Tutti davano per scontato il nome di Greta Thunberg, ma per la 18enne attivista climatica c’è ancora tempo. Il Nobel per la pace 2021 è andato ai giornalisti Maria Ressa e Dmitry Muratov, rispettivamente dalle Filippine e dalla Russia. "Per i loro sforzi per salvaguardare la libertà di espressione, che è una precondizione per la democrazia e una pace duratura", così il Comitato norvegese per il Nobel a Oslo, in Norvegia ha motivato il premio, spiegato per esteso all’annuncio ufficiale: “La signora Ressa e il signor Murov riceveranno il premio Nobel per la pace per la loro coraggiosa lotta per la libertà di espressione nelle Filippine e in Russia; essi sono rappresentanti di tutti i giornalisti che nel mondo hanno difeso questi ideali laddove la democrazia e la libertà di stampa si trovano in condizioni avverse e difficili. Maria Ressa ha usato la libertà di espressione per denunciare abusi di potere, uso di violenza del regime dittatoriale autoritario nelle Filippine. Nel 2012 ha co-fondato una compagnia di media digitale per il giornalismo investigativo che ancora dirige come giornalista e come Ceo, ha dimostrato di essere un’estrema difenditrice della libertà di espressione, tenendo sempre alta l’attenzione su questi regimi controversi che portano avanti campagne contro la libertà di stampa. I numeri dei morti sono così alti che questa lotta viene condotta proprio contro la stessa popolazione del proprio paese. Ressa ha documentato come i social media vengono utilizzati per diffondere fake news, per molestare gli oppositori e per manipolare il discorso pubblico”. Per quanto riguarda Dmitry Andreyevich Muratov, l’annuncio ha spiegato: “per decenni ha difeso la libertà di espressione in Russia in condizioni sempre più difficili. Nel 1993 è stato uno dei fondatori del giornale indipendente Novaya Gazeta, dal 1995 è l'editore e direttore del giornale. Novaya Gazeta è il quotidiano più indipendente al momento in Russia, con un atteggiamento molto critico nei confronti del governo. I giornali e il giornalismo basati sui fatti, e l'integrità di questi giornalisti, ne hanno fatto fatta una fonte di informazione molto autorevole su diversi aspetti della società russa, menzionati in maniera blanda da altri media. Dal 1993 la Novaya Gazeta pubblicò degli articoli molto critici su alcuni temi come la corruzione, la violenza delle forze di polizia, arresti illegali, frodi elettorali e l’uso della forza militare da parte della Russia, sia all'interno che all'esterno. Per questo, la Novaya Gazeta ha ricevuto molestie, minacce e messaggi minatori. Da quando il quotidiano è stato in attività, sei dei sui giornalisti sono stati uccisi, inclusa Anna Politkovskaya che scrisse un articolo illuminante sulla guerra in Cecenia. Nonostante questi omicidi e queste minacce, il direttore Muratov si è rifiutato di abbandonare la linea editoriale indipendente del giornale e ha sempre difeso il diritto dei giornalisti di poter scrivere qualunque cosa, su qualunque argomento a patto di essere sempre in linea con gli standard etici”. Un premio che sembra dimostrare l'intenzione generale di rimettere a posto la confusione imperante nell'informazione, aumentata nell'ultimo decennio con la diffusione dei social network. Ne sarebbe stata contenta Anna Politkovskaya, citata nella motivazione, freddata nel 2006 da un killer che l'aspettava nell'ascensore di casa, e che non è mai stato identificato. Ma ne è felicissima oggi la direttrice di Rappler Maria Ressa, 58 anni, la prima filippina della storia a ricevere il premio, già insignita nel 2018 del titolo Persona dell'anno dal Time, grazie alla sua guerra contro le fake news. "La fiducia è quello che ci tiene insieme", ha detto nella prima intervista dopo il premio, che, giustamente ha rilasciato alla sua testata: "la fiducia fa in modo che possiamo risolvere problemi così complessi che dobbiamo affrontare oggi quando vengono attaccati i media; noi stiamo cercando di affrontare questo problema in maniera diversa, ma dobbiamo riconoscere che essere un giornalista oggi è molto difficile e serve energia per continuare la battaglia per difendere i fatti. Noi continueremo a fare il nostro lavoro". La biografia di Maria Ressa dimostra come ci sia stato un solo carburante a muoverla negli anni, e non è la fortuna ma la determinazione. Nata a Manila nel 1963, è rimasta orfana di padre quando aveva un anno. Sua madre, che aveva 18 anni quando l'ha partorita, è emigrata negli Stati Uniti in cerca di lavoro e l'ha affidata alla famiglia paterna fino a quando, dopo il matrimonio con un uomo italo-americano, è tornata a prendersi lei e la sorella. Maria aveva dieci anni ed è stata adottata dal patrigno, cosa che spiega il cognome italiano.

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Cresciuta nel New Jersey, è sempre stata brava a scuola e nel 1986 si è laureata con Lode in Lingua Inglese alla prestigiosa Princeton University, ma ha ottenuto anche attestati in Biologia molecolare, teatro e danza. Con una borsa di studio ha frequentato Scienze politiche all'Università delle Filippine Diliman. Prima di fondare Rappler nel 2012 con altre due colleghe, è stata giornalista alla stazione governativa PTV 4 e capo della redazione filippina della CNN a Manila e poi a Jakarta. Con questi due incarichi si è specializzata nelle indagini sulle reti terroristiche. I guai, per lei, sono cominciati quando si è messa di traverso al presidente della Repubblica delle Filippine Rodrigo Duterte, il cui soprannome in patria è The Punisher, con interviste incalzanti e accuse di omicidio. Ma soprattutto, portando alla luce una rete di troll pilotati dal presidente che diffondendo fake news manipolatorie sui social per favorirlo. Rappler è da allora oggetto di persecuzione di Duterte, a cui ha fatto revocare la licenza. Nel 2018 ha definito Ressa "uno strumento degli Stati Uniti" e l'ha trascinata in tribunale con una denuncia per diffamazione online, in base a una legge ad personam che si è coniato in fretta nel 2012 per punire le critiche nei suoi confronti. Quando la comunità internazionale ha protestato, Dutarte si è dissociato dall'arresto dichiarando che la denuncia era stata sporta da un attore filippino suo sostenitore, non certo da lui. Maria Ressa, la cui vita privata è protetta per questi motivi, è stata dichiarata colpevole il 15 giugno 2020, ma i riflettori che si sono accesi su di lei la stanno parzialmente proteggendo dall'incarcerazione di sei mesi che la aspetta. Attualmente si sta appellando contro il verdetto alla corte suprema. "Siamo al precipizio. Se cadiamo, non siamo più una democrazia", ha detto quando è stata condannata. L'arrivo del Nobel, forse, cambia un po' le cose per lei.