La Nigeria è terra prolifica di donne brillanti, ce lo ricorda da tempo la scrittrice Chimamanda Ngozi Adichie. Per questo la nomina di Ngozi Okonjo-Iweala come Direttrice generale del World Trade Organization, l'Organizzazione mondiale del commercio, non dovrebbe stupire più del necessario. Nella realtà si tratta di un evento significativo il cui messaggio lascia una traccia profonda in tutti e cinque i continenti, quasi quanto la vicepresidenza di Kamala Harris. Ngozi Okonjo-Iweala inizierà il suo mandato il 1 marzo 2021, aggiudicandosi il record di prima donna e prima africana a ricoprire questa carica. Ovviamente, anche se in Africa c'è esultanza a tutti i livelli sociali per la sua nomina, non si tratta di una "donna del popolo"; c'è ancora molta strada da fare perché tutti, nel suo Paese, possano permettersi di realizzare facilmente un sogno del genere. Ngozi Okonjo-Iweala, intanto, è membro di una famiglia reale, anche se all'epoca in cui era una ragazza, la strada era difficile anche per una come lei. Nata nel 1954 a Ogwashi-Ukwu, nello stato del Delta, è figlia di Chukwuka Okonjo, un Obi, ossia il re della famiglia reale Obahai di Ogwashi-Ukwu, che però era anche un professore.

Per questo Okonjo-Iweala è stata iscritta alle migliori scuole di Ibadan per poi essere mandata dalla famiglia negli Stati Uniti nel 1973, in quanto ammessa ad Harvard. Lì si è laureata con il massimo dei voti in Economia, nel 1976. Nel 1981, con una borsa di studio internazionale, ha conseguito il dottorato di ricerca in Economia e Sviluppo regionale al MIT, il Massachusetts Institute of Technology con una tesi sui mercati finanziari e lo sviluppo agricolo della Nigeria. Con un cv accademico così scintillante e imbattibile, a 26 anni Ngozi poteva già scoppiare a ridere di fronte a chi provava a declassarla perché nera o africana, o donna. Si è poi sposata con un neurochirurgo, con cui ha avuto quattro figli. Il suo impegno più lungo lo ha svolto alla Banca Mondiale, a Washington, dove ha lavorato per 25 anni prima come economista dello sviluppo, per poi ricoprire la posizione #2 di managing director.

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Cosa si aspetta la comunità internazionale, da lei, e perché è stata nominata alla gestione di un istituto di portata mondiale, con un budget di 220 milioni di dollari e 650 dipendenti, in un momento così critico per il pianeta? Una risposta la dà il Guardian: negli ultimi quattro anni, le politiche protezionistiche di Donald Trump e le scaramucce tra Usa e Cina hanno gravemente danneggiato il commercio globale. Ngozi Okonjo-Iweala è riconosciuta come una delle poche persone in grado di iniziare a rimettere a posto le cose. Inoltre, ha dimostrato particolare sensibilità e lucidità sui metodi per affrontare la pandemia di Coronavirus ed è molto scettica nei confronti del "nazionalismo vaccinale", incitando i governi ad accelerare gli sforzi per revocare quelle restrizioni che, paradossalmente, stanno anche rallentando il commercio di medicinali e forniture necessari per mettere fine all'incubo. Ce n'era abbastanza per metterla alla prova.

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