Proteggere gli interessi delle aziende farmaceutiche o creare le condizioni per salvare il maggior numero di persone possibile nel mondo. Letta così, pochi - nessuno -, avrebbero difficoltà a decidere da che parte stare. Soprattutto quando lì fuori è in corso una pandemia che miete vittime, crea incertezza e ha cambiato profondamente il nostro modo di vivere, lavorare, relazionarci nel presente ma anche come vedere, pensare e sognare il futuro. Eppure la sospensione dei brevetti come una delle misure necessarie per accelerare le vaccinazioni contro Covid-19 a livello globale sembra essere una faccenda assai complessa, e decidere da che parte stare non è così immediato come sembrerebbe sulla carta. In ballo ci sono profitti, vero ma non solo. Questo almeno è quello che ci dicono chi le decisioni le deve prendere al posto nostro. E tra un passo avanti di qualcuno (leggi Biden) e una tirata d'orecchio di qualcun altro (vedi Angela Merkel), la via del waiver come soluzione al divario di accesso al vaccino sembra non essere una strada percorribile. Da parte dell'opinione pubblica non c'è stata una mobilitazione così grande intorno a questo tema dai tempi delle campagne per l'AIDS, e così mentre si sta a guardare, provare a informarci, oltre essere un dovere, ha tutte le sembianze di essere un diritto.

Se dunque prima di avere un'opinione sulla sospensione dei brevetti dei vaccini occorre fare chiarezza su un po'ndi questioni, noi (e per noi si intende Hearst, che la petizione "STOP alla protezione dei brevetti per i vaccini anti-covid: tuteliamo la salute pubblica" promossa su Change.org dal CILD - Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili l'abbiamo sostenuta e caldeggiata, ndr) incerti di tante cose ma sicuri da che parte stare in questa vicenda, abbiamo cercato di dipanare un po' di dubbi e punti in sospeso parlando con Nicoletta Dentico.

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Michael Ciaglo//Getty Images
Perché la sospensione dei brevetti dei vaccini è giusta?

Grande sostenitrice del waiver, Nicoletta Dentico ha fatto delle battaglie per i diritti umani una ragione di vita oltre che il lavoro che porta avanti da moltissimi anni - suo il coordinamento in Italia della Campagna per la messa al bando delle mine vincitrice del Premio Nobel per la Pace nel 1997. E questa per dirne una. Il suo curriculum infatti annovera la direzione in Italia Medici Senza Frontiere con un ruolo importante nel lancio della Campagna per l’Accesso ai Farmaci Essenziali, la co-fondazione dell’Osservatorio Italiano sulla Salute Globale (Oisg). Un impiego a Ginevra per Drugs for Neglected Diseases Initiative, e poi per l’Organizzazione mondiale della sanità. Dal 2013 al 2019 è stata consigliera di amministrazione di Banca Popolare Etica e vicepresidente della Fondazione Finanza Etica. Dirige attualmente il programma di salute globale di Society for International Development (Sid). Il suo credo? "Cosa serve una ricerca, una scienza se poi la stragrande maggioranza della popolazione che ne ha bisogno non può accedere ai medicinali per il prezzo che hanno?". Chi dunque meglio di Nicoletta Dentico può fare luce sulla questione dei vaccini anti-Covid e su quanto - di giusto - il mondo può fare per far fronte a questa crisi internazionale?

Al di là dei titoli di giornale, cerchiamo di fare chiarezza su quello che è stato deciso in merito alla sospensione dei brevetti all'ultimo Global Health Summit...

