Quando Brigitte Bardot incontrò Pablo Picasso aveva 21 anni. Aveva già mostrato l’ombelico in La linea francese, aveva già imparato a sillabare le prime parole in inglese sibilando di fronte alle cineprese hollywoodiane, aveva già rubato a Marilyn Monroe il titolo di immagine sacra in bikini rubando i cuori agli uomini di mezzo Continente (Vecchio e Nuovo che sia).

Quando Pablo Picasso incontrò Brigitte Bardot aveva 74 anni. Il suo basco polveroso era già stato accarezzato da una sequela di amanti da romanzo rosa-giallo, il periodo blu era già stato sostituito da quello rosa e poi ancora dal cubismo, a Guernica erano già stati dedicati capitoli sui libri di storia dell’arte.

Quando Brigitte Bardot e Pablo Picasso s’incontrarono a Cannes nel maggio del 1956 non ci fu tempo per contare gli anni che li dividevano, le epoche che li separavano, le dita del popolo che li giudicavano. In quell’unico, improbabile, mitologico incontro ci fu tempo solo per l’impossibile. La donna che aveva ispirato persino la genesi di torte alla doppia panna non riuscì a colpire l’anima, gli occhi e la tavolozza dell’uomo che amava lo studio del sesso femminile tanto quanto lo studio delle forme geometriche.

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Era sgattaiolata in sordina dai tappeti rossi del nono Festival di Cannes, perché le era stato detto che il maestro di Málaga era in casa, a La Californie, la villa bianco latte affacciata sulla baia francese. Aveva indossato le scarpe più basse che aveva, perché il pioniere dell’arte contemporanea non amava le donne più alte di lui (li distaccavano 10 centimetri, in eccesso per l’attrice). Aveva raccolto i capelli in una coda di cavallo, come Les demoiselles d’Avignon e La bevitrice d’assenzio, perché il pittore potesse accostare il suo viso a quello delle sue muse. Eppure, chiudendo il cancello del palazzo alle sue spalle, Brigitte Bardot tornò in hotel a Cannes a mani vuote. Quello che per molti era stato un tentativo della ragazza del peccato di ottenere un ritratto firmato Picasso, si trasformò in un rendez-vous fallimentare. O, meglio, fallimentare per i tentativi autocelebrativi della Bardot, meno per Jerome Brierre, il fotografo capitato lì quel pomeriggio, che si assicurò uno dei reportage più rari e pop-olari dei Fifties.

Le lasciò il privilegio di accoccolarsi con i polpacci serrati su una delle sue poltrone in pelle color tabacco, le diede il permesso di contaminare con mano alcune delle sue sculture in argilla e ceramica provenienti dalle Alpi Marittime, le concesse il tempo per studiare le proporzioni del suo viso e della sua acconciatura platino… copiata all’artista parigina Lydia Corbett, fra le modelle-feticcio del cubista spagnolo. Pablo Picasso non si concesse artisticamente mai a Brigitte Bardot, l’unica bionda cui non potè recitare una delle sue celebri massime: “Ho una croce e una delizia: l'ossessione di dipingere donne bionde. Le uniche creature che non si abbinano alle nature morte. Per fortuna”.

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