Un funerale con oltre un milione di persone, una calca incontenibile che ha causato 70 morti, moltissime donne nella folla in un paese dove diritti e libertà ne hanno pochi, ed è strano per noi vederle in lacrime per la morte del secondo personaggio più rappresentativo, dopo l'ayatollah, dello stato delle cose. E tanta benzina sul fuoco, o petrolio, se si preferisce. Ogni parola pronunciata, dichiarata, twittata in questi giorni dalla morte del generale iraniano Qasem Suleimani (o Soleimani, per effetto della traslitterazione) sembra incendiare il Medio Oriente quasi più dell’Australia, e porta pericolosamente sull’orlo della Terza Guerra Mondiale, anche se l’esasperazione della previsione serve più che altro ad allontanarla. Un nuovo decennio che inizia con un conflitto politico tra Stati Uniti e Iran impensabile nel 2015, quando a Vienna l'Iran e i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, insieme all'Unione europea, firmavano l’Iranian Nuclear Program con cui l’ex Persia si impegnava a tagliare le scorte di uranio arricchito per 13 anni. Un accordo che ora, dopo l’attacco statunitense con i droni che ha ucciso il generale, è ovviamente saltato.

Dopo di allora, già dall’elezione di Donald Trump è stata una rappresaglia dopo l’altra come una faida mafiosa, con ogni gesto avventato che è la conseguenza di quello precedente, fino alla soppressione di quello che era uno dei personaggi più popolari in Iran, ufficialmente dopo l’assalto all’ambasciata Usa a Capodanno che a sua volta era il sequel del bombardamento americano del 29 dicembre scorso in cui erano morti 25 miliziani. E così via a ritroso, in una trama a cui solo la diplomazia potrebbe mettere la parola “fine”. Di opinioni su chi fosse Qasem Soleimani, che per la maggior parte della gente in Occidente era un nome sconosciuto così come lo era Osama Bin Laden fino all’attacco alle Torri Gemelle, se ne sono sentite moltissime. Un terrorista, come dice Donald Trump. Ma al momento anche il parlamento iraniano ha votato per far rientrare nel concetto di terrorismo il Pentagono, il presidente Trump, e l’azione da lui voluta. Come fa notare anche Esquire, il Times aveva però inserito Soleimani nella lista di persone in grado di cambiare il mondo nel 2020, e che più di ogni altro aveva contribuito a ridisegnare gli equilibri di potere nella regione nell’ultimo decennio. Chi ha ragione?

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Tutto è relativo, si può dire banalmente e il profilo di questo generale, guardando i funerali, ora sembra ricordare lo stesso concetto per cui, quando alle donne dell’Arabia Saudita è stato concesso di assistere alla finale di Supercoppa di calcio solo se accompagnate dagli uomini in un settore speciale, protestavamo solo in Occidente mentre per le donne arabe era una notevole conquista. Pessimo, ma meno pessimo degli altri? Intanto, mentre Donald Trump in un tweet ha minacciato di colpire 52 obiettivi iraniani, anche di valore culturale e storico, e dall’altro canto l'architetto Mohammad Hassan Forouzanfar ha realizzato opere in cui immagina la pace con bandiere bianche innalzate proprio su quei siti patrimonio dell'umanità (e per fortuna, si questo The Donald ci ha ripensato), non si placano le celebrazioni di Soleimani e colpiscono le immagini delle donne in gramaglie, come accennavamo prima. Come si spiega tutta questa affluenza? Possibile che il governo iraniano, e lui come suo rappresentante, riescano a muovere spontaneamente le masse in queste proporzioni?

“Soleimani è considerato un eroe in Iran”, spiega A. una expat iraniana che studia in una università del centro Italia, “è stato uno strenuo combattente contro l’Isis, non si può negare, ma il governo incoraggia sempre la partecipazione a manifestazioni che danno lustro ai suoi membri, sia uomini che donne. Se le immagini diffuse dalla Tv iraniana e distribuite nel mondo inquadrano soprattutto donne è per dimostrare al mondo che anche noi siamo favorevoli a questo tipo di regime, noi donne veniamo messe più in risalto per sfatare la realtà che tutti sanno, sulle limitazioni dei nostri diretti in Iran. Detto questo, è anche vero che è scoppiata una grande rabbia in tutto il paese, persino fra gli antigovernativi, perché l’intervento di un capo di Stato straniero, che irrompe in Iraq e si fa giustizia da sé, senza un processo all’imputato, non è considerato civile. Io stessa odiavo Soleimani, ma sono letteralmente furiosa per quello che è successo”.

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A fare chiarezza sulla figura del generale e sulla presenza accorata delle donne alle esequie c’è anche L., iraniana che lavora in un ospedale, anche lei nel centro Italia. Anche lei preferisce che non venga citato il nome completo. “Chiariamo prima una cosa: questa faccenda sta facendo comodo al governo iraniano”, spiega subito. “Tante donne al funerale? La condizione della donna sta migliorando in Iran, ma per merito delle donne stesse che sono indomabili, non certo del governo. Se oggi le donne possono andare allo stadio in un settore speciale è solo perché una ragazzina di 19 anni, che era stata incarcerata perché scoperta a vedere una partita mascherata da uomo, si è data fuoco ed è morta. Poi, c’è da tenere conto che dopo la ben nota rivolta contro il governo del novembre 2019, e la repressione nel sangue, l’attuale governo ha subito un crollo di popolarità e teme che alle prossime elezioni non venga confermato, una paura che sta anche incrementando il già alto tasso di corruzione, con molti politici che trafugano capitali verso l’estero”.


“Questa storia del generale assassinato dai droni ha spostato completamente l’attenzione facendo dimenticare quasi tutto. Sulemani non era poi così famoso e popolare, prima della sua morte”, continua L., “si occupava della politica estera e – sì –, è vero che ha portato avanti politiche aggressive in Siria, Libia e Iraq e – sì –, è vero che ora è considerato un eroe perché ha contribuito a fermare l’Isis. Quello che da fuori molti non sanno è che gli iraniani hanno il terrore folle di ridursi come la Siria, per cui un uomo come lui che ha difeso i confini è molto apprezzato. Anche se il governo chiede esplicitamente di partecipare alle manifestazioni pro-governative, minacciando velatamente i dipendenti pubblici di perdere il posto, il fatto che Soleimani avesse difeso la patria dal disastro Isis, che sia stato uno che non rimaneva incollato alla poltrona ma che andava personalmente nelle aree roventi, fa sì che moltissimi fra i partecipanti sia sceso in piazza per il suo funerale spontaneamente. Inoltre, Soleimani aveva la reputazione di essere un uomo esente dalla corruzione, cosa che ora qualche indiscrezione in rete sembra smentire. Resta comunque un personaggio feroce, che quando in Iraq è scoppiata una rivolta a fine anno come quella nostra di novembre, e l’Iraq ha chiesto aiuto per domarla, lui ha risposto che non è poi così difficile risolvere questo tipo di problemi, che noi l’abbiamo liquidata facilmente. Certo: con 1.500 cadaveri, e migliaia di incarcerati”.

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