A Sebastiano Mauri, 49 anni, milanese di origini italo-argentine, non piacciono due cose: la prima, quando gli viene chiesto come lo si può definire professionalmente: scrittore, regista, fotografo, artista? «Sembra strano che uno non possa esprimersi in tanti modi diversi», con la differenza che lui li esprime tutti molto bene. La seconda è quando i soliti giornalisti, come lo scrivente, domandano se nei libri in cui a parlare sia il protagonista, più di un romanzo si tratti di un diario «e non importa, perché è sempre più importante il messaggio che voglio trasmettere, piuttosto che raccontare che quando scrivo “io”, s’intenda veramente io». Del resto, i confini dell’autofiction, l’autobiografia romanzata, sono stati ampiamente esplorati anche da suoi colleghi più adulti (un nome per tutti: Walter Siti) e, in effetti, dal suo libro - fiction? Reportage? Ok, non insistiamo - emerge un allarme molto più urgente: quello di salvare il pianeta, prima di tutto salvando noi. E salvaguardando la nostra identità: «Rifiutare la propria affettività è un po’ come andar pazzo per il mare e infliggersi sempre la montagna», fa dire al protagonista di La nuova terra (Guanda), Leone.

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Courtesy Press Office
La cover del romanzo La nuova terra, di Sebastiano Mauri (Guanda).

Leone è arrivato in Amazzonia, per la precisione a Iquitos, dov’è stato girato il grandioso film Fitzcarraldo, su invito dell’affascinante cugina Nur, per ritrovarsi presto in un mondo che non conosce altro se non l’autenticità del rapporto tra Uomo e Natura che lui, uomo di città ha dimenticato. L’impatto è folgorante: l’incontro con tre sciamane - Doña Maria, Doña Ana e Doña Ines - che curano le malattie dell’anima e del corpo in cerimonie dove si consuma l’ayahuasca, la liana dei morti: un decotto psicotropo che gli farà non solo aprire lo sguardo su chi è e cosa realmente vuole, ma gli farà scaravoltare, per sempre, i falsi miti in cui noi siamo cresciuti. Per questo, in una chiacchierata via Zoom, gli abbiamo chiesto di approfondire alcuni argomenti su alcune parole-chiave che incardinano la trama alla cura del pianeta, degli animi umani, della felicità che non ha bisogno di cose, ma di emozioni.

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Sebastiano Mauri
Un paesaggio dell’Amazzonia scattato da Sebastiano Mauri.

Ifutisu> «È una parola che non ha equivalente nel linguaggio occidentale. Per gli abitanti dell’Amazzonia, è un concetto di armonia con l’ambiente in senso lato, che comprende cioè ogni forma di essere vivente, compresi gli uomini, ed è caratterizzata dall’assenza totale di aggressività, ma dà spazio solo a ospitalità e generosità diretta a tutti. La nostra definizione di Natura, invece, si riferisce a una condizione esterna alla condizione umana. Non aggressività significa, per esempio, che per loro lo stile di vita ideale è trovare una zona abbastanza confortevole per vivere, vicino a una fonte d’acqua, possibilmente in un’area dove si possa coltivare e trovare da mangiare. Dopo qualche anno, si spostano e lasciano che le piante e gli animali riprendano il sopravvento là dove hanno soggiornato a lungo. È il massimo dell’integrazione con ciò che ci circonda: si vive nella foresta, ma quando ci si sposta, si lascia il luogo esattamente come o si è trovato. Un traguardo difficile da raggiungere per gli occidentali, abituati a glorificare le conquiste di chi ha modificato, bonificato, raso al suolo senza neanche pensare alle conseguenze».

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Sebastiano Mauri
Una foto, sempre di Sebastiano Mauri, di una strada che si addentra nella foresta amazzonica. Il suo libro si svolge a Iquitos, dov’è stato girato il film Fitzcarraldo.