Al Summit sarebbe stato desiderabile vedere da parte della comunità internazionale e, soprattutto delle 20 economie più potenti al mondo, il riconoscimento di una situazione che ha delle necessità di aggiustamento strutturale. Perché vede, oggi noi ci troviamo di fronte a questa apartheid sanitaria citata per altro più volte dallo stesso Draghi in apertura del Summit. Nel suo discorso il premier ha detto che l'85% dei vaccini sono destinati ai Paesi ricchi e solo lo 0,3% delle dosi a disposizione a oggi viene somministrato nei Paesi del sud del mondo. Come immagina non è mancato l'imbarazzo avvolto nella retorica ma non siamo molto andati oltre a questo. In più, in questo Summit è stato dato uno spazio davvero incommensurabile al settore privato; le aziende sono venute a fare annunci di grande contributo alla lotta contro il virus, in realtà non hanno fatto che parlare dei loro progetti di vendita dei farmaci senza che nessuno abbia la minima evidenza di quali accordi - ad esempio sul prezzo - stanno parlando.

Dovremmo dunque dire che cosa non è successo...

Quello che ci saremmo aspettati è un messaggio di apertura rispetto a quello che è la conoscenza della scienza medica e quindi la liberazione di un sapere che è stato possibile anche, e soprattutto, grazie a un ingente investimento di fondi pubblici nell'ultimo anno contro Covid-19: per la produzione di vaccini, sistemi diagnostici e strumenti medicali che servono per combattere Covid e che non sono per niente scontati ancora oggi in gran parte del mondo. Al Global Health Summit si è nominato il problema ma si è nominato sostanzialmente per non affrontarlo. Per questo credo che sia stato un'occasione mancata.

La sospensione dei brevetti è una norma prevista dall'Organizzazione Mondiale del Commercio la quale aveva capito che questo regime monopolistico quando c'è un'emergenza sanitaria non può funzionare, questo non dobbiamo dimenticarcelo. Già che se ne discuta è inverosimile ma che venga evitata con nuovi incentivi alle aziende farmaceutiche, affinché su base volontaria si interfaccino con i produttori del sud del mondo scegliendo, ancora una volta, le loro condizioni è piuttosto assurdo. Rimane quindi una grande amarezza perché se nemmeno davanti a una pandemia riusciamo a capire che siamo dotati di strumenti inadeguati, e non facciamo nulla per sistemare ciò che non va, capisce che essere ottimisti diventa complesso.

Il diritto alla salute dovrebbe essere inalienabile, eppure la posizione della politica apparentemente sembrerebbe un'altra: si tratta solo di voler salvaguardare i profitti?

Esatto anche simbolicamente mi verrebbe da dire. Vale più un diritto di natura privata e a tempo (nel caso dei farmaci il brevetto ha una durata di 20 anni, ndr) o conta di più un diritto universale, individuale, collettivo permanente che è il diritto alla salute? Su questo terreno perdiamo la partita e se non riusciamo a gestire questa questione in una situazione come una pandemia c'è da chiedersi di cosa stiamo parlando.

La sospensione dei brevetti porta con sé moltissimi temi, in particolare l’equità dell’innovazione e dell’accesso alle tecnologie, soprattutto se parliamo di quelle salva-vita...

Per le aziende Covid non è altro che un business, un'occasione imprenditoriale, e su questo non c'è da biasimarle, se non che diventa l'occasione del momento, l'occasione di una storia imprenditoriale. Stiamo vivendo la prima pandemia per la quale nessuno - né i Paesi ricchi né quelli poveri - aveva rimedi per contrastarla. Per loro è una straordinaria occasione di profitto ed è quello che sta succedendo. Sappiamo che nell'ultimo anno sono nati 9 nuovi miliardari da aziende di biotech che nel 2019 non conosceva nessuno.

Cerchiamo di capirci, la condivisione del know-how da parte delle aziende farmaceutiche sarebbe davvero un boomerang in fatto di innovazione?

