In quel periodo di transizione tra la fanciullezza e l’età adulta che chiamiamo “adolescenza”, può accadere di tutto: dalle cose più ovvie - i cambiamenti fisici e psicologici - alle scoperte, dalla nascita di nuove idee alle prime volte, sessuali e non, comprese ovviamente le delusioni che fanno male e che difficilmente si dimenticano. Ogni ragazzo e ogni ragazza ha fatto e fa il suo percorso personale, quasi sempre insidioso e pieno di ostacoli, e basta davvero poco per incorrere nell’errore e rimanere segnati per sempre. Gli adulti, in molti casi, dove sono? – viene subito da chiedersi, ma anche quando ci sono, non è facile per loro aver accesso a quel mondo dei loro figli fatto di codici, abitudini, e mode che cambiano di continuo e che finiscono con l’influenzarli (i secondi) confonderli (i primi) ancora di più. In tv sta per arrivare una nuova serie, Nudes - 10 episodi in onda dal 20 aprile su Rai Play - che ci spalanca le porte di quel mondo senza mai forzarle, perché sono proprio loro – gli adolescenti - ad aprircele, facendoci entrare nelle loro vite per mostrarle dall’interno, senza tralasciare nulla, compresi i fin troppi non detti in famiglia, agli amici e a scuola. Il merito va al produttore Riccardo Russo che qualche anno fa si è innamorato dell’omonimo teen drama norvegese da cui è tratta e l’ha proposto a Laura Luchetti che l’ha subito accettata. Sì, perché la regista romana, se si eccettuano i suoi due indimenticabili corti d’animazione, Bagni e Sugarlove (recuperateli online, sono una delizia per gli occhi e per l’animo), ha sempre avuto una particolare predilezione per l’adolescenza, perché – ci spiega quando la incontriamo – “ha davanti una cosa che man mano che cresci ti viene meno: il futuro”. “Quello che mi interessa di più – continua – è l’innocenza e l’adolescenza è il momento in cui la stessa si perde ma si può anche riconquistare”. Lo ha fatto nel suo primo lungometraggio, Febbre da fieno, e nel secondo, Fiore Gemello - presentato nei festival più importanti, da Cannes al Sundance, da quelli di Toronto e Londra a Roma - la storia di due minorenni in fuga in una Sardegna surreale e bellissima, e continuerà presto a farlo nel suo prossimo film (prodotto da Kino) che sarà tratto da La bella estate di Cesare Pavese. Nel mezzo, questa nuova serie prodotta da BIM e da Rai Fiction che raccoglie le storie di tre teenager che si ritrovano a fare i conti con la divulgazione online di loro immagini private, svelando le insidie dei social media. “Mentre facevo ricerche su Pavese, aggiunge Laura, ho ritrovato una sua frase – “l’adolescenza è l’età che conosciamo meglio, perché è quella che più a lungo ha vissuto dentro di noi” – ed ho capito perché quel periodo che tutti noi abbiamo vissuto mi piace così tanto. Il nostro quarantesimo anno, la nostra quarta decade, la viviamo da 40 in poi, ma l’adolescenza la viviamo dai 15 fino agli 80. Aveva ragione lui: è l’età che ha vissuto più a lungo dentro di noi”.

La serie mette a nudo in tutti i sensi (azzeccato davvero il titolo) Vittorio (Nicolas Maupas), Sofia (Fotinì Peluso) e Ada (Anna Agio), i tre protagonisti che sono altrettante facce della stessa medaglia, tre esistenze travolte dalla nudità finita online, unite da un dramma identico che si snoda tra le strade rassicuranti della provincia bolognese, riconoscibile da alcuni dettagli significativi (la nebbia, i capannoni, i parchi), ma volutamente mai identificabile con una città in particolare per fare in modo che a emergere siano le storie - ognuna autonoma e con i protagonisti che non si incontrano mai - legate da una problematica comune, purtroppo presente in tutto il mondo: il revenge porn. Definito anche come pornografia non consensuale o abuso sessuale tramite immagini, è l’atto di condivisione di immagini o video intimi di una persona senza il suo consenso, attuato sia on-line che off-line. Il problema è sicuramente culturale, perché i giovanissimi non hanno la percezione della gravità delle azioni descritte. La serie, davvero ben fatta e scritta (la sceneggiatura è di Emanuela Canonico, Matteo Menduni e Giulio Fabroni, le musiche che ci preparano a ogni episodio di Francesco Cerasi e il brano Un po’ come noi dei Gazzelle), affronta il tema per la prima volta attraverso il punto di vista dei giovani protagonisti con uno sguardo realistico e moderno, narrando proprio quelle conseguenze, quasi sempre devastanti, di un gesto fatto con superficialità e senza consapevolezza. La regista e tutto il suo team hanno fatto un grande e lungo lavoro di ricerca, analizzando le casistiche, informandosi, parlando soprattutto con loro, a cominciare da sua figlia Lucia che ha 16 anni.

