C'è un (e)motivo difficile da ammettere, se in Italia nell'apprendere la vicenda di Saman Abbas, la 18enne pachistana sparita nel nulla, si è pensato subito che potesse essere stata uccisa dalla famiglia. Un sospetto che nel nostro paese non scaturisce solo dalla diffidenza verso una religione poco conosciuta dai più, quella islamica, che spesso viene indubbiamente interpretata da chi la professa in modi negativi e arbitrari. Se anche in assenza del corpo di Saman che confermi l'orribile crimine, i più hanno subito tratto una conclusione drastica è anche per colpa di una ricordo, un residuo culturale di una legge che fino a quattro decenni fa, in Italia, prevedeva delle attenuanti molto forti per un padre di famiglia che avesse ucciso la moglie o una figlia. Si trattava della legge sul Delitto d'Onore la cui abolizione compie 40 anni il 5 agosto del 2021, ma i cui echi sono ancora così forti che capita, nei processi per femminicidio, di sentire ancora l'imputato che la invoca. "Il Delitto d'Onore era una legge inserita nel Codice Rocco del 1930, il codice del guardasigilli del governo fascista Alfredo Rocco", spiega l'avvocata Lorena Croatto. "Questa legge sosteneva che la pena generalmente prevista di 21 anni per un omicidio venisse ridotta a un massimo di sette anni qualora fosse stato determinato da uno stato d'ira cagionato da offesa all'onore arrecato da una donna della famiglia. Nello stesso codice, abolito anche quello nel 1981, era compreso anche il Matrimonio Riparatore, il quale prevedeva che chi fosse stato accusato di stupro, qualora si fosse offerto di sposare la vittima, estingueva il reato. Praticamente la donna era come un oggetto, un vaso che una volta rotto veniva valutata sul concetto del chi rompe paga e i cocci sono suoi". Se tutto questo cambiò è perché nel 1965 una donna che oggi viene ancora citata come un modello e un esempio, ovvero Franca Viola, rifiutò il matrimonio riparatore con il suo stupratore appoggiata dalla famiglia, innescando una serie di reazioni a catena: "Ma sono stati dei processi di maturazione lentissimi, ci sono voluti 16 anni prima che la legge del matrimonio riparatore cambiasse", fa notare l'avvocata Croatto, "per questo non possiamo premetterci di guardare dall'alto in basso paesi che sicuramente sono molto indietro culturalmente, ma che lo sono anche dal punto di vista economico e sociale". Quel processo si è snodato in alcune tappe che hanno stravolto il diritto italiano dietro la spinta di un gruppo di agguerrite parlamentari della legislatura in carica in quegli anni. Una di queste era Romana Bianchi, eletta deputata per quattro volte nelle fila del Pci, che nel 1981 aveva 37 anni. "C’era un clima particolare", ricorda oggi l'Onorevole Bianchi con MarieClaire.it, "Con le elezioni del 1976 erano entrate in Parlamento molte donne giovani, alcune meno che trentenni, tutte reduci dal referendum per il divorzio del 1974. Il divorzio è stato uno spartiacque per le donne italiane perché per molti il risultato era stato una sorpresa, ignoravano che il 'modo di pensarsi' delle donne fosse cambiato così profondamente. Non è che prima le donne non fossero consapevoli, è che i tempi erano maturati grazie ai movimenti femministi fuori dei partiti, che avevano influenzato anche i partiti. Poi, tra l’idea di sé che le donne avevano maturato e la possibilità di realizzarla dovranno passare ancora decenni e non abbiamo ancora finito. Io frequentavo i gruppi femministi di Milano, mi ero laureata alla Cattolica, al tempo Milano e Roma erano i luoghi di eccellenza in cui capire come stare al mondo. Ma la prima tappa di questo mutamento era stata l’autorizzazione alla vendita in Italia della pillola anticoncezionale, nel 1971: finalmente le donne potevano decidere se essere o non essere madri. Poi, nel 1975 era stata approvata la famosa riforma del Diritto di Famiglia, che prendeva atto della legge sul divorzio e cancellava la figura del capofamiglia, ponendo i due coniugi sullo stesso livello". Questo accadeva a ben 30 anni dall'approvazione della Costituzione che nell'articolo 3 recita: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso. Poi ci fu il massacro del Circeo nel 29 settembre del 1975, tre ragazzi di buona famiglia abusarono barbaramente di due ragazze di 19 e 17 anni, Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, di cui la prima rimase uccisa. "In quegli anni viene presentata la legge sulla violenza sessuale", prosegue l'onorevole Bianchi, anche perché nel 1979 aveva suscitato forte reazioni il docufilm Processo per stupro, oggi un cult, con la famosa arringa dell’avvocata Tina Lagostena Bassi che infrangeva per la prima volta il malcostume culturale secondo cui lo stupro era, in parte o del tutto, colpa della vittima. Nel 1978 era passata anche la legge 194 sull’aborto. Cancellare la vergogna del delitto d’onore doveva essere il passo successivo", Per abrogare il Delitto d’Onore c’erano già state delle proposte di legge fra il 1976 e il 1979, ma il problema non venne affrontato concretamente fino alla legislatura fra il 1979 e il 1983 che, come già detto, aveva portato alle camere delle donne molto determinate, agguerrite e insistenti contro chi diceva sempre che c’era qualcosa di più importante a cui dare la priorità. La legge sul Delitto d'Onore aveva un forte valore simbolico "perché sanciva il concetto che il corpo delle donne era libero dal possesso maschile", spiega Romana Bianchi.

