L’ex dipendente di Facebook Frances Haugen ha testimoniato davanti alla Commissione del Senato per il commercio, la scienza e i trasporti sulle accuse che ha lanciato contro il social di Mark Zuckerberg dalle pagine del Wall Street Journal. Il sigillo su una settimana nera, per Zuckerberg, dopo il doppio down del social più diffuso che è costato un patrimonio all'azienda. Negli ultimi 15 anni Facebook ha permesso ai suoi utenti di condividere argomenti, impressioni, articoli. Negli ultimi giorni, invece, è diventato esso stesso argomento e oggetto di meta-condivisi sulle sue pagine, dopo l'esposizione dei documenti che proverebbero un uso improprio e manipolatorio del potere che questa azienda ha sull’opinione pubblica. Un potere i cui danni sulla salute mentale degli adolescenti e sull’avvelenamento del dibattito politico sono in via di valutazione. Inizialmente i documenti sono usciti come fonte anonima. Poi la talpa si è rivelata essere, Frances Haugen, ingegnere informatica di 37 anni, esperta di algoritmi. Haugen, ex product manager di Facebook che si è dimessa lo scorso aprile, ha reso nota la sua identità con un’intervista alla trasmissione 60 Minutes del canale statunitense Cbs, e ora ha raccontato quello che sa in Senato. Scenari che riportano al famoso interrogatorio di Zuckerberg davanti al Congresso degli Stati Uniti, nel 2018, per lo scandalo di raccolta impropria di dati che il social effettuava tramite l’azienda Cambridge Analytica. Oggi però la faccenda è diversa. Secondo Haugen, Facebook non ha mai avuto intenzione di contenere l’hate speech perché una discussione flame crea engagement, e l’engagement porta profitto. Se tutto questo sarà confermato, quella sensazione di ingiustizia che abbiamo provato tutti almeno una volta nel leggere sul report di un post segnalato “riteniamo che rispetti i nostri standard” potrebbe avere un fondamento. Ma cosa ha detto Frances Haugen in Senato? "Ho visto Facebook affrontare ripetutamente conflitti tra il suo profitto e la nostra sicurezza e, puntualmente, li ha risolto dando la precedenza al profitto", ha dichiarato la donna. Poi ha esposto la sua opinione sul fondatore di Facebook che, come spiega il Wall Street Journal, detiene il controllo del 58% delle azioni con diritto di voto: "Al momento Mark non deve rendere conto di niente a nessuno, tranne che a se stesso", ha detto l'informatica. Ha proseguito spiegando che, forte di questo predominio azionistico, Zuckerberg prenderebbe le sue decisioni in base a come influenzeranno il coinvolgimento degli utenti senza curarsi abbastanza dei potenziali aspetti negativi sul pubblico: "i numeri che contano più delle decisioni", ha detto Haugen. Il presidente della sottocommissione che ha condotto l'udienza, Il senatore Richard Blumenthal, ha detto di voler convocare nuovamente Zuckerberg al Congresso. Il fondatore del social, intanto, ha risposto subito alle accuse della sua ex dipendente con un lungo post sul suo social, il cui nocciolo è questo: “Teniamo molto a questioni come la sicurezza, il benessere e la salute mentale. È difficile sentire come vengano travisati il nostro lavoro e le nostre motivazioni. Semplicemente, penso che la maggior parte di noi non riconosca la falsa immagine dell'azienda che è stata dipinta. Molte delle affermazioni non hanno alcun senso. Se volessimo ignorare queste importanti questioni perché, in primo luogo, dovremmo creare un programma di ricerca leader del settore per comprenderle? Se non ci interessa combattere i contenuti dannosi, allora perché dovremmo impiegare così tante persone dedicate a questo, rispetto a qualsiasi altra azienda nel nostro settore, anche quelle più grandi di noi?". Non siamo che a la prima puntata di una vicenda che ci terrà impegnati per mesi, e di cui, in fondo, parleremo proprio su quei social che sta mettendo sotto processo.