Che senza brevetti - o proprietà intellettuale che dir si voglia - non si possa fare ricerca è un po' una narrazione ideologica. Su questo tema è bene fare due distinzioni. Innanzitutto la conoscenza sulla quale ha lavorato la comunità scientifica per produrre i vaccini adenovirali (AstraZeneca e Johnson & Johnson) o a RNA messaggero (Pfizer e Moderna) esisteva già; era frutto di ricerche di base del settore pubblico. Mi spiego, le piattaforme sulle quali hanno lavorato le aziende erano piattaforme scientifiche già utilizzate in passato per altri tipi di virus (ebola, antinfluenzali, ndr). Dunque, l'applicazione dell'RNA al vaccino è nuova ma la tecnologia è preesistente all'era Covid-19. Inoltre, la potenza di fuoco che è stata possibile dal punto di vista scientifico per avere tra le mani un vaccino in soli 11 mesi è stata dovuta all'enorme finanziamento pubblico che ha permesso alle case farmaceutiche di fare delle ricerche in parallelo invece di farle in sequenza, come prassi. Le aziende in questa vicenda non hanno rischiato nulla.

Quindi possiamo sfatare il mito...

Guardi la globalizzazione dei brevetti non sta funzionando e non ha mai funzionato da quando è stata istituita dall'Organizzazione Mondiale del Commercio nel 1996. Perché una cosa è un brevetto, un riconoscimento giustissimo del tuo lavoro della tua innovazione. Un'altra cosa è il monopolio esclusivo per 20 anni - un tempo infinito se si pensa all'accelerazione della ricerca scientifica - di un sapere che ti dà una posizione dominante sul mercato con la possibilità di scegliere a chi dare e a quanto vendere il tuo prodotto. Il tuo farmaco. E infatti ci sono molti studi, anche della corte dei conti americana, che dimostrano che da quando c'è il monopolio l'ampiezza - il respiro - della ricerca scientifica si è impoverito. Le case farmaceutiche invece di fare vera ricerca si adoperano, anche ingegnosamente, per prolungare il brevetto che hanno in casa. Trovano un farmaco, hanno il monopolio su un prodotto che diventa un blockbuster e che gli garantisce milioni e milioni di guadagno ogni anno e quando si avvicina il tempo della fine del brevetto l'azienda fa di tutto per inventarsi un piccolo escamotage per rinverdire il proprio monopolio, che in alcuni casi significa anche inventarsi nuove malattie.

Da quando c'è questo sistema di incentivo all'innovazione basato su un sistema di monopoli l'unica innovazione che le aziende fanno è quella di proseguire il monopolio. E Covid-19 non ha fatto che smascherare questo sistema. Se ci si pensa chi ha fatto davvero innovazione? Le piccolo biotech, spin-off universitarie, non sono state di certo le grandi produttrici che oggi si occupano di produrre i vaccini in scala.

Basterebbe forse fare un distinguo

Nessuno dice che non debbano essere riconosciti premi a chi innova ma non possiamo nemmeno dimenticare l'enorme utilizzo di fondi pubblici a fronte dell'enorme guadagno delle imprese. La privatizzazione della ricerca scientifica non ha di fatto aumentato l'innovazione negli ultimi 25 anni. E nel frattempo i farmaci sono diventati gioielli perché in virtù dei loro monopoli le aziende farmaceutiche li vendono a cifre da capogiro.

E poi... è vero che una volta resi noti i brevetti la produzione dei vaccini verrebbe notevolmente accelerata ma a discapito di qualità e standard produttivi a oggi elevatissimi?

Prima ancora di Covid la produzione di vaccini stava in capo a 4 aziende. Fare i vaccini è un processo più complicato che fare farmaci, richiede dei passaggi di controllo molto rigorosi perché i vaccini, al contrario dei farmaci, vengono somministrati a soggetti sani non malati. Togliendo le autorità regolatorie dei singoli paesi, la Food Drugs administration o l'Ema a cui naturalmente non fanno capo i Paesi del sud del mondo, esistono però delle entità preposte alla validazione dei vaccini (come il centro di validazione dell'OMS, ndr) che garantiscono degli standard scientifici internazionali. Vale a dire che nessun vaccino potrebbe essere immesso sul mercato senza almeno la validazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Questo sforzo per estendere e moltiplicare l'accesso alla conoscenza e quindi anche alla capacità produttiva è una bella sfida che di certo richiede moltissimo tempo ma è una grandissima opportunità di rafforzare la capacità produttiva di questi Paesi che sanno fare farmaci (non solo India e Cina ma anche Malesia, Thailandia e Vietnam sono già oggi produttori di farmaci, ndr) ma non hanno a oggi la capacità di produrli tutti. Questa cosa ci darebbe la possibilità di uscire dall'empasse in cui siamo oggi, finalmente accorciare la filiera del valore portando a produrre chi effettivamente ne ha bisogno.

