"Eh, se ci vado, in pensione". Benvenuti, è il ritornello di accoglienza del ventunesimo secolo. Il futuro della generazione millennial (e successive) è l'immagine di una corsa a ostacoli sempre più alti in una nebbia maleodorante, senza indicatori di direzione e una meta che si allontana sempre di più. La sfiducia nel proprio potere economico, se fosse quotata in borsa, sospenderebbe le operazioni per eccesso di rialzo quotidiano: specialmente per le donne, la situazione e la prospettiva sembrano essere sempre più difficili. Oltre a subire il gender pay gap, che in Italia potrebbe essere eliminato istituzionalmente dalla legge sulla parità salariale (in attesa al voto in Senato dopo l'approvazione alla Camera), il 51% della popolazione che può e vuole produrre reddito subisce una seconda, pericolosa discriminazione di genere in prospettiva futura. Le pensioni delle donne sono più basse di quelle degli uomini, è un dato di fatto. La società cambia sempre più rapidamente, costringendo le istituzioni a fare letteralmente i conti con un sistema previdenziale ormai inadeguato, ma le donne continuano ad essere considerate di serie B, subiscono la mancanza di strumenti, di conoscenze, di reale autonomia economica. L'educazione finanziaria, spiega Elisa Lupo, consulente del lavoro specializzata nei temi della previdenza e autrice del podcast Previdenti, potrebbe essere il primo passo individuale per imparare a gestire i propri soldi oggi in vista di domani.

Si parla molto di Gender Pay Gap e poco del divario previdenziale, ovvero la disparità del trattamento pensionistico tra uomini e donne. Come mai?
Il problema è su 2 piani: la previdenza obbligatoria e la previdenza integrativa. Le donne arrivano spesso al momento della pensione con carriere discontinue, pagate peggio per il gender pay gap, e soprattutto con dei momenti di copertura non pieni come i part time o i permessi maternità, che a livello previdenziale non hanno lo stesso peso contributivo dei periodi di lavoro ordinario. Questo porta ad un gap pensionistico di quasi 500 euro per la pensione obbligatoria, secondo l'INPS. Per l'integrativa, il fatto è che le donne molto spesso non si occupano dei loro soldi in prima persona, un piano di previdenza integrativa prevede un'adesione volontaria. Queste due cose si riverberano, in prospettiva, in pensioni delle donne molto più basse di quelle degli uomini.

Dobbiamo essere noi a occuparci dei nostri soldi, quando lavoriamo e per il futuro.

Ottobre è il mese dell’educazione finanziaria per imparare a gestire meglio i propri soldi. È vero il preconcetto che in Italia manchi ancora molta l’educazione finanziaria, perché parlare di soldi "non sta bene"? Ed è un problema che riguarda principalmente e culturalmente le donne?
Le cose sono cambiate all’esterno delle famiglie ma poco all'interno. Mi spiego meglio: le donne guadagnano molto più di prima, lavorano e portano i soldi a casa. Secondo studi recenti, però, i conti correnti aperti da sole donne nella fascia 20-30 anni sono nettamente inferiori dai conti correnti aperti dagli uomini. Nella prima parte della vita lavorativa, in questa fascia di età, uomini e donne dovrebbero avere lo stesso andamento di curva, una situazione omologa tra ragazzi e ragazze che iniziano a lavorare. Ma non è vero perché spesso le ragazze fanno amministrare i loro soldi al padre, o al marito, o al fratello, si demanda l'amministrazione di soldi propri. È veramente preoccupante, è qualcosa su cui si dovrebbe lavorare: avere un proprio conto corrente e l'amministrazione individuale dei propri soldi, porta a porsi delle domande che sono anche "come investo" "come faccio fruttare i soldi". Se la gestione viene fatta da altri, anche in buona fede e senza secondi fini, comunque non siamo noi. Ci sono anche pochissime ragazze che sottoscrivono mutui in prima persona e da sole: anche questa è educazione finanziaria, secondo me. Oggi è la gestione del proprio stipendio, in prospettiva può essere un mutuo, investimenti, sottoscrizioni di fondi pensione con un orizzonte temporale più lungo, che guarda al noi stesse del domani. Noi donne dobbiamo imparare a occuparci del nostro futuro pensandoci da sole, mentre spesso la proiezione che abbiamo è di un futuro in cui potremmo non essere sole.

Ragionando sul futuro, è difficile pensare di parlare di pensioni “tradizionali” quando si fanno lavori flessibili, che spesso è sinonimo di precari. Come si può ovviare? Che tipo di strumenti possiamo autonomamente conoscere?
Chi ha una copertura meno istituzionale, ovvero i "lavori nuovi" con meno sostegno previdenziale, dovrebbe sottoscrivere piani pensionistici integrativi per il futuro, e la quota di integrazione sarà maggiore di quella di un lavoratore dipendente. Il sistema è costruito in modo tale che un dipendente illuminato può far confluire il suo TFR nel piano pensione, con un sacrificio minimo, mentre il libero professionista deve investire da subito parte del proprio reddito. Il risparmio previdenziale per il libero professionista è più ragionato, e paradossalmente più impegnativo.

Chi dovrebbe pensare di aprire un fondo pensione il prima possibile? Come ci si destreggia tra le varie tipologie?
Il nostro maggiore alleato è il tempo: più tempo hai davanti, meno impegno è richiesto. Se ho 50 anni, sottoscrivo un fondo pensione e penso di andare in pensione a 65, dovrò far confluire parecchi soldi ogni mese; se sottoscrivo un fondo pensione a 20 anni, basta poco alla volta perché il tempo gioca a favore, e col meccanismo degli interessi il denaro incrementerà. Per avere una pensione congrua si dovrebbe riuscire ad accantonare ogni anno almeno il 10% della propria retribuzione, dicono studi recenti. Non viene mai detto che il fondo pensione è molto flessibile dal punto di vista delle anticipazioni per acquisto prima casa, per spese mediche impreviste, o anche per spese non comprovate o verificate particolarmente. Certo, se li prelevi sai che poi dovresti reintegrarli.

Il futuro ci sarà e dobbiamo programmarlo nel migliore dei modi.

Dobbiamo avere meno paura di pensare ad un futuro che, per quanto nebuloso, ci auguriamo tutti di vivere pienamente?
Sicuramente le stime di adesso possono essere più o meno valide, ma se cominciamo a prenderci cura di quel periodo della vita, che speriamo possa essere lungo, possiamo fare delle scelte più serene anche dopo. Immagino chi è costretto ad andare via dall'Italia per recuperare in fiscalità dalle pensioni basse; per non arrivare a quel punto vale la pena cominciare a pensarci.

Sarà necessaria una riforma del sistema pensionistico che segua anche l'evoluzione professionale della società, il cambiamento demografico dell'Italia?
Ci sono scenari apocalittici che dicono che bisognerà vedere se l'INPS continuerà a vivere dopo il 2030... Ma di sicuro il sistema previdenziale come è costruito adesso è la fotografia di una società che non esiste più. Dovrà essere pensato in modo differente. Sarà comunque lasciato sempre più spazio all'iniziativa personale in questo ambito, che fino a due generazioni fa non era un argomento: 30 anni fa parlare di previdenza sarebbe stato fuori luogo, nella vita attiva non si pensava alla pensione o all'andarci con una pensione congrua.

La differenza è qui: in pensione ci andremo tutti, ma una cosa è con una pensione congrua, una cosa con una pensione che non ti permette di mantenere il tuo stile di vita.