“È stata la mia inside-trader per tutta la serie – ci dice - mi ha fatto da consulente. Da madre mi sono sentita fortunata nell’avere avuto la possibilità di parlarne con lei. Conosceva benissimo il tema, così come le sue amiche con cui ho parlato. Mi ha detto che c’era bisogno di farlo conoscere, perché ognuna di loro, se non lo ha subito in prima persona, conosce almeno qualcuna o qualcuno che ne è stato vittima o carnefice, nella stessa classe o in quella accanto. Il revenge porn non è una cosa così rara, non ci sono sei gradi di separazione ma due, la situazione è complicata e pericolosa ed è un bene che in Italia sia finalmente arrivata una tutela in tal senso (l’inserimento dell’art. 612 ter nel codice penale, ndr), ma c’è ancora tanto da fare”.

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Andrea Boccali
La regista Laura Luchetti

“Da regista – precisa - posso solo mettere una luce su una problematica, ma non sono un antropologo. Da essere umano e da madre, invece, dico che è il revenge porn è una piaga universale. Quello che leggiamo sui giornali, le conseguenze tragiche di chi non ce la fa a superare l’imbarazzo e le difficoltà finendo addirittura col compiere dei gesti estremi, sono solo la punta di un iceberg. Il revenge porn è la fine di un arco che è una totale appropriazione indebita di un corpo di qualcuno o di qualcuno nell’atto di fare qualcosa che viene messa in pasto ai social. Se mi approprio di una persona, uomo o donna che sia, e mi permetto di commentare, di toccare, di dire – di fare quelle che chiamo piccole espropriazioni - è un attimo poi arrivare a girare un video e a metterlo su internet. Dobbiamo educare gli adolescenti al rispetto della vita e del corpo altrui, dobbiamo insegnare loro che non si ha solo un’esistenza quando si pubblica qualcosa su Facebook o Instagram e quando si ricevono dei like”.

Nei tre capitoli di Nudes per dieci episodi ci sono tre storie in cui Vittorio è la gelosia, Sofia il coraggio, Ada la purezza. Il primo non è un carnefice, ma anche lui una vittima, perché non è stato educato a reagire a un sentimento come la gelosia e a gestirla, una gelosia che acceca e che porta a fare cose che non andrebbero fatte. Andrebbe educato così come andrebbe educata Sofia in cui c’è una diseducazione alla pericolosità di uno scherzo o la stessa Ada , la più piccola dei tre, portavoce di quell’insicurezza che hanno tante sue coetanee quindicenni, un’età in cui basta ricevere un complimento e una sicurezza da una persona sbagliata per fare un atto con conseguenze terrificanti. Sono tre facce della stessa medaglia, vittime e carnefici allo stesso tempo, di loro stessi in primis, legati da un isolamento totale. Laura li ha seguiti con la sua telecamera facendoceli conoscere da vicino con tutti i loro pregi e difetti, mostrandoceli come si vedono e si vivono tra loro, tra ansie, paure, gioie e tanti non detti. Il bello è che non li giudica mai e con la sua macchina da presa è sempre sulla loro pelle, sulle loro emozioni forti e dissonanti, fragili e ingenue, sugli sguardi e sulle loro paure reali di tutti i giovani attori, molti dei quali alla loro primissima esperienza (“ne ho battezzati 18”, dice scherzando), seguendo le sceneggiature ma anche lasciando loro la libertà di sperimentare e di improvvisare. “Ho cercato di portare sullo schermo una verità che appartiene a queste generazioni, mostrando quanto il pensiero e il giudizio sulle cose sia in loro ancora acerbo, in formazione, mostrando quanto un’azione compiuta con leggerezza possa dimostrarsi devastante e incontenibile”. Una serie come questa, non vi è alcun dubbio, aiuta e apre gli occhi ancora di più “ed è per questo – aggiunge prima di salutarci – che mi auguro che a vederla siano anche molti genitori”. “Se anche un solo genitore guardasse la serie e captasse dei segnali che non aveva compreso dei suoi figli, questo per noi sarebbe un grandissimo successo morale, perché spesso noi genitori siamo gli ultimi ad accorgerci delle cose”.

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