Inoltre dobbiamo ricordarci che gli unici vaccini da riprodurre non sono solo quelli iper tecnologici di Pfizer e Moderna, gli adenovirus sono molto più semplici da realizzare, e poi non stiamo parlando nemmeno solo del farmaco di per sé ma anche di tutta la strumentazione che serve per produrlo. Bloccare questa opportunità e lavorare sull'economia di scarsità che hanno usato le case farmaceutiche finora, anche con l'Europa, è un'occasione storica mancata.

Mi sembra di capire che sia anche una questione di guardare le cose in prospettiva...

Esattamente. Noi non dobbiamo pensare solo a questa emergenza sanitaria. Covid sarà un virus certamente endemico quindi dobbiamo assicurarci di avere vaccini sul lungo periodo, e in più luoghi, per poter rispondere ai picchi di domanda, ad esempio per i richiami esattamente come si fa per l'influenza. Si tratta di una straordinaria opportunità sul medio e lungo periodo per fare in modo che alla ricchezza di ricerca - a oggi sono circa 200 i progetti di ricerca per vaccini in corso nel mondo - corrisponda un'altrettanto ricca capacità di produzione.

Sul lungo periodo mi sembra chiarissimo quello che dice, ma sul breve cosa si può fare?

Nell'immediato quello che chiediamo è che i Paesi che hanno accatastato quantità di vaccini per fare 7/8 volte l'immunizzazione della propria popolazione cedano la sovrabbondanza di dosi che hanno ai Paesi che non hanno ancora ricevuto la prima dose.

E torniamo dunque al punto di partenza... Qual è la posizione dell'Europa rispetto a questo?

Il rifiuto di Angela Merkel è un blocco quasi insormontabile. Dal canto suo Ursula Von Der Leyen ha detto chiaramente che le licenze volontarie sono la scelta migliore. In questo scenario i governi permetteranno alle aziende di mantenere i loro monopoli incoraggiandole - attraverso agevolazioni doganali o sgravi fiscali - ad approcciarsi ad alcuni presidi del sud del mondo e vedremo cosa succederà. Mi sembra però che sia tutto blindato e che la possibilità di fare il salto di cui parlavamo prima è assai remota.

Al Summit solo 3 paesi europei (Spagna, Italia e Francia) hanno invocato la possibilità della sospensione dei vaccini ma tutti e 3 hanno poi sottolineato l'importanza di supportare il pacchetto che l'Europa ha preparto per la risoluzione del problema. Ci avviamo dunque verso la terza via: la promozione di regole, anche di commercio, per favorire le licenze volontarie verso aziende più piccole, una trattativa che porterà con sé almeno un anno di lavoro che a mio avviso è un anno perso.

Un'occasione mancata...

Se è vero che il nord del mondo a oggi è stato il più largamente colpito da Covid-19, le tendenze dicono tutte che è solo perché nel sud del mondo non è ancora arrivato. Letta così che sia solo lo 0,3% della popolazione di questi Paesi - che poi sono i più popolati - oggi a ricevere i vaccini è un dato davvero rilevante per capire che invertire la rotta è un atto di giustizia ma anche di sapienza sanitaria: se continuiamo a dare al virus la possibilità di mutare non potrà che continuare a creare problemi ulteriori anche a noi.

DaELLE IT