"Mi piacciono Marvin Gaye, Tina Turner, i Queen e George Michael, ma anche Mina, Venditti, Battisti ed Elisa". Per raccontare una delle protagoniste del calcio femminile basterebbe creare una playlist con i suoi artisti preferiti. Dentro c'è anima, calcio, passione, necessità di cambiare le cose. Nata 30 anni fa a Trieste da padre congolese e madre triestina Sara Gama sta diffondendo una nuova cultura sportiva che supporti e tuteli i giovani talenti, promuovendo il rispetto, il fair play e le pari opportunità. E non ha intenzione di cambiare direzione. Capitano della Juventus e della Nazionale italiana di calcio femminile, annunciata protagonista ai Mondiali di Calcio che si terranno in Francia dal 7 giugno al 7 luglio, Sara è anche atleta e icona del movimento calcistico femminile. "Eravamo un mondo sconosciuto, ora la gente sta entrando in contatto con noi e così cadono pregiudizi e cliché", ci racconta Sara all'inizio dell'intervista con gli occhi pieni di coraggio e audacia, un corpo reso super tonico da allenamenti e partite e una morbida e voluminosissima nuvola di capelli castani. I suoi valori, ma sicuramente anche la sua vaporosa chioma riccia, sono stati notati da Head&Shoulders che l'ha voluta come portavoce della linea di shampoo e balsamo Derma Pure. "I miei capelli sono il mio tratto distintivo. Come me ne prendo cura? Con semplici passaggi di shampoo e balsamo. Li mantengo idratati e per il resto sono loro ad autogestirsi".

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Donne e calcio: qual è il cliché più falso?
Di luoghi comuni ce ne sono tanti. In altri Paesi il calcio femminile è visto esattamente come quello maschile. Ora sta succedendo lo stesso anche qui. Tutto passa però dalla conoscenza. La crescita del movimento e il Mondiale che disputeremo sono un gran passo avanti per arrivare al grande pubblico e cambiare l’immaginario collettivo.

Come ti sei avvicinata al mondo del calcio?
Da piccolissima. Non mi ha spinto nessuno della mia famiglia, loro preferivano i motori. Giocavo in giardino con gli amici e uno di loro vedendo che me la cavavo mi ha chiesto di entrare nella loro squadra. Avevo sette anni e da lì non ho più smesso di giocare. Poi a 12 sono passata a giocare con una selezione interamente femminile.

Come e quanto ti alleni?
Tutti i giorni, anche con doppie sedute di allenamento. Il lavoro inizia in tarda mattinata con un brunch. Poi inizia l’allenamento con una prima fase in palestra e poi in campo per la seduta di allenamento vera e propria. Poi torniamo in palestra per gli esercizi di stretching che concludono l’allenamento.

Il posto più bello dove ti sei allenata?
Sicuramente alla Juventus. Il centro sportivo di Vinovo (comune di 15mila abitanti in provincia di Torino, ndr) è la nostra casa e abbiamo tutto quello che ci serve per prepararci al meglio.

Il tuo modello dentro il campo.
Non ho mai avuto un modello unico a cui ispirarmi. Ho sempre cercato di guardare soprattutto quelli che giocano nel mio ruolo per continuare ad apprendere e migliorare. Spero che questo cambiamento in atto nel calcio femminile possa generare modelli per le giovani leve in modo che possano ispirarsi a qualche giocatrice di questa fantastica generazione che sta rivoluzionando il movimento!

La persona più speciale con la quale ti sei allenata?
Ne ho incontrate tante nel mio cammino, dirne una ne escluderebbe troppe. Il bello di quando sei in campo sta proprio nell’incontrare persone che si trasformano e quello che conta è la competitività e lo stimolo reciproco a migliorarsi con le proprie compagne e anche con gli avversari.

A cosa giocavi da bambina?
A calcio. Nei miei ricordi c'è sempre il pallone. A scuola ho anche fatto corse campestri e mezzofondo, con gli amici fuori giocavamo anche a tennis, basket, pallavolo. Ma con il pallone mi sono sempre divertita di più: è sempre stato il solo e unico sport ufficiale per me.

Cosa ti piace fare quando non sei in campo?
Sono una ragazza molto semplice che ama fare le stesse cose che fanno le sue coetanee. Uscire con gli amici, mettermi sul divano a guardare la tv, leggere un bel libro. Ovviamente, una vita da atleta comporta anche sempre stare attenti al proprio benessere, all'alimentazione e a molti altri fattori.

Cos'hai pensato quando Mattel ha creato una Barbie a tua immagine e somiglianza?
È stata una cosa alquanto singolare. Quando ero piccola c'era la bambola Barbie che rappresentava le diverse tipologie di donne. Quello che conta è il messaggio che si vuole dare. Oggi con la "mia" Barbie e quella delle altre personalità scelte per la campagna, si vuole dire a ogni bimba: "tu puoi fare quello che vuoi nella vita. Puoi inseguire i tuoi sogni qualsiasi cosa tu voglia diventare".