rencontres d’Arles a Paris Photo.