La foto in apertura non ritrae i protagonisti della storia.

Sono passati 43 anni da quando è nata Louise Brown, la prima bambina concepita in vitro, e ne sono passati 38 da quando è nata Alessandra Abbisogno, la prima italiana frutto della stessa procedura. Ma prima di allora, in alcuni paesi era già in uso da tempo la procreazione assistita eterologa, il procedimento che permette a una donna di concepire usando il seme di qualcuno che non è il suo partner, quando questo è impossibilitato a farlo per motivi genetici o di salute. Da allora la fecondazione assistita è andata avanti in tutte le sue forme anche in Italia fino alla gestazione per altri, suscitando di volta in volta obiezioni su questioni etiche ancora non ben definite, ma viste con sempre meno ostilità appena ne subentra una più avanzata e spiazzante. Riguardo a questo tema complesso, il Guardian ha pubblicato la testimonianza di Catherine Simpson, un’infermiera di 50 anni madre di tre figli, riguardo al suo concepimento che risale alla fine degli anni 60, quando questo campo era una sorta di Far West. Tutto è iniziato quando il padre di Catherine è morto, nel 2010. In quell'occasione la madre di Catherine ha deciso di rivelarle un segreto che si portava dietro da sempre: l'uomo che l'aveva cresciuta non era il suo padre biologico. Suo marito, ha spiegato la signora Simpson, si era sottoposto incautamente a una vasectomia prima di sposarsi e quando in seguito lui e la moglie avevano desiderato avere dei figli, erano dovuti ricorrere al seme di due donatori. Dopo quella rivelazione Catherine si è ritrovata all’improvviso con un fratellastro invece che un fratello, con una nonna paterna che non era sua nonna, e con la consapevolezza che tutti i membri della famiglia del padre non erano suoi parenti. La donna ha deciso di scoprire chi fosse il padre biologico, il donatore del seme con cui era stata concepita, e ha iniziato la sua indagine chiedendo informazioni alla madre la quale. essendo avanti con gli anni e dopo tutto quel tempo, ha potuto fornirle solo qualche ricordo confuso sui due ambulatori a cui si erano rivolti. La mamma ha raccontato che i donatori dovevano essere degli studenti di medicina dell'ospedale St Bartholomew di Londra, così le avevano detto, ma che in seguito lei e suo marito avevano scoperto che la dottoressa Mary Barton, una delle prime nel Regno Unito a praticare la fecondazione assistita e che aveva eseguito la procedura per il fratello maggior di Catherine, aveva utilizzato il seme del proprio marito, il biologo Bertold Wiesner. Quando nel 1969 i Simpson avevano deciso di avere un altro figlio la dottoressa Barton era andata in pensione, per cui si erano rivolti a un'altra clinica della fertilità di cui la madre di Catherine non ricordava il nome, né quello del dottore che si era preso cura del loro caso. Ricordava solo la via, Harley Street. Mentre Catherine elaborava lo shock chiedendosi cosa altro le avessero nascosto i genitori, sono passati dieci anni. Compiuti i 50 anni, ha deciso di riprendere le ricerche e ha scoperto che ad Harley Street c'era effettivamente, al tempo, uno studio medico di un dottore che si chiamava Reynold H Boyd. Su internet Catherine ne ha trovato una foto dell'epoca scattata nella sua clinica, e l'ha mostrata alla mamma, che lo ha riconosciuto. Purtroppo, Reynold H Boyd era già morto 90enne nel 1991. Mentre continuava le sue ricerche, Catherine Simpson si è imbattuta nella storia di una donna sudafricana che aveva scoperto di essere figlia del medico della fertilità di sua madre, l'uomo aveva usato il suo sperma senza che la paziente lo sapesse. Crescendo, da bambina aveva sviluppato una somiglianza così forte col medico da insospettire la madre, che aveva chiesto al medico il test del Dna, da cui la conferma della paternità. Niente di più facile e lucrativo che far pagare il seme eterologo a una coppia ottenendolo gratuitamente da sé. Ma ovviamente, il metodo non è eticamente corretto anche perché c'è un limite molto severo al numero di donazioni che si possono fare per non mettere in giro troppi figli di un solo padre, aumentando il rischio che si incontrino da adulti e concepiscano figli tra loro senza sapere di essere consanguinei. Nonostante ciò, molti medici della fertilità hanno commesso questo errore (un peccato di vanità?) e quelli che sono stati scoperti hanno dovuto risarcire profumatamente i loro pazienti e i figli. Catherine si è chiesta se anche il dottor Boyd potesse essere suo padre. È quindi riuscita a trovare il numero di telefono della figlia, ma questa non ha accettato di sottoporsi al test del Dna per confrontarlo col suo. Catherine Simpson ha fatto l'estremo tentativo possibile ricorrendo al laboratorio di Ancestry.com, uno dei tanti che eseguono il test del Dna e che sono autorizzati a riportare sul referto i nomi di altre persone che si sono sottoposte al test, quando il loro database incrocia delle parentele. C'era una probabilità su un milione, forse meno. Invece, quando la donna ha ricevuto il risultato ha trovato il nome del padre biologico chiaramente citato nel documento. Lo ha rintracciato immediatamente. Non era un medico né uno studente di medicina, bensì un pensionato ex addetto ai traslochi dell'Essex al quale la figlia aveva regalato per un compleanno il test di Ancestry. L'uomo, sconvolto dall'aver scoperto di avere un'altra figlia sconosciuta, le ha spiegato di non aver mai donato sperma in vita sua. Però c'era stata una volta in cui aveva dovuto conservare il suo seme in un contenitore sterile, era stato quando lui e sua moglie si erano recati in una clinica della fertilità e si stavano sottoponendo agli esami per scoprire le cause della loro difficoltà di concepire. Chiaramente, una volta verificato che la sterilità della coppia non dipendeva da lui e che i suoi spermatozoi erano in ottima salute, il campione era stato utilizzato per fecondare delle pazienti senza il loro consenso, compresa la mamma di Catherine. Di tempo ne è passato molto da quando, nel Regno Unito la dottoressa Mary Barton ha pubblicato i dettagli dei suoi metodi sul British Medical Journal nel 1945 e, come ricorda il Guardian, il suo lavoro è stato "accolto con orrore dalla stampa e dalla chiesa cattolica". Eppure, dopo quella pubblicazione, sono state molte le coppie infertili che hanno chiesto il suo aiuto. Quella branca della medicina è rimasta per decenni "una zona grigia", come la definisce il Guardian, proprio perché non regolamentata ufficialmente, le cui cliniche non avevano neanche l'obbligo di tenere registri. Poi, dal 1990 gli Uk hanno approvato la legge sull'embriologia e la fecondazione umana e, nel 2005, anche la creazione del registro obbligatorio dei donatori, perché coloro che sono stati concepiti con fecondazione eterologa hanno il diritto di ottennero tutte le informazioni necessarie sul proprio patrimonio biologico, persino l'altezza e il colore degli occhi dei loro genitori sconosciuti, informazioni di grande aiuto nella cura di tare genetiche in cui la storia familiare è fondamentale. Nessuno, in Gran Bretagna potrà più giocare con la vita degli altri, e con il desiderio di figli di una coppia, come è successo per Catherine Simpson e i suoi genitori. Tutti e tre.