Methi, Kapoor Kachli, Shikakaï, Maka, Jeerige… Un mantra, una ninna nanna, un bouquet di spezie che ho studiato per tutta la notte, ho applicato per tutta la notte sui capelli, ho adottato dal primo dei miei viaggi in India, quando fra un mercato e l’altro, un abbraccio e una stretta di mano, uno sguardo ricambiato, ho scoperto il rituale di bellezza più poetico che conosco, quello in grado di unire l’onirico allo spirituale, la cura dei capelli. Per me, a molti chilometri di distanza da Mumbai, prendermi del tempo per me stessa assomiglia di più a una tecnica di concentrazione che a lezione di yoga chiamano grounding. Attraverso vecchi trattamenti di bellezza indiani, rituali, chiamiamoli così, che si fanno fra le mura domestiche, in un patio, in un cortile o anche sulle scale davanti casa - quasi mai in solitario ma con qualcuno che si prende cura di te o viceversa - che trovano origine nella tradizione popolare e nei racconti un po’ veri e un po’ romanzati.

Sono un’appassionata di antropologia e di sociologia e mi affascinano quelle pratiche di paesi lontani, di condivisione puramente fisica, con scopi semplici, spesso estetici, che rispondono ad esigenze quotidiane di igiene personale ma che veicolano un forte senso di appartenenza e concretizzano momenti importanti nella vita sociale popolare. L’empio più classico è l’Hammam, che riveste nella società un ruolo estremamente importante come luogo di incontro in cui si esternano e si decidono i giochi di potere fra donne della stessa comunità, al riparo dal patriarcato che le aspetta a casa.

La cura dei capelli in India è molto importante, le bellissime e lunghe chiome lucenti sono il tratto rappresentativo per eccellenza della bellezza indiana “canonica”, e come ogni pratica popolare di cura della persona ha la sua origine nell’uso di prodotti comuni di poco costo: le spezie del mercato, ricche di varie proprietà fra cui quelle disinfettanti, anti parassitarie e ricostituenti. È così che in molte case in tutto il paese ma soprattutto nel sud dell’India, generazioni e generazioni di donne si sono sedute sulle stuoie delle stanze da letto, dopo cena al momento di mettere a letto i più piccoli, e con pazienza e dedizione hanno applicano sui loro capelli un impasto di spezie preventivamente lasciate riposare in acqua e fiori per quasi un’ora. Come fieno greco (Methi), polvere di Kapoor (simile allo zenzero ma più profumato), acacia concinna (Shikakaï), falsa margherita (Maka) e coriandolo (Jeerige). Esistono decine di ricette di questo famoso impacco, si può aggiungere la cannella per riflessi più chiari, Spiker Ginger Lily per aiutare i capelli fini, acacia comune per un boost di morbidezza e problemi forfora, Brahmi (bacopa monnieri) per un colore intenso o noce del sapone (Aritha) contro i capelli grassi. Le spezie vanno distribuite con un pettine di legno a denti larghi e poi massaggiate sulla cute con un movimento che attinge dall’Ayurveda e tende a stimolare i vasi sanguigni del cuoio capelluto per riordinare le energie in tutto il corpo. È un momento di profonda calma, dove si raccolgono gli attimi vissuti durante la giornata e ci si prepara alla notte. Mentre si massaggiano i capelli di chi siede davanti, si raccontano fiabe e storie per intrattenere e intrattenersi durante il tempo necessario per far penetrare le spezie nei pori dei capelli.

Le fiabe più tradizionali sono quelle prese dal Pañcatantra. Il grande libro in sanscrito che raccoglie settanta favole in prosa e in versi che insegnano all’uomo una dura morale, imperniata sul rispetto della vita e degli animali. Si racconta di divinità antropomorfe, storie di vita rurale, alberi antichi come il mondo e ricerca della felicità.

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Strofa su strofa l’impacco si secca e i capelli vengono raccolti in un torciglione ben stretto, avvolto su se stesso e fermato sulla testa. A quel punto la voce calda della narrazione e i profumi avvolgenti delle spezie sbiadiscono lasciando spazio al sonno… Questo aneddoto mi è stato raccontato da un imprenditore indiano, che lavora nel mondo del luxury. Nonostante la sua giovane età il racconto di sua nonna seduta dietro di lui che gli pettina i capelli con un mix di spezie mentre racconta le fiabe della tradizione indiana sembra non essere definito nel tempo. L’immagine era così suggestiva che giorni dopo mi sono ritrovata a fare ricerca su questo segreto di bellezza e sulle sue radici nel folclore e nel mito dell’India. Ho scoperto che si tratta di una pratica usata da secoli in tutto il paese. Alcuni gruppi etnici come i Tamil seguono un calendario preciso per la cura dei capelli con le spezie, spesso regolato dalle possibilità di accesso all’acqua corrente. Altre etnie, come i Santals, si tagliano i capelli solo due volte nell’arco della vita, in concomitanza con feste religiose e usano le spezie come ricostituente almeno una volta alla settimana. In un contesto più comune, ovvero nella parte della società indiana secolarizzata, indicativamente l’applicazione va da una fino alle tre volte alla settimana.

In commercio esistono molti prodotti per i capelli che utilizzano le proprietà delle spezie e si rifanno ai principi dell’Ayurveda, forse meno affascinanti ma più pratici. Alcuni fra i migliori beauty brand sono Fable & Mane, Kama Ayurveda, Vedica Cosmetics e Khadi.

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L’importanza dei capelli è un tratto permeate tutta la cultura Indiana, va oltre l’espressione estetica ha un fortissimo valore religioso, ecco perché l’idea del nutrire e accarezzare i capelli altrui ha una grande immagine evocativa, è un gesto comune con rimando spirituale. Un ruolo importante nella connessione fra la cura dei capelli e la tradizione indiana è giocato dalla religione, infatti, per molte divinità induiste i capelli sono sacri e rappresentano la forza. È il caso della divinità Shakti che alimenta la sua energia sacra con il movimento generato dell’ondeggiare dei suoi lunghi capelli neri, o come Lakshmi, Saraswati e Durga che manifestano il loro potere con una chioma folta, selvaggia e forte. Krishna ha i capelli ricci, simbolo della sua personalità controllata, civile, ma non sottomessa. Invece Shiva ha dreadlocks arruffati, mai addomesticati e/o tagliati, segno della sua natura selvaggia, indomita e indipendente, e seguendo il suo esempio anche i Sadhu e gli Yogi lasciano i capelli crescere indomiti come simbolo di purezza. Vale la pena provare ad immergersi in questo spaccato di mondo, iniziando dalla cura dei sé e approfondendo fra le pagine di un libro...

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... o frame dopo frame di un film preziosissimo.

BHUMIKA: THE ROLE di Shyam Benegal, India 1977, Mubi.com

DHANAK: DI Nagesh Kukunoor Naidu, India 2016, Netflix.com

APPUNTI PER UN FILM SULL’INDIA, di Pier Paolo Pasolini, Italia 1968, Raiplay.it