Jane Goodall è stata insignita del Templeton Prize 2021, il prestigioso premio che onora le persone che sfruttano “il potere delle scienze per esplorare le questioni più profonde dell'universo, e il posto e lo scopo dell'umanità al suo interno”, come ha lasciato detto il fondatore e filantropo Sir John Templeton. Jane Goodall è una di quelle persone che ti fanno sospirare il fatidico “ho sbagliato tutto nella vita” e ti fanno desiderare di avere (avuto) il coraggio di non seguire altro che i propri interessi e i propri sogni, come ha fatto questa scienziata 87enne che ha raggiunto la fama mondiale grazie agli studi rivoluzionari sugli scimpanzé in Tanzania, dagli anni '60. Una vita in totale armonia con le leggi della natura con cui ha interferito quel tanto necessario a comprenderle meglio, interagendo con la vita delle scimmie e proteggendoli, oggi considerati anche grazie a lei i terrestri più simili all’essere umano. Il Jane Goodall Institute, la fondazione che lavora con le comunità locali e offre habitat sicuri per scimpanzé e gorilla operando in 67 paesi anche nel campo della didattica, riceverà ora un premio in denaro di 1,5 milioni di dollari che "farà un'enorme differenza per i nostri programmi in tutto il mondo", ha dichiarato la scienziata al Guardian.

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Nonostante la pandemia abbia messo un freno alle attività sul campo di Jane Goodal, negli ultimi 15 mesi non si è mai fermata e ha partecipato a conferenze, lanciato un podcast e risposto a innumerevoli e-mail, cosa che oggi definisce sul Guardian “molto più faticosa che viaggiare”, anche se le ha permesso di raggiungere milioni di persone che non conoscevano la sua opera. Valerie Jane Morris-Goodall è nata nel 1934 a Londra, suo padre Mortimer era un uomo d'affari e la madre Margaret era una romanziera famosa con il nome d’arte Vanne Morris-Goodall. La passione per le scimmie è frutto di un vero e proprio imprinting: da bambina, invece di un orsacchiotto, le era stato regalato dal padre uno scimpanzé di peluche che aveva chiamato Jubilee, un giocattolo che faceva inorridire le signore in visita a sua madre, convinte che le avrebbe procurato incubi notturni. Invece è stato l’innesco di una passione, e la naturalista considera così importante quel pupazzo da conservarlo ancora nella sua casa di Londra. Nel 1957, a 23 anni, era già in Kenya a lavorare come segretaria per i naturalisti, archeologi e paleontologi dell’epoca, che successivamente non vedevano di buon occhio la sua decisione di salire allo step successivo intraprendendo lei stessa gli studi di primatologia, materia dominata dagli uomini. Ma con l’incoraggiamento della madre ha proseguito senza farsi intimorire ed è una delle otto persone nella storia ad aver ottenuto un dottorato di ricerca in etologia al Darwin College di Cambridge senza aver ancora conseguito una laurea. La tesi che completò nel 1965 descriveva i suoi primi cinque anni di studio del comportamento degli scimpanzé in habitat naturale nella Riserva di Gombe, e la laurea in Scienze l’ha conseguita nel 2006, quando le è stata conferita honoris causa dalla Open University of Tanzania, dopo decenni di ricerca che ne hanno fatto una delle massime esperte mondiali sugli scimpanzé.

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Oggi il messaggio di Jane Goodall si concentra su alcuni punti precisi. Il primo: boicottare lo stile di vita insostenibile di troppi di noi: “possediamo molto di più di ciò di cui abbiamo bisogno e viviamo con questa folle idea che si possa portare avanti uno sviluppo economico illimitato su un pianeta con risorse naturali limitate e una popolazione in crescita”, ha detto al Guardian. Poi, bisogna vincere la povertà: “Se sei disperatamente povero taglierai l'ultimo albero della foresta per coltivare cibo per la tua famiglia, ma la terra sta diventando scarsa, sovra-coltivata e sterile a causa dell'agricoltura commerciale che sta distrugge immense aree di habitat per coltivare piante da mangime con cui nutrire miliardi di capi di bestiame, e nel processo vengono utilizzati anche molti combustibili fossili ". Infine, Jane Goodal ha specificato che non bisogna solo aspettarsi che a trovare le soluzioni siano i governi, perché fanno la differenza anche le azioni individuali quotidiane come riciclare la plastica, mangiare meno carne, camminare o usare la bicicletta invece dell'auto, senza mai pensare che sia tutto inutile: “potresti sentirti come se non facesse alcuna differenza. Ma c'è invece una crescente consapevolezza, in parte aumentata da questa pandemia, del fatto che abbiamo davvero bisogno di un nuovo rapporto con il mondo naturale".