OCM> «Siamo noi. Organismi Culturalmente Modificati. Se pensa all’atteggiamento di cui si parlava prima, trovo che sia di matrice essenzialmente maschilista, anzi machista. Siamo stati educati nella convinzione che dominare il Creato, sfruttarne le risorse, mettere recinti, costruire edifici rappresenta la mascolinizzazione del territorio attraverso atti che, in fondo, sono solo distruttivi. Laddove la Madre Terra e la stessa Natura sono concezioni estremamente legate al mondo femminile, perché è della donna la capacità di generare vita, di custodire, di curare, di pensare alle generazioni future. Nella storia, penso che la “mascolinità tossica” non abbia avvelenato solo il pensiero di uno spadroneggiare protervo sul mondo, ma in realtà si sia insinuata a inquinare la vita di tutti: uomini, donne, paesaggi. La combatto perché credo che non sia un argomento femminista ma una categoria mentale che danneggi soprattutto i maschi: non è bello che un bambino pianga ma una bambina sì, che un ragazzino giochi con le bambole, che un uomo non possa mostrarsi vulnerabile mentre mostrando le proprie fragilità si può vivere in pace. L’eredità, la proprietà, il nascere nobili sono costruzioni socioculturali che in Amazzonia non ci sono: per loro c’è un ribaltamento di prospettiva. La terra è qualcosa che hai in prestito dai tuoi discendenti, dai tuoi nipoti. Che la prestano dal futuro. Un futuro sempre più intaccato, per noi, da varie insidie che nascono da una definizione di virilità che abbiamo inventato noi. Per questo, secondo me, il futuro potrà solo essere femmina».

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Sebastiano Mauri
Un altro scorcio dell’Amazzonia scattato da Sebastiano Mauri in un suo viaggio.

Grande Madre> «Doña Maria, Doña Ana e Doña Ines sono in realtà tre facce della stessa filosofia di vita, quella che vede nel femminile la medicina, la salvaguardia, la Natura cosciente: quello che in Amazzonia si crede, e un po’ ci credo anch’io, è che se la natura ha creato la nostra coscienza, è un po’ anche la nostra, di coscienza. E quindi si riflette anche in un’idea divina, nel senso che è una creatrice di tutte le cose. Quello del prendersi cura della serenità collettiva è un paradigma più femminile che maschile: ed è per questo che dobbiamo impararlo, sapendo che nulla ha che fare con le nostre anatomie o i nostri orientamenti sessuali. È un’energia che ci sprona a essere resilienti, non a proclamarci i più forti e basta. Ma ad adattarsi a un’armonia cosmica. Il mondo, finora, è stato malato di eccesso di testosterone che ha modificato il nostro atteggiamento verso il pianeta, verso l’economia, verso il benessere sociale. E permette di riporre tutta la ricchezza del mondo in mano a cinque maschi bianchi».

l'intrico degli alberi nella foresta amazzonica, polmone verde del mondo, sempre in uno scatto di sebastiano mauripinterest
Sebastiano Mauri
L’intrico degli alberi nella foresta amazzonica, polmone verde del mondo, sempre in uno scatto di Sebastiano Mauri.

Consumatori o consumati?> «Il libro si conclude uscendo dalla trama del romanzo e riflettendo sulla situazione attuale, dove il coronavirus, più che una pandemia, ha provocato una sindemia, mietendo vittime tra le fasce della popolazione mondiale già afflitte da altre malattie croniche, cioè quelle più svantaggiate. Dobbiamo lottare per una visione olistica del progresso, che includa un’economia equa, la decrescita, la glocalizzazione, l’impatto zero, un approfondimento del processo democratico, una riduzione delle diseguaglianze, il superamento del patriarcato e il riconoscimento dei diritti sulla Natura. Troppo difficile? No, basta mettersi nella disposizione d’animo di cambiare il nostro panorama mentale, cercando di evitare già in casa nostra gli sprechi di ogni tipo: energetici, alimentari, consumistici. Fatevi aiutare dalla meditazione: esistono milioni di tutorial su YouTube che permettono di imparare a immergerci nella parte più profonda di noi e, allo stesso tempo, di “distaccarci" dalle false contingenze».