Una bambina dagli occhi troppo grandi e un tizio allampanato e quantomeno fuori fase e registro si aggirano in camper tra la Germania del sud e la Romania. Sono uniti da una specie di attaccamento reciproco e da un destino incerto, ma la differenza tra uno e l'altro è che la bambina non ha scelto di stare con Richi, lui sì: l'ha rapita anni prima e, un po' per sbarcare il lunario, un po' per esercitare un gratificante senso di possesso nei confronti di quella che chiama "la mia ragazza", ne offre dei pezzetti al mercato pedopornografico che fiorisce rigoglioso nel web: la fotografa in bikini col cappello da sole, la presta per qualche altro squallido set clandestino, giocando con losche platee virtuali come il gatto col topo, o il topo col gatto.

Se ancora un tabù è rimasto nella nostra società aperta, è quello davvero ostico della pedofilia, ed era facilissimo che il film ci precipitasse dentro. E invece. Ultimamente si dice che le registe hanno uno sguardo diverso dai registi, che c'è bisogno di cinema al femminile - termine fastidiosissimo - non nel senso che parli di donne, ma che guardi coi loro occhi. Se ancora questi ragionamenti suonano astratti, magari anche un po' ideologici, non c'è come spegnere la luce e accendere un film come Un confine incerto di Isabella Sandri, da mercoledì 10 marzo su #iorestoinSALA. Che per parlare di questo tema, decide di relegarlo intorno alla storia, di metterglielo alle calcagna attraverso la figura di Milia Demetz, agente del Centro nazionale di contrasto della pedopornografia che insegue Richi. E di lasciare invece che la relazione tra il rapitore, che non è proprio cattivo come i mostri con cui è in affari, e la bambina rapita, che non è solo infelice e ha arricchito la sua deprivazione di bellezza, viva della sua complessità, di momenti luminosi oltre che tenebrosi.

Il titolo di questo film è un manifesto: perché tutto, nella realtà, ha un confine incerto. Lungo quella linea si è sempre dovuta muovere la vita delle donne, che dalla capacità di trovare senso nei contorni sbavati delle situazioni hanno saputo ricavare la loro ricchezza, la loro forza. Cosa vuol dire essere buoni o cattivi? Dove finisce l'amore e inizia la manipolazione, o la prevaricazione? Dove può inoltrarsi la libertà prima di diventare una forza (auto)distruttrice? C'è differenza tra fare del male o consentire che altri lo facciano? Non c'è una sola risposta a queste domande, ma tante quante le stelle nel cielo. Quante le combinazioni umane e le emozioni che può provare un individuo.

Dietro l'orrore del rapimento di una bambina potrebbero nascondersi colpe e responsabilità là dove sembra inutile cercarle, dove si pensa si possa trovare solo il copione del dolore, e Un confine incerto ci lascia con questo smarrimento. Una sensazione che spesso produce lo sguardo femminile, e che ancora più spesso il mondo non è pronto ad accogliere come dimostra continuamente, in mille modi. E allora alle registe non resta che andare avanti, e fare altri film.