Scrivo di clima e ambiente e c'è una domanda che mi viene posta spesso, dopo un incontro pubblico, nei commenti agli articoli, nelle conversazioni: «Sì, ma che posso fare io?». La versione estesa è così: «Sì, ma dopo che ho differenziato i rifiuti, ridotto la plastica, messo via le cannucce, ripensato il consumo di carne e comprato la bici nuova, che posso fare io?». Questo articolo contiene una possibile risposta, ma arriva tra un po'. Prima, il contesto: come umanità stiamo andando a velocità sostenuta verso un muro fatto di caldo insostenibile, eventi meteo impazziti, siccità per metà dell'anno e alluvioni per l'altra metà. Il fatto è che, da un punto di vista politico, abbiamo sei settimane e mezzo per salvarci. Chi vive a Milano vedrà molti attivisti in strada, il 1 ottobre c'è Greta Thunberg in strada con i Fridays for Future, perché ci sono ultimi pre-negoziati per il clima e l'incontro Youth4Climate, di ascolto delle proposte dei giovani di tutto il mondo. Poi c'è il G20 (il G20 è importantissimo, perché è il club dei responsabili di tutto questo che stiamo dicendo), infine a inizio novembre ci sono i negoziati veri e propri, a Glasgow, in Scozia, quella cosa che si chiama COP26. L'accordo di Parigi fu frutto della COP21, sei anni dopo siamo tutti d'accordo (compreso Draghi) che ci siamo dati degli impegni anche belli e utili, ma che non li abbiamo rispettati. Queste sei settimane e mezzo sono il campo da gioco per correggere la rotta.

Ogni dieta ha un lunedì, queste sei settimane sono il lunedì della Terra.

Il fattore tempo, come avrete capito, è tutto, è la chiave per interpretare ogni evento. Non conta solo ridurre le emissioni di CO2 e altri gas che alterano il clima, occorre farlo velocemente, perché la finestra per farlo prima che gli equilibri della Terra si alterino irrimediabilmente si sta chiudendo. Ce lo ha ricordato l'ultimo rapporto Onu, ma se eravate a Siracusa il 10 agosto sapete benissimo già, 48.8° C, la più alta temperatura mai registrata in Europa. Qui entrano in scena le persone: il mondo dell'attivismo ambientalista è variegato, ci sono quelli che bloccano le strade, quelli che lavorano dietro le quinte, quelli che studiano, quelli che fanno pressione. Re:Common è un'organizzazione che fa un importante lavoro di informazione, consapevolezza e pressione per mostrarci i legami che ci sono tra il potere, i soldi, l'energia e il clima, come abbiamo visto nella puntata di Presa Diretta su Rai3 lunedì sera. A un loro incontro a Milano ho ascoltato Lucie Pinson, una donna francese con un coraggio che sventra le miniere. Letteralmente, non è una metafora. È di lei che voglio parlare.

Pinson ha 36 anni, è minuta e determinata, parla in modo veloce e chiaro, con un notevole senso dell'umorismo. La chiamano carbone killeuse, la killer del carbone, che è la più sporca delle fonti di energia, quella che ha un impatto maggiore sulla situazione di cui sopra. Il lavoro che fa con la sua Ong Reclaim Finance è togliere all'industria del carbone la risorsa più importante che ha per andare avanti: i soldi. Il carbone non si può estrarre senza moltissimi soldi, senza banche che finanzino, senza compagnie di assicurazione che coprano. Insieme alla sua squadra, Lucie Pinson fa questo lavoro: spinge gli investitori a interrompere questo flusso. Il suo lavoro è in pratica convincerli a smettere di finanziare la fine del mondo. Lo fa con l'unica ragione che banche e assicurazioni capiscono: la forza dei numeri. «Le istituzioni finanziarie ragionano sul breve termine», ha spiegato a France24, «Noi le spingiamo a vedere anche cosa succede nel lungo termine». Il suo è stato un lavoro paziente, che dopo un estenuante processo dietro le quinte ha generato un'onda di cambiamento quasi epocale: è riuscita a spingere le tra principali banche francesi - BNP Paribas, Crédit Agricole e Société Générale - a disinvestire dal carbone. Poi, viso che siamo in un mondo di conformisti e i conformismo va usato a vantaggio del bene, altre hanno seguito. Oggi in Francia sono in tutto venti quelle che hanno deciso di smettere di dare soldi al carbone. Questo sforzo titanico le è valso nel 2020 il Goldman Enviromental Prize, il premio più importante per l'attivismo ambientalista, quasi un premio Nobel green.

Lucie Pinson ha dovuto affrontare uno tsunami di soldi che andavano nella direzione sbagliata

Negli anni precedenti all'accordo di Parigi le banche che ha convinto avevano dato già 32 miliardi di euro in prestiti all'industria del carbone. È un lavoro immane, se pensiamo che negli anni pre-pandemia le società finanziarie globalmente hanno portato al carbone 745 miliardi di dollari per aprire nuove centrali. Per fortuna oggi la tendenza, lentamente ma inesorabilmente, si sta invertendo. Uno degli obiettivi dei negoziati di queste sei settimane e mezzo è chiudere col carbone, non sarà facile (per niente facile), ma se i soldi rallentano, come stanno facendo, siamo già nella direzione giusta. L'importante è non scoraggiarsi: dalle parole di Pinson traspare anche un'altra qualità decisiva per questo tipo di azione a lungo termine: la pazienza che ci vuole, riunione dopo riunione: «Prima li ho spinti a uscire da un singolo progetto, poi da tutti i progetti, poi a chiudere del tutto i rubinetti». Ha usato il loro linguaggio, gli ha spiegato i costi di quello che facevano. Non solo finanziari, ma soprattutto in termini di perdita di vite umane, di biodiversità, di prospettive per l'umanità. È un costo reputazionale, ha detto ai manager delle banche: volete davvero ritrovarvi dalla parte sbagliata della storia? Le persone, piano piano, non vorranno più avere a che fare con voi, non apriranno conti correnti, non sceglieranno le vostre polizze, alla fine non vorranno nemmeno lavorare per voi, soprattutto le persone giovani. Ci ha messo e ci mette ottimismo e sfrontatezza. Ha preteso risposte, li ha messi davanti a una scelta: o fate qualcosa o ammettete che non ve ne frega niente. E qui, in parte c'è, la risposta alla domanda da cui siamo partiti: «Sì, ma dopo che ho differenziato i rifiuti, ridotto la plastica, messo via le cannucce, ripensato il consumo di carne e comprato la bici nuova, che posso fare io?». Il suggerimento arriva dal lavoro di Reclaim Finance e Lucie Pinson: puoi interessarti a come vengono usati i soldi dei tuoi conti in banca, delle tue polizze, delle tue azioni, dei tuoi investimenti. E assicurarti, anche seguendo il lavoro di Re:Common in Italia, che non finanzino l'apocalisse.

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