Nina Simone senza quei capelli sarebbe stata un’altra Nina Simone. Perché dietro a quella chioma crespa vi è una rivoluzione culturale fortissima. Lo sa bene la ricercatrice della Toronto University, Cheryl Thompson che da anni studia i capelli delle donne di colore quale potente forma di appartenenza sociale. E quindi cosa c’entra toccare i capelli degli altri? C’entra perché uno studio ancora più recente del Perception Institute ha dimostrato quanto toccare i capelli altrui possa mettere profondamente a disagio la persona stessa. E soprattutto le persone che vanno fierissime dei loro tagli afro, segmento che, sempre secondo la ricerca, riceve le più alte attenzioni di chi in quella nuvola di capelli crespi vi legge un mondo sconosciuto. Alexis McGill Johnson ha fondato il Perception Institute proprio per studiare quanto i comportamenti spontanei e fisici, come toccare i capelli, possano essere forme di discriminazione. La cultura del taglio afro, crespo, lisciato, intrecciato, è una delle più soggette a una forma di razzismo inaudita. A chi, rimasto affascinato da quel taglio dal dna funky, non è mai scappato un “posso toccarti i capelli?”. Bene stavate commettendo una profonda forma di razzismo. E soprattutto, stavate mettendo a disagio i legittimi possessori di chiome afro.

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Infatti secondo lo studio del Perception Institute le persone afro alla domanda “posso toccarti i capelli" si sentono profondamente a disagio. Tanto che il PI ha incrociato lo studio con la Harvard University per individuare da dove arriva un così forte malessere al contatto. Lo studio su 4mila persone (senza distinzione di razza) prevedeva che agli interessati fossero mostrate foto di donne con capelli afro e che, di fronte alle immagini, accostassero degli aggettivi. I commenti più frequenti erano necessariamente legati all’appartenenza afro. Non al capello in sé (per dire: gonfio, liscio, etc). Le donne bianche hanno dimostrato la lingua più affilata nei commenti «le donne con i capelli afro sono poco sexy, troppo poco ordinate, meno belle, poco professionali». Ps: l’episodio della commessa di Zara che è stata invitata a sciogliersi le treccine afro perché non adatte al contatto con il pubblico (?!) non è rimasto un caso isolato. Lo studio sui preconcetti conferma che i capelli delle donne di colore sono considerati poco in linea con l’ambito professionale. Broadly non a caso richiama la figura storica di Madam C.J. Walker, la prima donna di colore imprenditrice che, a fine 1800, creò i primi prodotti per lisciare i capelli afro (e divenne milionaria) ma che dall’invenzione geniale fece precipitare i suoi fratelli nel preconcetto che sussiste ancora oggi: i capelli crespi non sono da tenere tali perché dobbiamo uniformarci bianchi o neri. Secondo le ricerche di Broadly le donne di colore guadagnano l’11% in meno delle donne bianche ANCHE per questa scelta di hairstyling. Qualcuno dovrebbe dirlo a Michelle Obama che, capello piastrato, non ha mai lasciato i ricci neppure alle figlie Malia e Natasha. Riguardate le foto del live di Nina Simone a Central Park nel 1964: ecco perché non toccare mai i capelli afro, perché quella è una corona. E le corone non si toccano.

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