Il #metoo è arrivato nei paesi arabi ed è una cosa molto seria. Non esiste una nazione esente dalle molestie sessuali, almeno secondo la testimonianza di migliaia di donne che hanno fatto rete per svelarselo l'un l'altra su larga scala, da quando esistono i social. Adesso è la volta del ricchissimo Kuwait dove le donne hanno iniziato a vuotare il sacco appena è partito l'hashtag #iansket che vuol dire "non starò zitta". A lanciarlo è stata l'influencer e fashion blogger Ascia al Faraj, 2,6 milioni di follower con il nome d’arte Ascia AKF, conquistati con i suoi tutorial su come nascondere i capelli sotto il velo in modo più glamour possibile. Tutto questo proprio mentre al confine meridionale, in Arabia Saudita, viene rilasciata Loujain al-Hathloul, l’attivista per i diritti femminili incarcerata per 1001 giorni, colpevole di aver dato vita al movimento che ha infine consentito anche alle donne arabe di guidare un'auto, trattenuta in prigione anche dopo che la sua battaglia è stata vinta. Finalmente libera, si dice, in segno di distensione verso Joe Biden e Kamala Harris. Un vera e propria primavera araba femminista.

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Su Ascia al Faraj c'è molto da dire. Nel settembre del 2019 ha abbandonato l’hijab e i turbanti che l'hanno portata al successo in Medio Oriente, ma anche in Malesia e Indonesia, e ha pubblicato la sua prima foto con i capelli a vista, facendo letteralmente saltare in aria Internet con 99mila like in poche ore. Nella foto è vestita di bianco, con i tatuaggi che spuntano dalle maniche della camicia e i capelli ricci disciplinati in morbide onde e ornati da una frezza bianca. Fine della “ragazza dai mille copricapi”, come era stata ribattezzata dalle testate di moda, e avanti la testimonial di prodotti per la cura dei capelli mossi. Nata in Kuwait il 19 ottobre 1989, nel 2010 aveva già tentato la fortuna disegnando una linea di abbigliamento chiamata Twenty, ma ha iniziato la carriera sul web nel 2012. “Mi ero stancata di trovare online solo blogger dagli Stati Uniti o dall'Europa”, ha raccontato in un’intervista ad Albawaba.com, “ho pensato tra me e me che se non ne avevamo ancora una in Medio Oriente, sarei stato io infilarmi a capofitto in questa impresa per prima”. Il suo primo post da blogger si intitolava Some Mosaic. Some Marni. Ma è stato quando ha iniziato a collaborare con una prestigiosa boutique kuwaitiana che Ascia ha raggiunto i primi 12mila follower.



Due anni dopo ha avviato il canale YouTube The Hybrids insieme al marito Ahmad, sposato nel 2011 (nella foto sotto, insieme a lei) con cui ha due figli, Adam e Noah. Nel 2014 ha disegnato la sua capsule di borse e di turbanti per Moni & J luxury, il brand della stilista siriana Manar Laktineh. Fra le sue imprese, anche una linea di abbigliamento per bambini, Desert Baby, il suo brand Seoul Kool che importa cosmetici coreani nel Medio Oriente, e le collaborazioni con Ralph Lauren, Dior, Chanel, TAG Heuer, Net-a-Porter e Tory Burch. La sua parola chiave: modest fashion, moda per donne che vogliono essere eleganti con discrezione, qualità apprezzata nella sua area. Nel 2020, come contributo alle proteste contro la morte di George Floyd, Ascia ha messo a disposizione il suo account dall'11 al 18 giugno per discutere importanti questioni sulla razza e la discriminazione degli arabi neri in Medio Oriente.


Poi, i primi di febbraio di quest'anno, la pubblicazione del video virale sui suoi social in cui denuncia che c'è un "problema" nel suo paese: "Ogni volta che esco c'è qualcuno che mi molesta o molesta un'altra donna", dice in un video concitato, registrato poco dopo aver subito uno di questi episodi mentre attraversava la strada verso la sua auto. Seguita a ruota dalle altre donne in Kuwait, ha così dato vita alla prima campagna contro l’harassment in un paese arabo. Nessuna più di Ascia al Faraj, simbolo per eccellenza della modest fashion nei paesi arabi, poteva essere più convincente su quanto l’abbigliamento, con tutto questo, c’entri ben poco.