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L’onorevole Romana Bianchi nel 1981

Angela Maria Bottari, la prima relatrice della legge 442/1981 che ha abolito il Delitto d’onore, aveva 36 anni al tempo dell’approvazione. “Ha ragione Romana Bianchi riguardo la responsabilità di Franca Viola nell’aver innescato la reazione a catena, una donna che viveva nella Sicilia considerata al tempo più arretrata, ma in realtà terra di grandi contraddizioni da cui, alla fine, è partita la rivoluzione. Aggiungiamo alle tappe elencate da Romana la sentenza del 1968 della Corte costituzionale che cancellava quell’articolo di legge per cui si puniva solo l’adulterio femminile. Quello stesso anno, il ministro Oronzo Reale presentò per la prima volta la proposta di abolire anche il Delitto d’Onore che fino a quel momento poggiava sulla punibilità dell’adulterio della donna, ma non ci fu esito. Nel 1977 è la senatrice Tullia Carettoni Romagnoli a presentare la prima proposta di legge, discussa dal senatore Mario Gozzini. Viene approvata al Senato, passa alla Camera a dicembre e io ne divento relatrice. Ma nell’aprile del 1978 si scioglie la legislatura prima che venga approvata. Teniamo presente una cosa: di solito una legge è lenta a essere approvata quando richiede una copertura finanziaria, uno stanziamento di fondi. Ma questa non ne aveva bisogno e avrebbe dovuto essere approvata subito, se non avesse incontrato ostruzionismo. Ci si incagliava su un punto: l’infanticidio per causa d’onore. In pratica, la legge sul Delitto d’Onore tutelava anche le madri che sopprimevano il bimbo in situazioni particolari, perché era frutto di violenza o perché era stata cacciata dalla famiglia o quant’altro. Si dovette convertire in un’attenuante 'per cause di forza maggiore', ma le resistenze era anche di altra natura. Nel 1978 si ricominciò così dal Senato, e stavolta a presentare un nuovo disegno è la senatrice Carla Ravaioli. Viene approvato e arriva di nuovo alla Camera nel 1980. Stavolta la relatrice è Maria Pia Garavaglia della DC, mentre io sono impegnata come relatrice della legge contro la violenza sessuale. Finalmente vinciamo tutte le resistenze e nel 1981 la legge viene approvata il 5 agosto del 1981". "Quando abbiamo vinto", conclude Romana Bianchi "la legge 442/1981 non ha avuto comunque la risonanza di leggi come la 194/1978 sull’aborto o, più avanti, quella che nel 1996 ha convertito la violenza sessuale da delitto contro la morale a delitto contro la persona. L’opinione pubblica non la discusse come avrebbe meritato, non venne percepita come il grande passo avanti che invece ha comportato. Perché gli uomini, questa legge, l’hanno subita. È sempre sbagliato generalizzare dicendo 'gli uomini', ma è innegabile che questa sia stata una delle leggi che hanno digerito peggio, che hanno dovuto accettare. Gli uomini italiani rispecchiavano molto il sentimento del paese, le discussioni vertevano ancora su temi di cui ti capitava di pensare: 'ma siamo ancora a questo punto?'. Il Delitto d’onore era considerato una faccenda intima fra coniugi, permaneva la cultura dei diritti delle donne subordinati a quelli maschili concessioni volta per volta degli uomini e si reputava che la violenza in famiglia andasse risolta in famiglia, senza che altri ci mettessero il naso. In Parlamento qualcuno avanzò l’obiezione che togliere il delitto d’onore significava immischiarsi tra moglie e marito, era percepito come un 'ma come, leviamo anche questo?' che avrebbe deteriorato i costumi, favorito gli adulteri. E no, non era un modo di pensare che riguardava, come si potrebbe pensare oggi, solo qualche zona d’Italia: era una questione di arretratezza culturale individuale, su cui ancora dobbiamo lavorare molto".

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